Harry potter e l'anima spezzata

6° anno, H, R, Hr, G, D, Voldy, nuovi personaggi

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  1. ioida
     
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    pochi capitoli e si saprà...
     
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  2. Luisina
     
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    allora non vedo l'ora che posti
     
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  3. ioida
     
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    12°. Primo, secondo e terzo.

    Era riuscita a convincere quella testa dura di Ginny.
    Ad un certo punto, Hermione, aveva dovuto bloccare la porta dell’aula, dove la avevano trascinata con l’inganno, per non farla scappare via.
    Alla fine si era seduta rassegnata su un banco, col broncio che le arrivava a terra, e l’aveva ascoltata.
    Quando le aveva detto che sì, era vero che aveva dormito con Harry nel suo letto, si era alzata come una belva urlandole una miriade di insulti, la metà dei quali non li aveva mai sentiti, e certi veramente buffi come “donna scarlatta”.
    Poi, quando si calmò ed ascoltò, parve essersi convinta, scappò via dall’aula dicendo che doveva cercare Harry.
    E meno male che ne era innamorata!
    Ora era il turno di Ron, altra testa di coccio!
    Era seduto al tavolo di grifondoro, che terminava il suo pasto con un delizioso dolce alla panna e fragole, quando Gloria ed Hermione gli si avvicinarono e gli sedettero ai lati come a braccarlo.
    Lui guardò infastidito l’una e minaccioso l’altra.
    Gloria rispose all’occhiataccia sorridendogli divertita.
    Altro che divertita, si trovò a pensare in quel momento!
    Aveva lasciato Harry per meno di dieci minuti ed aveva combinato il finimondo!
    Non lo credeva possibile, ogni volta che sentiva dire “Potter era una calamita per i guai”, credeva che fosse solo per dire.
    Ma si era ricreduta!
    In niente aveva spiattellato a quei tre che aveva passato la notte nel suo dormitorio; lo aveva detto a Ginny, e così si era messo contro pure Ron. E in mezzora si era fatto umiliare, abbandonare e pestare!
    Eppure le sarebbe piaciuto vedere Ron sbatterlo al muro!
    Hermione le aveva detto tutto.
    Su quel ragazzo c’era un gran bel lavoro da fare, e non solo per pozioni.
    «Che volete?» chiese burbero Ron, zappando nel piatto.
    «Credo che tu debba ascoltare quello che ha da dirti.» gli disse Hermione seria.
    «Non ho intenzione di ascoltare nessuno!» le rispose scontroso, e poi rivolgendosi a Gloria: «Vattene, questo non è il tuo tavolo!»
    «Neanche il tuo. C’è scritto il tuo nome sopra? A me non pare!»
    Ron la fulminò con gli occhi.
    Indicò lo stemma che aveva sulla maglia e disse:
    «Grifondoro! È questo mi sembra già abbastanza chiaro! Vattene, non sei benvenuta qui, come il tuo Harry. Tornatene da dove sei venuta e portatelo con te!»
    «Se proprio dovevo portare qualcuno con me, avrei scelto te! Fra i due sei il più interessante!» gli rispose lei per punzecchiarlo un po’.
    Ron divenne rosso, ma dalla rabbia. La ignorò e continuò a zappare nel piatto riducendo in pappa il dolce.
    «Ron, ascolta! Non è successo niente tra me e lui…»
    «Non voglio ascoltare le tue fandonie!» spinse via il piatto e si alzò.
    Hermione lo afferrò fulminea per le spalle e lo fece risedere di peso.
    «Eh no signorino!» disse lei col tono di una maestria. «Adesso ti siedi qua e non ti muovi finché non avrai ascoltato tutto quello che c’è da ascoltare!»
    Ron sbuffò contrariato cercando di svincolarsi.
    «Ron!» lo rimproverò nuovamente assumendo un’espressione che ricordava molto quella della professoressa Mcgranitt, il che dava ben poco di rassicurante.
    Ron incrociò le braccia al petto poco disponibile ad dialogo.
    «È innamorato di tua sorella, non ha fatto altro che ripetermi questo!» iniziò Gloria.
    «Se la ama, come dici, non starebbe con te!»
    «E infatti non c’è un bel niente tra me e lui! Figurati, non sono così disperata!» disse quasi infastidita.
    «Ma chi vuoi che ti creda? Ti ha fatta entrare nel nostro dormitorio e ci sei andata a letto!»
    «Parli come se non conoscessi Harry!» doveva passare alla fase due: “non sei un amico!”.
    «Si, infatti mi rendo conto solo ora di che persona sia!»
    Gloria non si abbatté. Era più tosto di Ginny, lei aveva abboccato subito.
    «Allora complimenti! Non sai neanche chi ti sta intorno! Attento, domani potresti accorgerti che Hermione è una mangiamorte da anni o che tua sorella è un uomo!» disse con enfasi indicando Hermione.
    Ron sbuffò esasperato cercando con gli occhi un modo per evadere.
    «Posso affermare, dopo tre mesi, di conoscere Harry meglio del suo storico migliore amico?»
    Lui non rispose, deciso ad ignorarla.
    Lei preferì soprassedere.
    «Se non ti fidi di lui, non meriti la sua amicizia.» Gli disse asciutta, senza mezzi termini. «Ti ho detto quello che c’era da dirti, e quello che Hermione ha continuato a ripeterti per giorni, e che tu, presuntuoso, non hai voluto mai ascoltare! Harry non voleva fare assolutamente soffrire Ginny e con me, non c’è, non c‘è stato e non ci sarà assolutamente niente!»
    Si alzò
    «Non vali molto come amico! Meglio perderti che trovarti…» terminò con disistima.
    Si voltò camminando verso l’uscita, sicura che l’ultima batosta avrebbe scosso l’orgoglio del rosso.





    Faceva schioccare magicamente la bacchetta minacciosa, come una frusta.
    Si muoveva in modo concentrico davanti a lui, nella grande aula.
    Aveva spostato tutti i banchi ai lati, per guadagnare lo spazio centrale.
    «Come ti dissi, lavoreremo su di te d’ora in poi, visto che hai già una buona base di difesa.»
    Harry non la ascoltava. Guardava incantato le scintille che fioccavano come lampi dalla bacchetta di lei. Era troppo incuriosito. A che serviva? Forse a riscaldarsi.
    Lei lo guardava seria, anche più delle altre volte.
    Hermione le aveva raccontato tutto, ed era riuscita a mettere le cose a posto, ma era diventata molto più severa.
    Quel sabato mattina si era dovuto svegliare alle sette meno un quarto, orario indecente secondo Ron.
    Fatto stava che, in quel momento, l’orologio appeso alla parete dell’aula segnava le sette e mezza, e a lui non gli passava neanche per la testa. Non aveva neanche sonno in tutta sincerità.
    L’unica cosa che gli passava per la testa era il gioco di frusta che faceva Gloria con la propria bacchetta.
    «Quindi dovrai recuperare un po’ di sanità mentale, visto che questo va a tuo svantaggio. Crolli come niente dopo un po’ di insulti, e questo non va bene!»
    Lei continuava a fare avanti e dietro, quadrandolo di sottecchi.
    Non la stava ascoltando e si capiva chiaramente dallo sguardo vuoto che le rivolgeva.
    «Ci vuole concentrazione. Non devi abbassare mai la guardia, mai! Neanche di fronte a chi ti fidi, sono quelli che ti conoscono meglio e sanno i tuoi punti deboli meglio dei propri.»
    Niente. Peggio per lui!
    Fece schioccare ancora di più la bacchetta con un gesto fulmineo del braccio, poi lanciò un incantesimo che passò dritto filato a meno di due centimetri dall’orecchio destro del ragazzo che le stava di fronte, che sobbalzo.
    «Ehi!» disse strofinandosi l’orecchio infastidito. Poi le puntò un dito contro, anzi, contro la sua bacchetta e disse:
    «Che cosa fai? Che sono quelle luci?»
    Gloria lo guardò interdetta. A che cosa si riferiva?
    «Che cosa?»
    «La bacchetta, le scintille…»
    «Questo?» disse sconcertata lei rifacendo lo stesso giochino con un minuto movimento della mano.
    Harry scosse la testa curioso.
    «Non è niente! È… è solo scena!» disse lei seccata «è un modo per intimidire l’avversario, per alterarlo un po’!»
    «Oh!» fece lui un po’ deluso «Me lo insegni lo stesso?»
    «Non hai bisogno di minacciare nessuno ne di invitarlo a farsi avanti!»
    Harry abbassò lo guardo dispiaciuto. Gli piaceva un sacco!
    «Non hai ascoltato una parola?»
    «Si…. Mi hai detto che sono insano di mente, che me la so cavare in difesa, che devo stare sempre in guardia…. Cose di questo tipo!» disse lui stringendosi nelle spalle e infilando le mani nelle tasche, poco interessato.
    Lei sbuffo alzando gli occhi al cielo.
    «Dobbiamo individuare i tuoi punti deboli e rafforzarli! Per favore, collabora!»
    Harry accennò un si poco convincente col capo e sbuffò guardando fuori dalla finestra.
    Avrebbe preferito passare diversamente quel sabato!
    Gloria si impose di restare calma, perdere le staffe non serviva a niente.
    «Harry, adesso basta! Torna su questa terra e iniziamo, altrimenti ti tengo qui fino alle quattro del mattino, e non ti faccio fare pause!»
    Harry si destò. Era meglio non testare, era capacissima di fare quello che gli aveva detto.
    E pensare che era lui, l’anno prima, ad insegnare agli altri!
    «Va bene!» afferrò la bacchetta tenendola salda tra le mani, pronto a difendersi o ad attaccare.
    Lei lo guardava severa come non mai.
    «Prima cosa! Devi assolutamente imparare a controllare le tue reazioni! Ricordati che, l’istinto, senza la ragione è cieco.»
    Harry annuì, senza però capire cosa dovesse fare di preciso.
    «Quindi?»
    «Quindi, prima di fare qualche cosa, pensaci su almeno due secondi!» disse acida.
    «Ciò che devi controllare non è la situazione ma te stesso e le tue reazioni. Quelle mi sembrano più pericolose di tutto il resto!»
    «E come devo fare?»
    «Intanto devi conoscere i tuoi punti deboli e trovare un modo per nasconderli e immunizzarli.»
    «Oh, semplice!» disse lui sarcastico.
    Lei lo guardò truce.
    «Basta toccare le persone a cui tieni, per farti crollare come un castello di carte!»
    Harry digrignò i denti.
    Come flash, gli tornavano in mente le immagini confuse di quando doveva raggiungere Sirius al ministero, l’inganno, la lotta e infine la morte del suo padrino.
    «E che dovrei fare?»
    Lei rimase un attimo in silenzio.
    «Farli punto cardine della tua lotta, sarebbe pericoloso! Silente ti ha consigliato di lottare per le persone che ti sono state portate via, e ha fatto bene.
    L’unica cosa che devi fare è mostrarti indipendente.
    Non puoi difendere tutti coloro a cui tieni, che questi vengano insultati, torturati o uccisi. Non sei onnipotente e non puoi accollarti altre persone al di fuori di te!»
    «Non sono così! Ci tengo ai miei amici e non li abbandonerei mai!»
    «Questo lo so! C’è differenza tra sentire ed ascoltare, e tu mi stai solo sentendo. Ti ho detto che devi mostrarti così, non che devi esserlo!»
    Harry ingoiò il rospo.
    «Devi agire con moderazione, sempre!
    Punto secondo: finché avrai la bacchetta stretta nelle mani avrai sempre una speranza si cavartela! Inoltre è importante utilizzare incantesimi e trasfigurazioni.
    Punto terzo…» lei allargò il braccio girando leggermente su se stessa, indicando l’aula.
    «Il terreno di gioco è a tua piena disposizione. Potrai usarlo come riparo, modificarlo a tuo favore, muovere le cose per attaccare…. Tutto ciò che ti pare, basta usare un po’ la fantasia! Ricordati che in un duello ci siete tu, la tua bacchetta e il campo dalla tua, l’avversario dall’altra!»
    Lei mosse leggermente la bacchetta e, una sedia abbandonata in un angolo dietro al ragazzo, si mosse verso di lui facendogli cedere le ginocchia.
    Harry, senza accorgersene si ritrovò seduto, col batticuore, credendo per un attimo di finire a terra.
    Un altro gesto impercettibile di lei e si ritrovò senza bacchetta, legato da corde invisibili alla sedia.
    Gloria gli si avvicinò.
    Si appoggiò ai braccioli della sedia guadandolo minacciosa, facendolo sentire stretto in una morsa. Diminuì impercettibilmente la distanza tra i loro visi.
    «Non abbassare mai la guardia, mai!»




    ecco il 12° cap. spero di non deludere..
    scusa per il ritardo luisina :D
     
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  4. Luisina
     
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    non ti devi scusare anzi meglio tardi che mai comunqe bello il capitolo
    e menomale che Gloria ha fatto una bella lavata di testa a Ron ci voleva proprio
     
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  5. ioida
     
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    di nuovo in ritardo e dispiace, ma avevo i test per l'uni.
    oggi devo partire e torno il 22...
    non ho avuto il tempo di rileggere e correggere quindi perdonatemi gli errori.


    13°. Ti amo Ginny!

    Era passato oramai settembre, e ottobre era arrivato portando con le sue raffiche di vento e il primo freddo che preannunciava la neve dei prossimi mesi.
    Erano le dieci di sera, correva per il corridoio buoi con l’affanno.
    Finalmente il ritratto!
    Entrò nella sala comune e la poté abbracciare.
    Ginny! La sua Ginny, lo aspettava sempre fino a tardi.
    In verità Gloria lo lasciava sempre andare verso le undici, non più a mezzanotte passata come prima, ma questa volta siccome la pozione rigeneratrice gli era venuta perfetta ed era stato attento ad ogni minima indicazione del libro, lo aveva lasciato “scappare dalla sua bella!”, come aveva detto lei, un’ora prima.
    Ginny lo baciò con fervore nonostante nella sala ci fosse il fratello.
    «Già qui?»
    «Ho fatto bene la pozione. Era perfetta!» dispose lui.
    «Bravissimo!» disse rispendendo a baciarlo.
    Doveva ammettere che pozioni iniziava ad entusiasmarlo!
    Comunque, non solo per questo, si corresse mentre si sedeva di fronte al fuoco acceso nel camino, salutando l’amico che gli rispose con un sorriso un po’ tirato.
    In quel mese era diventato più pratico, gli sembrava quasi un gioco fare una pozione. Un pizzico di qua, una girata in senso orario, tre antiorario, metti a bollire…. Gli sembrava di cucinare!
    Poi Gloria lo guidava pronunciando i vari passaggi come filastrocche. Se ne inventava di modi per riuscire a fare sempre la rima.
    Ginny gli si accovacciò accanto, stringendosi al suo petto, baciandogli il collo irriverente.
    «Dai Ginny!» disse scostandola imbarazzato dalla presenza di Ron, e alla quale lei non faceva minimante caso.
    Glielo aveva detto mille volte che non voleva fare certe cose davanti a tutti, specialmente a lui. Ma lei lo ignorava come sempre.
    “Sei così pudico!” una volta gli aveva detto.
    Effettivamente sì, lo era, e meno male!
    Lei era tutto il contrario, un fuoco sempre acceso. Provocante e audace, fuori da ogni controllo.
    Lo scombussolava.
    Perlomeno sapeva dove fermarsi!
    Una volta erano andati in una classe vuota durante l’intervallo.
    Senza accorgersene di era trovato senza il maglione e con la camicia sbottonata, con le mani strette sul suo seno che si muovevano di certo non sotto il comando della ragione.
    Poi lei lo aveva afferrato per la cintura attirandolo a se con audacia. Harry a quel punto si era destato come se si fosse accesa in lui la spia “allarme rosso! Stop!”
    “Ducis in fundo!” gli aveva detto sorridendogli provocatoria.
    Lo aveva mollato, si era rimessa il maglione, riassettandosi un po’, e se ne era uscita dall’aula agganciando, un’ultima volta, con un suo sguardo di malizia.
    Detta così poteva sembrare una maniaca del sesso, ma non lo era.
    Gli ripeteva sempre che “certe cose molto più intime”, le avrebbe fatte solo col suo futuro marito.
    E lui ogni volta le chiedeva: “E chi sarà il fortunato?”.
    “Non lo so!” Lei lo guardava e gli sorrideva sempre birichina come una bambina.
    Ron si mosse a disagio sulla poltrona, poi decise che effettivamente era il momento di togliere il disturbo.
    «Notte!» disse dando ad Harry una leggera pacca sulla spalle. Lo guardò col solito sguardo da “stai attento a quello che fai!”, e scomparve su per le scale del dormitorio maschile.
    Ginny lo abbracciò più stretto, e lui finalmente fece lo stesso.
    «Dopo domani è sabato, che cosa vogliamo fare?» gli sussurrò sfiorando con le labbra il suo l’orecchio.
    «Tu non lo so, ma io ho da fare, lo sai!» gli rispose nella speranza che non insistesse come l’ultima volta.
    «Ma Harry, passi più tempo con lei che con me!» mise il broncio e si staccò di malavoglia da lui.
    «Quando ci sarà la prima uscita ad Hogsmead, ti prometto che staremo tutto il giorno assieme, va bene?»
    Ginny ponderò per un attimo l’offerta.
    «Ma è a novembre, ci vuole un mese ancora!»
    «Lo so Ginny, ma devo studiare, ho l’esame a gennaio…» cercò di farle capire Harry.
    Lei sbuffò.
    «E va bene! Però soli, io e te. Niente fratelli e amici, ok?»
    Harry sorrise e la baciò.
    «Ok!»
    Ginny si stacco tutto di un colpo.
    «Oh! Harry, ma che ne sai!» disse con enfasi.
    «Cosa?»
    «Hai visto la bacheca?»
    Harry si sporse per guardare la teca vicino all’entrata della sala comune.
    Al centro c’era attaccato un grande foglio arancione, con una scritta blu elettrico.
    «Che cosa è?»
    «La professoressa Devis ha aperto il club di teatro, e Ron si è iscritto!» disse ridendo.
    Harry scoppiò a ridere.
    «Solo per la professoressa!»
    Già se lo immaginava su un palco che diventava rosso per l’imbarazzo.
    «Hermione lo ha preso in giro, e lui si è offeso perché gli ha detto che si ritirerà, non appena dovrà recitare qualcosa!»
    «Povero Ron!» disse lui tra le risate.
    Le guancie di Ginny si colorirono di rosso per le risate, gli occhi scuri emanavano una luce che riscaldava il cuore.
    Harry di impulso la abbraccio e la baciò, felice come non mai.
    «Ti amo Ginny!»





    14°. Occhio di rospo.

    Un raggio rosso gli passò pochi centimetri sopra la testa.
    Lo aveva evitato per un soffio.
    Mosse la bacchetta.
    Una serie di fulmini percorsero il perimetro dell’aula inseguendo la ragazza, che in fine si rifugiò dietro la cattedra rovesciata.
    «Non nasconderti! Tanto non hai scampo!» urlò.
    Improvvisamente la cattedra si mosse velocissima raggiungendolo dall’altra parte dell’aula.
    Si scansò appena in tempo, sentendo lo schianto del legno pesante contro la parete di pietra.
    Gloria lanciò un incantesimo che lo colpì alla gamba destra.
    Tutta la parte iniziò ad intorpidirsi, mentre il sangue cessava velocemente di circolare.
    Un altro incantesimo.
    Si fece scudo.
    Doveva trovare un posto dove ripararsi e sbloccare il flusso alla gamba o, di lì a poco, sarebbe entrata in cancrena.
    «Accio!»
    Le sedie e i banchi, si ammassarono davanti a lui formando un muro.
    Altri incantesimi partirono dalla bacchetta di Gloria, e si andarono a schiantare contro l’imponente barriera che si era costruito Harry che, a mano a mano, si sgretolava sotto i colpi.
    Il rumore era assordante. Non riusciva a concentrarsi, non ricordava il controincantesimo!
    La gamba non formicolava più, non la sentiva.
    Eppure, solo qualche giorno prima, lo aveva letto sul libro e Gloria glielo aveva ripetuto più volte.
    «Gloria!» gridò quasi disperato.
    «Harry, tutto a posto?» la sua voce gli arrivò da dietro l’impalcatura sempre più traballante di banchi e sedie.
    «No, non mi ricordo il controincantesimo. Non mi sento più la gamba!» urlò.
    «Resanguinis!»
    Harry si sentì sollevare. Sciolse l’incantesimo, avvertendo che la sensibilità alla gamba stava tornado. Avvertì un rumore sinistro sopra di sé.
    Alzò gli occhi verso la barriera che si era creato.
    Ondeggiava pericolosamente.
    Gloria gliela stava facendo crollare addosso.
    Era pietrificato.
    La prima sedia cadde a pochi centimetri da lui.
    Poi venne travolto.
    «Harry!»
    Gloria aggirava le macerie, scrutandole alla ricerca del ragazzo.
    Lui sentiva la sua voce lontana.
    Rannicchiato per terra ,sotto una cupola invisibile che lo proteggeva dai pesanti banchi sopra di lui, aspettava che lei si avvicinasse per attaccare.
    «Sei ancora vivo?» disse lei indifferente.
    Avvertì che stava scostando una sedia. Riuscì finalmente ad intravederla.
    Era arrivato il momento.
    Uno. Due. Tre!
    Annullò la barriera e fece esplodere l’area sopra di lui.
    I banchi e le sedie vennero sbalzati per tutta la stanza.
    Gloria, presa alla sprovvista, non riuscì a scansare una sedia, che la prese violentemente in pieno petto.
    Cadde a terra con un tonfo assordante; si tolse la sedia di dosso per rialzarsi, ma venne frenata al pavimento.
    Harry la raggiunse zoppicante e affannato, sovrastando, tenendole puntata contro la bacchetta.
    La disarmò.
    «Ho vinto io!» canticchio lui.
    Gloria si dimenò, cercando di liberarsi dalla stretta invisibile che la costringeva a terra per i polsi ed il busto.
    «Ti ho fatto male?» chiese più per consuetudine che per altro. Ogni volta non si faceva niente, sembrava di ferro, per questo non si preoccupava di andarci pesante.
    «No Harry, ma lasciami!» disse con un lamento.
    La lasciò. Questa volta era più pallida e ansante del solito. Forse non era poi così indistruttibile!
    Si alzò a sedere passandosi una mano tremante tra i capelli.
    «Sei sicura di non esserti fatta niente?»
    «Si!» disse dissoluta.
    Harry incrociò le braccia. Non la sopportava quando si comportata così. Cercava di nascondere il dolore, che bugiarda!
    «Non ti farebbe male ammettere, ogni tanto, di non essere una super donna indistruttibile e imbattibile!» disse acido.
    Lei alzò lo sguardo impudente su di lui, massaggiando con frenesia il braccio.
    «Ma chi ti ha detto niente!?»
    «Ti sei fatta male e non hai il coraggio di ammetterlo!»
    Gloria sbuffò esasperata e si alzò, recuperando la bacchetta pochi metri più in là.
    «Non rompere!»
    «Ricominciamo?» chiese Harry pronto.
    «Si.» disse inespressiva.
    Ripresero, senza esclusione di colpi, lanciandosi incantesimi di ogni tipo.
    Però Harry avvertiva che qualcosa non andava. Gli sembrava troppo facile riuscire a colpire Gloria, mentre solitamente era una scheggia quasi inafferrabile.
    Dopo la terza volta che la disarmò, iniziò ad annoiarsi.
    Non era concentrata, e questo si vedeva lontano un miglio.
    Quanto la odiava quando si intestardiva, pur di non ammettere di non essersi fatta male!
    «Basta!» disse esasperato da quella situazione, disarmandola ancora una volta. «Mi sto annoiando!»
    Gloria non ci fece caso, recuperò la bacchetta dall’altra parte della stanza e guardò l’orologio appeso alla parete.
    «È l’ora di pranzo, meglio che vai a mangiare. Avrai di meglio da fare ad Halloween!»
    Harry la fulminò con lo sguardo.
    «E tu non vieni?»
    «No.»
    Harry si impose di stare calmo e di non mandarla a quel paese.
    «Perché non mi fai vedere che ti sei fatta, invece di fare finta di niente? Non lo dirò a nessuno!» disse lui avvicinandosi e prendendola per il braccio per controllare i danni.
    «Lasciami stare!» si divincolò bruscamente lei. «Fatti gli affari tuoi!»
    «Sono affari miei, ti ho lanciato addosso una sedia!» si alterò Harry.
    «Ok! Sì, mi sono fatta male! Adesso puoi andartene!»
    «Che sei antipatica!»
    Gloria brontolò qualcosa che gli sapeva tanto di “ficcanaso”.
    «Ti detesto quando fai così!» disse torvo.
    Gloria ruotò gli occhi al cielo allentandosi da lui.
    «Me ne vado a mangiare. Se mi vuoi sono con Ron, Hermione e Ginny!»
    Lei non rispose dandogli le spalle.
    «Ci vediamo dopo….» disse infine con amarezza Harry uscendo dall’aula disastrata.




    «Harry!» Ginny si alzò andandogli incontro per baciarlo.
    «Come mai già qui?» chiese Hermione quando si sedettero a tavola. «Gloria dov’è, non mangia con noi?»
    «No, perché ha la testa più dura del coccio!» rispose lui di malumore.
    «Avete litigato?» dissero speranzosi Ron e Ginny.
    Harry rivolse loro un’occhiataccia. Ma era possibile che pensassero solo a quello?
    «Non ho litigato con nessuno….»
    I due fratelli sembrarono afflosciarsi sulla sedia.
    «Questo pomeriggio devi studiare?» chiese Ginny dopo un po’.
    «Si.»
    «Ma anche ad Halloween? Dai!» si lamentò lei.
    «In effetti almeno oggi potresti riposarti!» disse Hermione assaggiando un pasticcino alla crema.
    «Non credo…»
    Terminarono di mangiare prendendosela con comodo, facendosi trasportare dai discorsi e dall’aria frizzante della festa.
    Infine Harry si alzò un po’ di malavoglia da tavola e disse:
    «È meglio che vada, già si è fatto tardi. Sarà infuriata, non le piace aspettare.»
    Ginny lo guardò male.
    «E con questo? Non ha mica dei diritti su di te quella!» disse riferendosi a Gloria.
    «Ginny, gli sta facendo un favore, lo sta aiutando!» la riprese Hermione.
    Lei arricciò il naso scettica.
    «Dai Ginny, non essere gelosa!» l’ammonì Harry posandole un lieve bacio sulle labbra.
    «Oh Harry! mi ero quasi dimenticata di dirtelo: questa sera c’è la festa in sala comune, vedi se riesci a liberarti un po’ prima, così casomai ti acconciamo un po’!» disse Hermione prima che se ne andasse.
    «Va bene, vediamo quello che riesco a fare. Ci vediamo più tardi!» si congedò.


    Percorse di gran corsa la distanza che lo divideva dall’aula, nell’illusione di recuperare un po’ di tempo.
    Entrò affannato, chiudendosi la porta alle spalle.
    La stanza era in ordine come la avevano trovata quella mattina, anche se la aveva lasciata disastrata.
    «Gloria!» la sua voce riecheggiò senza ricevere risposta.
    Possibile che non fosse ancora arrivata?
    Si incamminò lungo il corridoio formato dalle due file di banchi, passando a setaccio con lo sguardo l’ambiente intorno a lui, cercando un segno della presenza della ragazza.
    Era strano, di solito non mancava mai. Forse, era andata in infermeria a farsi controllare il braccio o quello che era.
    Poggiò i libri sull’ultimo banco, in fondo all’aula, non sapendo se aspettare o andare a cercarla.
    Passeggiò incerto tornado sui propri passi, sempre più vicino alla porta, finché… si blocco, una voce lo raggiunse e, senza sapere il perché, il sangue gli si gelò nelle vene.
    «Harry!»
    Silenzio. Non capiva perché adesso si sentiva agitato. Forse perché era convinto di essere solo in quel posto e non aveva visto entrare nessuno. Ma, in fondo, era pur sempre Gloria!
    «Continuiamo con pozioni.»
    Harry si voltò cercando la provenienza della voce.
    «Ma dove sei?» chiese infine infastidito.
    «Qua, dietro l’armadio!»
    «Dietro l’armadio?» ripeté sorpreso dirigendosi verso l’oggetto che si trovava in un angolo. Effettivamente era lì, accovacciata nel piccolo spazio angusto, stretta tra l’armadio e la parete laterale.
    «Ma che diamine ci fai là a terra?!» disse sbigottito guadandola dall’alto.
    Lei alzò le spalle indifferente, tenendo nascosto il viso tra le braccia.
    La guardò un po’ incerto.
    «Tutto bene?» chiese preoccupato ad un certo punto.
    Gloria sollevò la testa, appoggiandosi al muro dietro di lei, pallida e debole come mai l’aveva vista.
    Accennò di sì stancamente, senza guardarlo, mantenendo gli occhi chiusi.
    «Sicura?» Harry iniziava a sentirsi seriamente in colpa, forse aveva esagerato facendole volare addosso una sedia. «Ti accompagno in infermeria?»
    «No, no!» disse flebilmente scuotendo la testa. «Piuttosto, prendi il materiale ed inizia a preparare una pozione ristabilente.»
    «Ma Gloria!» protesto sentendo il senso di colpa farsi più pressante. «Perché sei così testarda?» si accovacciò di fronte a lei. «Dove ti ho fatto male?»
    «Harry, non farmi discutere!» disse finalmente puntandogli addosso gli occhi, infuocati dall’impazienza.
    «Mi dici dove ti fa male?» ripeté ignorandola.
    Lei si sentì ancora di più avvilire, abbandonata da quell’attimo di forza che aveva avuto, cercando una qualche via d’uscita.
    «Ti prego Harry, non mi ossessionare anche tu!» fece con tono supplichevole, che lo disarmo completamente. Si poteva dire che era ad un passo dalle lacrime.
    «Che ti è successo?» chiese incredulo.
    Cosa mai era potuto succedere all’incrollabile Gloria? Non si sarebbe mai aspettato di vederla ridotta in quello stato.
    Gloria sospirò, esausta delle attenzioni e, raccogliendo tutte le sue energie, assunse il suo solito tono autoritario, che di solito funzionava.
    «Mettiamoci subito a lavorare. Prendi il libro ed inizia!»
    Harry non si mosse.
    «Per favore!» chiese cercando di essere gentile per convincerlo.
    Continuò imperterrito a scrutarla. Poi si decise e si alzò.
    Prese il libro e i vari ingredienti che trovò nell’armadio, posizionandosi nel banco più vicino alla ragazza, che non accennò a muoversi.
    Mentre lavorava, sempre più pratico, e seguiva le varie istruzioni del libro, cercò di capire che cosa mai poteva aver afflitto così Gloria.
    «Hai per caso visto Malfoy e la Parkinson?»
    «No, Harry! Pensa a lavorare!» lo freddò, ancora nascosta dietro il vecchio armadio.
    «Sei così malconcia…. Mi sembra strano, vuol dire che sono migliorato!» la ignorò sorridendo.
    «Harry!» lo ammonì severa la sua voce, col solito tono che lui conosceva benissimo, e che sapeva cosa significasse.
    «Uh! Sì!» fece infastidito. «Va bene! Mi faccio gli affari miei!»
    Continuò a lavorare per una buona mezz’ora.
    Guardò la sua pozione incerto. Sul libro c’era scritto che doveva assumere un colore giallo canarino, ma nel suo calderone c’era una poltiglia blu poco rassicurante.
    «Gloria…»
    «Mmm…»
    «Credo di aver sbagliato qualcosa!» disse osservando incerto la pozione che sembrava farsi sempre più minacciosa, formando bolle che esplodevano in superficie e che schizzando tutto intorno.
    «In effetti sentivo un odore strano!»
    Harry guardò nella sua direzione in attesa che si alzasse e che spuntasse da dietro l’armadio, ma lei non si mosse.
    «Allora, che hai intenzione di fare? Mi aiuti o no?» chiese impaziente.
    Piano, con tutta calma, Gloria si alzò un po’ barcollante dal suo angolino e si mise a fianco al ragazzo.
    Guardarono entrambi il contenuto della pozione zampillare nel calderone.
    «Ma che diamine hai combinato?» chiese aggrottando la fronte perplessa. Molto probabilmente non aveva mai visto una roba del genere.
    A Harry venne un idea geniale.
    Prese un occhio di rospo rosso e lo gettò nel liquido denso e grumoso.
    Appena questo toccò la superficie la pozione esplose in tutte le direzioni, colpendo ciò che rientrava nel raggio di sei metri, compresi i due che rimasero impalati, sudici di melma blu.
    Cadde il silenzio per un tempo indeterminato.
    Sentivano la pozione scendere lenta sui loro visi, ed il puzzo farsi sempre più intenso.
    Infine Harry si tolse gli occhiali per riuscire a vedere qualcosa e per ripulirli; anche se non sapeva bene come, ogni parte del suo corpo era ricoperto dalla poltiglia.
    «Harry!» Gloria si passò le dita sugli occhi e la bocca, per cacciare lo sporco. Era furente, e lo si capiva dalla voce che tremava incontrollata.
    «Ci vediamo domani!»


    Attraversò il ritratto sentendo il disgustoso rumore delle suole delle scarpe infangate.
    Molte teste si voltarono osservandolo schifate.
    Era coperto dalla testa ai piedi di quello che sembrava fango, ma blu.
    «Ma che ti è successo?» Ginny sbucò da dietro una poltrona preoccupata.
    Ron alzò gli occhi dalla partita di scacchi che stava disputando con Neville, facendo una smorfia di disgusto.
    «Miseriaccia!»
    «È esplosa la pozione!» spiegò stringendosi nelle spalle.
    Almeno un lato positivo in tutta quella storia c’era: aveva l’intero pomeriggio libero!
    Sorrise felice al pensiero e si avvicinò a Ginny per abbracciarla come faceva ogni volta che tornava, ma lei lo blocco infastidita.
    «Ti prego, no Harry! Magari dopo una bella doccia!»
    Hermione sbuffò da dietro una rivista di cultura.
    «Sicuramente non hai seguito quello che ti diceva!»
    Harry si irritò profondamente per quella accusa.
    «Non mi diceva niente infatti!»
    «E allora perché ci vai se non ti aiuta?» disse Ginny. Harry la ignorò.
    «Vado a togliermi questa schifezza di dosso!»
    Dopo poco scese pulito e profumato nella sala comune e si sedette accanto a Ginny, che questa volta si lasciò baciare.
    «Allora che cosa hai fatto?» chiese Hermione curiosa.
    «La doccia, perché?»
    «Non questo! Intendo dire, cosa hai fatto alla pozione. Di certo non esplodono così!»
    «Niente!» disse esasperato. «Era blu, densa e bolliva. E ho pensato di metterci un occhio di rospo rosso per riassestarla…»
    «Ecco perché! Sei proprio geniale! E Gloria non ti ha fermato?»
    Harry non rispose.
    «L’occhio di rospo rosso eccita la pozione, mentre l’occhio di rospo blu la riassesta!»
    «Ma che dici? È al contrario! Gloria me lo ha detto…»
    «Non può essere!» questa volta era intervenuto Neville. Tutti, compreso Ron lo guardarono interrogativi.
    «Gloria non può averti detto una cosa del genere.» si appresto a dire lui.
    «E perché?» chiese scettica Ginny.
    «Perché è stata lei a dirmi la differenza tra occhio di rospo rosso e blu. Non può essersi sbagliata, me lo ricordo bene, anche se è passato qualche anno!»
    «Ma non è vero, è l’occhio di rosso di rospo o come è…» disse Harry sempre più convinto della sua.
    Se lo ricordava benissimo: Gloria gli aveva detto che se la pozione bolliva troppo o era troppo densa si doveva aggiungere il rosso, mentre il blu in caso contrario.
    «Guardate!» disse afferrando la borsa dei libri e cercando il quaderno di Sailor Moon per dimostrare di avere ragione.
    «Me lo ha fatto scrivere, è come vi dico io!»
    Neville lo guardò scettico. Lui non si sbagliava, non c’erano dubbi. Ogni parola delle donne amate per lui era legge, non poteva confondersi.
    Harry sfogliò il quaderno sempre più convinto finche non trovò la pagina.
    «Ecco vedete…» disse scorrendo velocemente il dito sul foglio.
    «Occhio di rospo: blu per assestare la pozione, in caso di errore che porta ad un eccessivo bollore e consistenza impropria, rosso per…» le parole gli si spensero in gola deluso.
    Avevano ragione….
    Hermione lo guardava soddisfatta.
    Neville con l’espressione del tipo “non prendertela amico, io sono infallibile!”
    Ginny e Ron se la ridevano.
    E Gloria, sicuramente, lo avrebbe fatto sgobbare il doppio sui libri!
    Bella prospettiva gli si presentava davanti!

    Edited by ioida - 10/9/2008, 12:02
     
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  6. Luisina
     
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    come al solito ti dico che ogni capitolo è sempre più intrigante, brava
     
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  7. ioida
     
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    [red]scusa il ritardo, ma sono tornata da qualche giorno e sto avendo problemi al pc. dovrò resettarlo, quindi quello che ho scritto fino ad ora lo posterò per non perderlo, lo affido a voi ;).
    in più, posterò anche degli appunti sotto spoiler, scritti qualche tempo fa che anticipano un pò la storia.[/red]



    15°. E l’ora arrivò.

    Bruciava maledettamente.
    Era tremendo quanto il dolore riuscisse a penetrare ed ad offuscarle addirittura la vista, in certi momenti. A volte avrebbe voluto staccarsi tutto il braccio, tanto a che le serviva? Usava il sinistro per la bacchetta!
    Si guardò il braccio destro. Era attraversato da due cicatrici, lunghe e profonde. Se ne vergognava. Quella volta aveva perso veramente il controllo.
    L’anno prima, durante una lezione di pozioni, era uscita correndo dall’aula col coltellino d’argento, che le serviva per tagliare gli ingredienti, nascosto sotto il mantello; si era chiusa nel primo bagno che aveva trovato e si era tagliata tutta la parte, sperando che scomparisse insieme al dolore, invece non era successo niente, anzi il dolore era, se possibile, aumentato.
    Quel maledetto segno le era comparso la sera dell’ultima prova Tremaghi, anche se, già da prima, aveva iniziato a delinearsi.
    Quella sera, prima che Potter tornasse abbracciato al cadavere dell’altro campione di Hogwarts, Cedric Diggory, sentì il bruciore farsi più intenso, e capì che la stava chiamando.
    Allora non se lo seppe spiegare. Era comparso, nonostante avesse quattordici anni.
    L’unica spiegazione che si seppe dare era che glielo avevano fatto alla nascita, ed era la stessa cosa che le aveva detto Silente, ma non le bastava.
    Possibile che allora, il potere del signore oscuro era così esteso, che facevano marchiare anche i bambini appena nati?
    Questa era una delle tante ipotesi, ma che smentì subito lei stessa.
    Non era possibile, oltre al fatto che le sue compagne di stanza non presentavano particolari cambiamenti, il suo non era sull’avambraccio sinistro, ma sul braccio destro.
    Aveva chiesto al preside, ma lui non aveva mai risposto.
    Gli chiese anche di sua madre, di suo padre, e neanche allora lo fece, forse per timore di ferirla, o peggio, di innescarle chissà quale meccanismo psicologico.
    Non sapeva niente del suo passato, anche perché non le era mai interessato.
    Non era da lei disperarsi per chi non la voleva! Se ne era fatta una ragione.
    Se i suoi la avevano mollata in orfanotrofio o erano morti e nessuno la voleva, tanto peggio per loro, non sapevano che cosa si perdevano!
    Ma quel marchio aveva acceso in lei un interesse tutt’altro che nobile di scoprire le proprie origini.
    Quel marchio non era un buon segno, affatto, non era normale. Oltre ad essere su una parte un po’ “inusuale”, quando iniziava a bruciare, durava a volte ore, il che non era possibile. Non poteva essere che per un unico mangiamorte che non rispondeva alla chiamata, tutto il resto della truppa doveva continuare a soffrire finché questo non di degnava di rispondere.
    Ma una spiegazione c’era, e ne aveva avuto la conferma pochi mesi prima da Silente, prima che andasse a stare dai Weasley.
    Ed era proprio ciò che sospettava. Era arrivata alla giusta conclusione, e di certo non quella delle più idilliache.
    Era arrivato il momento di avere la verità direttamente dalla fonte!



    Correva a più uno posso. Era stata già un’impresa uscire dal castello e raggiungere Hogmead per smaterializzarsi. Aveva dovuto scogliere più di quegli incantesimi che proteggevano il castello per l’uscita che, ad un certo punto, aveva quasi creduto di non potercela fare.
    Ed ora Londra. Quella città maledettamente grigia e piena di persone altrettanto grigie ed anonime che uscivano dai loro uffici.
    Se fossero tutti morti non avrebbe fatto dispiacere a nessuno. Solo piacere ai giornalisti, che avrebbero fatto sicuramente proliferare la notizia con i risvolti più drammatici, e a lei sicuramente. Odiava il grigio.
    Stava scendendo il buio, e la città si trasformava a ogni suo passo. Doveva andare, era vicina, riusciva a sentire l’odore dolciastro del Tamigi.
    Inoltre c’era una gran massa di gente vicino al molo e tutto sembra illuminato a giorno. Non ce la fece a chiedersi il perché, ne a leggere i manifesti che erano sparsi un po’ ovunque.
    Era vicinissima al suo obbiettivo, trascinata da una forza latente, la volontà di scoprire, di parlare faccia a faccia con la realtà. E sapeva dov’era.
    Si mischiò alla folla in giubilo sul molo. Era circondata da famigliole spensierate, bambini, giocolieri; un grande evento!
    Alzò gli occhi per guardare oltre.
    Eccolo!
    Il Victory. Il vascello, interamente restaurato rispettando l’aspetto che presentava nel XVII secolo.
    Era lì.

    Guardò esasperato l’orologio che aveva al polso. Doveva essere tutto perfetto. Quella sera, su quel vascello sarebbero dovute salire le maggiori autorità del campo politico, scientifico e artistico, e lui era il responsabile, doveva dirigere la vigilanza. Era sicuramente uno degli incarichi più importanti della sua carriera.
    Quando gli era stato assegnato, lo avevano elogiato per la fedeltà e per la carriera lunga e rigorosa, e ne fu orgoglioso. Il suo ultimo incarico.
    Mancavano pochi minuti alle otto.
    «Capitano, a prua tutto in perfetto ordine. Gli uomini sono nei posti prestabiliti. Attendono nuovo ordini.»
    «Bene Flight. Fai salire gli ospiti. Si dia avvio alla grande serata!» disse infine in tono scherzoso. Quel ragazzo gli stava sorprendentemente simpatico. Gli bastava guardarlo per sentirsi subito allegro.
    «Agli ordini, Capitano!» fece il tipico saluto militare e uscì dall’antica sala di comando.
    Attraversò il corridoio. Il capitano Harkorn era un uomo corpulento e severo con i suoi uomini, ma con lui era sempre stato un po’ paterno. Riusciva sempre a conquistare le persone, era una dote innata ed ingenua… magari avesse avuto la stessa fortuna con le ragazze!
    Prese la ricetrasmittente e diede avvio al programma.


    Non era facile salire su quel vascello. Era pieno di guardie e le uniche persone che potevano salire, a quanto pareva, erano quelle con un invito ed un bel vestito da sera.
    Perché quel posto? Che cosa aveva in mente? Aveva forse intenzione di fare le cose in grande?
    I furgoni delle televisioni era appostati nell’ombra, nel parcheggio oltre la banchina, e tutti i giornalisti erano ammassati vicino al ponte che portava alla nave.
    La luce dei riflettori e dei flash era abbagliante.
    Sì, voleva proprio fare le cose in grande!
    Osservò la nave in tutta la sua lunghezza.
    Doveva passare dall’alto.
    Si posizionò di fronte la parte più estrema della prua.
    Guardò l’acqua sotto di lei poco più di un metro.
    Non aveva mai fatto quell’incantesimo e non era solita ad improvvisare, ma il dolore era costante e la stava chiamando.
    Puntò la bacchetta verso l’acqua scura. Farsi un bagnetto la dentro, il giorno di Halloween non era nei suoi programmi; d’altronde…
    L’acqua cominciò ad incresparsi. Fortunatamente tutti erano troppo impegnati ad osservare il corridoio rosso dove stavano passando le super star, e nessuno si sognava di voltarsi a guardare all’estremità buia della banchina.
    Una corrente invisibile scosse ancora di più la massa scura sotto di lei. Così doveva bastare! Doveva gettarsi e farsi trasportare su, e il gioco era fatto, non appena avrebbe messo piede sulla parte più estrema della prua!
    Guardò nuovamente sotto di sé. Era al limite della banchina. Si fece coraggio ed azzardò un passo nel vuoto. Si sentì cadere.
    La corrente che aveva creato non bastava. Mosse con un gesto fulmineo la bacchetta e dal basso un forte vento concentrato la spinse verso l’alto avvolgendola.
    Per fortuna non aveva la divisa scolastica quella sera, altrimenti sarebbe rimasta in mutande, pensò. Era una sensazione strana ma bellissima.
    La spinta era tanto potente che si ritrovò istantaneamente catapultata all’altezza della coperta e del bompresso e ancora più su. Diminuì la forza della corrente e lentamente riuscì ad accostarsi alla prua e a mettere i piedi a terra.
    Quel posto era pieno di corde e cordoni, se non stava attenta o inciampava o riamava impiccata. Per fortuna era illuminato e nessuno badò a lei.
    C’erano molte persone al centro ed a poppa.
    Dove doveva andare? Dove la stava aspettando?
    Avanzò e si mise al limite. Era impossibile attraversare tutta la lunghezza della nave passando inosservata.
    «Ehi! Chi sei? Ferma e mani in alto!»
    Si voltò di scatto tenendo ben stretta la bacchetta. Un ragazzone biondo, vestito con un semplice smoking nero della sicurezza, le puntava contro quella che le sembra tanto una pistola.
    Non gli diede neanche il tempo di reagire, lo schiantò. Il corpo ricadde all’indietro e finì oltre il corrimano, dritto in acqua. C’era troppo chiasso perché qualcuno si accorgesse dello splash che seguì.
    Rimase in attesa dietro un tavolo di dolci, osservando il camerieri servire gli ospiti e rifornire le varie pietanze che terminavano.
    «Dove sei?» chiese sempre più nervosa.
    Nulla. Stava lì da una buona mezz’ora, ma non era successo niente.
    Il braccio le bruciava in modo lieve, molto meglio di prima. Le venne il dubbio di essere stata troppo impulsiva, di essersi lasciata vincere dal dolore troppo facilmente.
    Ma cosa poteva fare? Era dalle sei di quella mattina che la chiamava!
    «Signori e signore!» una voce amplificata la fece sobbalzare.
    «Benvenuti sul Victory!»
    Un uomo panciuto e dai pochi capelli grigi, sul ponte più alto, si dondolava avanti e indietro compiaciuto, illustrando i vari propositi della serata e del grande progetto del museo.
    Ah, l’idiozia degli uomini!
    Quell’evento era così atteso da offuscare anche le vere notizie, quelle degne di nota.
    Esempio eclatante era stato il caso dell’orfanotrofio a giugno.
    La notizia era arrivata in secondo piano, ed dopo meno di due giorni era finita nel dimenticatoio.
    Avevano commentato “Fuga di gas orfanotrofio St. Catherine, quattro feriti. La procura indaga!”.
    Ovvio che senza morti non c’è notizia!
    E poi fuga di gas!
    Poveri babbani, come potevano immaginare?
    Erano stati i mangiamorte a fare esplodere l’ala destra dell’edificio, proprio la notte stessa in cui era andata via.
    Voldemort ce ne aveva messo di tempo per trovarla!
    Ma Silente lo aveva preceduto appena di qualche ora.
    Qualcosa si mosse in alto, oltre gli alberi e le vele ammainate.
    Stinse saldamente la bacchetta.
    Adesso toccava a lei la prossima mossa!


    CAPITOLO IN CORNO
    SPOILER (click to view)
    La musica rimbombava ossessiva tra le mura della sala comune in festa, e nella sua testa.
    Era esausto.
    Aveva passato tutto il pomeriggio con Ginny, Ron ed Hermione, come non faceva da tempo; quasi non c’era più abituato!
    Avevano giocato a scacchi, a quidditch, e poi a ridere e scherzare, a parlare del più e del meno, di Ron che doveva leggere tutto il copione che aveva dato la signorina Devis per il teatro, e che lui aveva perso.
    Avevano organizzato una bella ricerca per trovarlo, ma niente. Harry aveva proposto all’amico di farsene dare un altro, ma lui aveva detto: “non posso chiedere a Diana un altro copione, altrimenti capirà che l’ho perso e penserà che non me ne importa niente del teatro!”
    Hermione aveva afferrato l’occasione al volo per rimbeccarlo:
    “Non è così forse? E poi che cosa penserà quando ti chiederà le battute o di cosa parla il testo?”
    Ron non aveva risposto, si era semplicemente afflosciato sulla poltrona sfiduciato, dopo due ore e mezza di caccia al copione.
    In tutto questo però Harry aveva intuito che qualcosa non andava.
    Ron sì, era disordinato, ma di solito il suo disordine aveva un senso logico, almeno per lui!
    Gli sembrava strano, sapeva che l’amico i libri e tutto quello che portava nella borsa lo svuotava direttamente dentro il baule o, se prendeva qualche libro per leggerlo comodo sul letto, dopo poco si annoiava e lo faceva scivolare sotto il letto.
    Inoltre avevano provato anche l’incantesimo di appello, ma niente.
    E in tutto questo Hermione aveva dipinto negli occhi un piccolo brillio di soddisfazione.
    A Harry venne il sospetto che ci fosse di mezzo il suo zampino.
    Ma non ebbe il tempo di verificare perché Ginny, perse le staffe dicendo che non aveva intenzione di perdere tutto un pomeriggio per stare appresso a suo fratello, e se lo trascinò via, alla ricerca di un posto più intimo.
    Insomma, aveva recuperato tutto quello che si era perso durante gli ultimi mesi che aveva passato a studiare.
    Ed ora, dopo ore che stava in quella stanza piena di gente, che gli ondeggiava attorno a ritmo di musica, sorseggiando burro birre e wiskincendiario, si sentiva la testa esplodere.
    Non era abituato a quella confusione.
    Ginny lo tirava a se.
    «Harry tutto bene?» urlò per farsi sentire sopra la musica e le voci in festa. «Hai una faccia!»
    «Si, tutto bene! Sono solo un po’ stanco!» rispose muovendosi un po’ sulla poltrona per trovare una posizione più comoda per accovacciarsi e fare un pisolino.
    «Dai, già a quest’ora? Sono a malapena le unici!»
    «Lo so, ma tutta questa confusione…»
    Ginny sorrise maliziosa. Si avvicinò al suo orecchio e gli sussurrò provocante.
    «Vuoi andare in un posto più tranquillo?»
    Harry, che era troppo stanco per afferrare questa sfumatura nella voce della ragazza accettò candidamente, alzandosi per andare nel suo dormitorio.
    Ginny lo segui tra la folla e poi su per le scale. Aprirono la porta del dormitorio e… si ritrovarono faccia a faccia con Ron!
    Questo guardò prima l’amico, poi la sorella e la sua espressione divenne improvvisamente fredda e dura.
    «Cosa state facendo?»
    «Niente!» disse Ginny, con l’aria da innocente, mentre Harry rispose ingenuamente:
    «Io stavo andando a riposarmi.»
    «Allora vai a riposare, e se vuoi compagnia te la faccio io!»
    Afferrò l’amico per il braccio e se lo tirò dentro chiudendo la porta in faccia alla sorella.
    Harry si sistemò gli occhiali sul naso, un po’ frastornato, sentendo la musica proveniente dalla sala comune come se, improvvisamente, avesse avuto nelle orecchie dei batuffoli di cotone.
    «Potresti evitare certe cose? Mi vorrei fidare di te!» la voce di Ron invece gli arrivava chiara e altisonante, e anche abbastanza severa e minacciosa.
    «Si… certo!» rispose gettandosi sul letto.
    .......


    SPOILER (click to view)
    È solo un brutto sogno, questo è solo un brutto sogno. Non può essere vero!
    I pensieri gli ritornarono a privet drive, a quando era un bambino, a suo cugino che lo inseguiva insieme alla sua gang, al piccolo sottoscala che era la sua stanza e il posto dove custodiva tutto ciò che aveva.
    Chiuse gli occhi. È tutto finito, adesso mi sveglio e mi accorgerò che è stato tutto un brutto incubo. Aprirò gli occhi e zia Petunia batterà sulla porta per dirmi di alzarmi.
    «È arrivata al tua ora Potter!»
    quelle parole furono urlate, ma Harry le sentì come un sussurro.
    «Avada Kedavra!»
    Si sentì avvolgere e poi… il nulla.
     
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  8. Luisina
     
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    wow mi ha fatto venire una curiosità comunqu come al solito bellissimo chappy
    sempre più intrigante comunque posta presto
     
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  9. pikkola black
     
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    Ciao
    ho letto la tua ff e l'ho travata molto avvincante...
    devo ammettere che ci hai laciat sulle spine però,....comunque non fa niente posta al più presto
    non vedo l'ora di leggere come finisce

    Baci

         pikkola black

     
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  10. ioida
     
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    Ecco il 16° capitolo!
    Spero di farmi perdonare, anche se ce ne vorrebbero 10 di capitoli! Lo so, forse è scritto male, e può anche sembrare ooc, ma io così me li immagino i serpeverde.
    Comunque, prima di andare avanti, facciamo un piccolo riassuntivo, molto utile per chi si secca andare a rileggersi i capitoli precedenti (praticamente io!).
    È halloween, e fini a qui ci siamo, e siamo tutti d’accordo!
    Dopo una mattinata di allenamento, Gloria decide di proseguire con pozioni, perché non si sente molto bene, ma Harry sbaglia qualcosa, fa esplodere la pozione e la ragazza, infuriata, lo caccia via, lascando così praticamente tutto il pomeriggio libero al nostro eroe!
    Nel 15° capitolo per la prima volta la narrazione si focalizza completamente su Gloria, rivelando così una serie di cose, compreso il fatto che si sta recando a Londra.

    chiedo ancora scusa, vi ho lasciate in tronco senza neanche avvisare ed è imperdonabile, ma ho avuto da fare, mi sono trasferita e ho iniziato l'uni, quindi sono più esaurita che mai!

    CITAZIONE
    wow mi ha fatto venire una curiosità comunqu come al solito bellissimo chappy
    sempre più intrigante comunque posta presto

    lu, ti devo chiedere scusa, ti ho lasciata in tronco, e mi dispiace. cmq se hai ancora quella curiosità puoi dirmela:D!

    CITAZIONE
    Ciao
    ho letto la tua ff e l'ho travata molto avvincante...
    devo ammettere che ci hai laciat sulle spine però,....comunque non fa niente posta al più presto
    non vedo l'ora di leggere come finisce

    ciao! grazie! ^____^ non sai come mi fa piacere sapere che ti è piaciuta. adesso mi metto sotto e la continuo!

    16°. Halloween alla serpeverde!

    La musica rimbombava ossessiva tra le mura della sala comune in festa, e nella sua testa.
    Era esausto.
    Aveva passato tutto il pomeriggio con Ginny, Ron ed Hermione, come non faceva da tempo; quasi non c’era più abituato!
    Avevano giocato a scacchi, a quidditch, e poi a ridere e scherzare, a parlare del più e del meno, di Ron che doveva leggere tutto il copione che aveva dato la signorina Devis per il teatro, e che lui aveva perso.
    Avevano organizzato una bella ricerca per trovarlo, ma niente. Harry aveva proposto all’amico di farsene dare un altro, ma lui aveva detto: “non posso chiedere a Diana un altro copione, altrimenti capirà che l’ho perso e penserà che non me ne importa niente del teatro!”
    Hermione non si fece perdere l’occasione per rimbeccarlo:
    “Non è così forse? E poi che cosa penserà quando ti chiederà le battute o di cosa parla il testo?”
    Ron non aveva risposto, si era semplicemente afflosciato sulla poltrona sfiduciato, dopo due ore e mezza di caccia al copione.
    In tutto questo però Harry aveva intuito che qualcosa non andava.
    Ron sì, era disordinato, ma di solito il suo disordine aveva un senso logico, almeno per lui!
    Gli sembrava strano. Sapeva che l’amico i libri e tutto quello che portava nella borsa lo svuotava direttamente dentro il baule o, se prendeva qualche libro per leggerlo comodo sul letto, dopo poco si annoiava e lo faceva scivolare sotto il letto.
    Inoltre avevano provato anche l’incantesimo di appello, ma niente.
    E in tutto questo Hermione aveva dipinto negli occhi un piccolo brillio di soddisfazione.
    A Harry venne il sospetto che ci fosse di mezzo il suo zampino.
    Ma non ebbe il tempo di verificare perché Ginny, perse le staffe, dicendo che non aveva intenzione di perdere tutto un pomeriggio per stare appresso a suo fratello, e se lo trascinò via, alla ricerca di un posto più intimo.
    Insomma, aveva recuperato tutto quello che si era perso durante gli ultimi mesi che aveva passato a studiare.
    Ed ora, dopo ore che stava in quella stanza piena di gente, che gli ondeggiava attorno a ritmo di musica, sorseggiando burro birre e wiskincendiario, si sentiva la testa esplodere.
    Non era abituato a quella confusione.
    Ginny lo tirò a sé.
    «Harry tutto bene?» urlò per farsi sentire sopra la musica e le voci in festa. «Hai una faccia!»
    «Si, tutto bene! Sono solo un po’ stanco!» rispose muovendosi sulla poltrona per trovare una posizione più comoda per accovacciarsi e fare un pisolino.
    «Dai, già a quest’ora? Sono a malapena le undici!»
    «Lo so, ma tutta questa confusione…»
    Ginny sorrise maliziosa. Si avvicinò al suo orecchio e gli sussurrò provocante.
    «Vuoi andare in un posto più tranquillo?»
    Harry, che era troppo stanco per afferrare questa sfumatura nella voce della ragazza, accettò candidamente, alzandosi per andare nel suo dormitorio.
    Ginny lo segui tra la folla e poi su per le scale. Aprirono la porta del dormitorio e… si ritrovarono faccia a faccia con Ron!
    Questo guardò prima l’amico, poi la sorella, e la sua espressione divenne improvvisamente fredda e dura.
    «Cosa state facendo?»
    «Niente!» disse Ginny, con l’aria da innocente, mentre Harry rispose ingenuamente:
    «Io stavo andando a riposarmi.»
    «Allora vai a riposare, e se vuoi compagnia te la faccio io!»
    Afferrò l’amico per il braccio e se lo tirò dentro chiudendo la porta in faccia alla sorella.
    Harry si sistemò gli occhiali sul naso, un po’ frastornato, sentendo la musica proveniente dalla sala comune come se, improvvisamente, avesse avuto nelle orecchie dei batuffoli di cotone.
    «Potresti evitare certe cose? Mi vorrei fidare di te!» la voce di Ron invece gli arrivò chiara e altisonante, e anche abbastanza severa e minacciosa.
    «Si… certo!» rispose gettandosi sul letto.
    Il rosso uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
    Harry avvertì i muscoli della schiena distendersi, e il piumone morbido sotto di se confortarlo.
    Quella strana quiete che lo circondava...
    La musica spremeva violenta sulle pareti della stanza per entrare, ma tutto gli arrivava stranamente ovattato.
    Chiuse gli occhi. Era straordinario come i suoi sensi sembravano amplificarsi in quella strana quiete stretta tra quattro mura.
    Sentiva il suo respiro, il proprio petto che si alzava e si abbassava ritmico, le braccia distese lungo i fianchi e la mente vuota. Riaprì gli occhi e osservò tutta la stanza intorno a se.
    Tutta la stanchezza che aveva accumulato sembrava scomparsa, ma non se la sentiva di tornare alla festa al piano di sotto.
    Si girò di fianco cercando di prendere sonno, ma gli occhi, che poco prima faticavano a rimanere aperti, ora erano spalancati e svegli che scrutavano ogni minimo particolare e ombra e rientrava nel loro campo d’azione.
    Harry sbuffò e si sedette.
    Niente da fare, il suo cervello sembrava essersi svegliato!
    Prese dal comodino un libro dalla copertina scura, con una scritta verdastra: “Dalla mia parte. Seguendo la purezza”.
    Lo aprì a poco più della metà.
    Era da quasi un mese che provava a leggerlo, ma ogni volta non riusciva a superare le tre pagine che si addormentava.
    Non che fosse noioso, ma gli unici momenti liberi che aveva erano quelli tra una lezione e l’altra, o a pranzo e, in tutta sincerità, preferiva passarli con Ginny.
    In effetti quel libro si era rilevato molto interessante.
    Era il diario un mangiamorte che, deciso di costituirsi, voleva dare la sua testimonianza prima che qualcuno gli chiudesse la bocca definitivamente.
    Alcuni passaggi erano così intensi e coinvolgenti, che a volte lui stesso si sorprendeva a trovare logici certi ragionamenti.
    Quando ne aveva parlato con Gloria, l’aveva scoperta sorpresa.
    Ci era rimasto di sasso.
    Volete sapere che cosa ne era uscito da questa discussione? Che Gloria non aveva letto il libro, ma solo una recensione su un giornale e che, trovandolo carino, glielo aveva lasciato da leggere.
    Ma che tipo! Aveva pensato Harry guardandola di sbieco.
    Lesse le prime pagine, scoprendosi completamente immerso nella lettura, che quasi non percepì più la confusione al piano di sotto. Continuò così per minuti, sfogliando una pagina dopo l’altra, finché non si fermò.
    Sgranò gli occhi incredulo. Rilesse un’altra volta quel nome.
    Non poteva essere. Eppure era lì, scritto nero su bianco.
    Continuò a leggere fino alla fine cercando di prendere quante più informazioni. Tornò all’inizio della pagina di diario.
    Le date coincidevano, il nome… tutto!
    Saltò giù dal letto e uscì dalla camera.
    Doveva trovarla, doveva parlarle immediatamente.
    Come era possibile che lei non avesse mai fatto ricerche, che non si fosse mai interessata?
    Attraversò la sala comune, scansando persone e cose, finché una mano non gli afferrò il braccio trattenendolo.
    Si voltò, troppo entusiasmato e euforico per badare all’espressione preoccupata di Ginny.
    «Dove vai?» gli chiese.
    Lui la afferrò per le spalle e la baciò felice.
    «Da Gloria!» le rispose una volta staccatosi saltellando sul posto e ripartendo, dritto e determinato verso il suo obbiettivo, lasciando una Ginny alquanto sbigottita in mezzo alla sala.



    Attraversò tutto il castello di corsa, diretto alla sala comune di serpeverde. Non vedeva l’ora di trovarla e parlarle.
    Era stato così impulsivo, che si accorse solo quando fu davanti alla parete di pietra nei sotterranei, dalla quale si accedeva alla sala comune verde-argento, di non essersi portato ne il mantello dell’invisibilità ne la mappa.
    Ma d’altronde, come poteva darsi torto, si disse mentre si faceva coraggio per entrare. Dopo una scoperta del genere!
    «Serpentese»
    La parete di scostò di lato ed un’ondata di musica a tutto volume lo investì.
    La festa nella sala comune di grifondoro sembrava più un ricevimento del tè pomeridiano, in confronto alla baraonda che c‘era in quel posto.
    Persone che saltavano sui divani, atri sulle sedie e sui tavoli, luci abbaglianti ad intermittenza, maschere che sembravano uscite dal carnevale di Rio.
    Quando la parete si richiuse dietro di lui, nessuno parve accorgersi della sua presenza.
    Meglio di così non gli poteva andare, pensò avanzando verso le scale, mantenendosi sempre in disparte, ma era quasi impossibile, ogni angolo di quella sala era pieno di gente che faceva la qualunque.
    Superò una mischia di ragazzi che sembravano intenti in un torneo che sapeva di illegale, e un gruppetto un po’ più ristretto impegnato in qualcosa che Harry preferì non sapere.
    Raggiunse finalmente le scale del dormitorio femminile e iniziò a salirle un po’ titubante. C’era un traffico di ragazzine urlanti che saltellavano su e giù, ragazze e ragazzi che salivano di corsa chiudendosi nelle camere, con tutte le intenzioni di non essere disturbati per una buona mezz’oretta. Ma stranamente, neanche lì, nessuno notò la presenza di Harry Potter nel dormitorio di Serpeverde.
    Bussò alla quinta porta a destra, come gli aveva indicato tempo prima Gloria, pregando che non fosse già “occupata”.
    Dopo poco una voce lo invitò ad entrare.
    Aprì ancora poco convinto, ed entrò chiudendosi la porta alle spalle.
    La stanza sembrava vuota. Passò in rassegna i quattro letti… per fortuna erano vuoti! Pensò sollevato.
    Un rumore lo fece voltare, e si pentì immediatamente di averlo fatto.
    «Potter!»
    Pansy Parkinson, mezza nuda, lo guardava dalla porta del bagno, e si poteva dire più sorpresa che scocciata dalla sua presenza lì.
    Harry si voltò immediatamente dall’altra parte, coprendosi gli occhi, abbastanza imbarazzato.
    «Scusa, non volevo!» cercò di recuperare.
    La Parkinson avanzò verso di lui e lo abbracciò da dietro. Harry si divincolò immediatamente e, senza volerlo si trovò di nuovo a guardarla.
    «Santo cielo! Ti vuoi coprire?!» le chiese muovendosi impacciato senza sapere come svincolarsi da quella assurda situazione.
    «Perché? Che ho?» chiese lei ridendo, chiaramente alticcia.
    «Sei senza maglietta!» continuò lui indispettendosi e distogliendo lo sguardo. Assurdo! La prima conversazione pacifica che aveva con quell’arpia snob della Parkinson, la stava facendo mentre lei era in reggiseno!
    «E bene?!» continuò lei divertita. E senza preavviso gli si gettò al collo, strofinandosi a lui provocatoria.
    Harry, a quel punto, non seppe più dove mettere le mani per allontanarla senza toccarla, ne come svincolarsi, mentre lei si faceva sempre più stretta.
    «Non le hai mai viste?» Pansy rise presa dall’ilarità, ed Harry poté constatare dal rossore del suo viso, e dall’odore d’alcol, che era ubriaca persa.
    La afferrò per le braccia provando ad allontanarla, ma Pansy aveva una presa incredibilmente forte per la sua condizione.
    «Senti, non mi interessa! Lasciami, che…»
    «Capisco dalla santarella della Weston, ma la rossa non te l’ha mai data?»
    Harry la guardò male, ormai spazientito da lei e dall’infinta perdita di tempo che gli stava comportando.
    La strattonò via con forza, ma lei, prima che si staccassero, si sporse e lo baciò.
    Harry rimase pietrificato, e Pansy ne approfittò per approfondire il bacio, riaccollandosi a lui.
    La spinse via, questa volta senza badare alla sua nudità ne alla gentilezza. Si pulì la bocca con la manica della camicia ancora incredulo.
    «Ma che cazzo fai!?» le urlò infuriato guardandola torvo, mentre lei si gettava sul letto e riprendeva a ridere come una pazza, con tutti i capelli neri che le ricadevano scompigliati sul volto, e la gonna scomposta che le scopriva le cosce.
    «Scusa, ma sei così sfigato che neanche la tua ragazza le la da!» disse lei trovando la cosa molto divertente.
    «Ma ammazzati!» le urlò ancora più furibondo dirigendosi verso la porta per andarsene, ma una volta toccata la miniglia si fermò. Si era completamente dimenticato del perché era venuto fin lì.
    Si voltò rassegnato, oramai indifferente alla condizioni della ragazza, e si avvicinò a lei guardandola di sbieco.
    «Dov’è Gloria?» le chiese schietto senza giri di parole.
    Pansy riprese a ridere. Si mise seduta e iniziò a gattonare nella sua direzione, guardandolo come una curiosa preda. Si passò una mano tra capelli lisci, apprezzando la crescente impazienza del ragazzo.
    Con lentezza si aggrappò al baldacchino e gli sorrise maliziosa.
    «Cerchi lei allora!»
    Harry la squadrò, pronto ad un’altra delle sue battutacce.
    «Mi di piace, ma non c’è!» gli disse infine in tono secco, sorprendendolo.
    «Lei non c’è mai quando… si insomma!» continuò lei, che sembrava in vena di confidenze. «Quando ci si diverte! Sta sempre sola…»
    «Forse perché siete voi che non la volete!» si apprestò a precisare Harry.
    Pansy rise e scosse la testa, che ricadde inclinata in un lato.
    «No, non sempre! Blaise…. Lui ogni tanto ci prova, io dico che ne è innamorato, perché è da anni che… ma non lo vuole ammettere, perché lei è mezzosangue! Draco invece dice che se la vuole solo scopare!» Pansy ridacchiò e abbassò la testa.
    Harry strinse i pugni infastidito, ma cercò di resistere e sorvolare.
    «La invidio a volte….» ammise lei improvvisamente triste, dopo un attimo di silenzio, attirando così l’interesse del ragazzo.
    «È così libera…. » continuò con lo sguardo perso nel vuoto. «… così candida…. Forse ha ragione Draco. Blaise la vuole solo per questo! In fondo anche lui la odia!»
    Pansy ricadde sdraiata sul letto, con gli occhi persi nel baldacchino sopra di lei.
    Harry abbassò gli occhi a terra. Trovava tutto estremamente orribile. Non voleva più stare là, voleva trovare Gloria ed andarsene. Sospirò stancamente e rialzò gli occhi su quella figura squallida e abbandonata.
    «Dov’è Gloria?»
    Pansy sbatté più volte le palpebre, cercando di concentrarsi.
    «Non lo so… lei non c’è mai, scompare e nessuno si preoccupa di andare a cercarla!» disse la ragazza, spenta da chissà quale pensiero.
    Harry non dubitò delle sue parole.
    «Forse per colpa di Blaise….» aggiunse.
    Il ragazzo corrucciò la fronte.
    «In che senso?» chiese curioso.
    «Blaise è insistente…. A volte troppo!»
    Harry ebbe un brutto presentimento, possibile che…
    Pansy continuò il suo racconto, quasi sollevata di poter parlare con qualcuno che la ascoltasse veramente.
    «Credo l’anno scorso… o anche di più…. Stavo salendo in camera mia. Sapevo che Blaise era qui, ma pensavo per una di loro!» disse indicando i letti accanto al suo. Harry seguì pietrificato in racconto, tremando dentro di se per paura di sapere una verità che sicuramente lo avrebbe distrutto.
    «Io non ci faccio mai caso, non me ne fotte niente. Entro lo stesso e faccio quello che voglio, e loro fanno lo stesso!» continuò lei con tono indifferente. «Però… »
    «Però?» la incalzò Harry facendosi coraggio, visto che la ragazza non accennava a continuare.
    «Non c’erano…» continuò lei con gli occhi vitrei puntati nel vuoto. «C’era la Weston!»
    Il sangue gli si gelò nelle venere. La guardò terrorizzato. Non voleva sapere, ma lei continuò come se fosse niente.
    «Era su di lei… ancora non le aveva fatto... Non feci niente, me ne andai, anche perché mi faceva piacere! Le ci voleva, non la sopporto! Poi però non so se l’ha fatto, se l’ha…» Pansy non continuò, scrutò pensierosa il baldacchino, forse alla ricerca della parola giusta.
    «Violentata?!»
    Harry fremeva dalla rabbia. Quanta indifferenza, odio e cattiveria potevano esserci in quel posto? Come era possibile che potesse esistere una situazione del genere, che una ragazza se ne andasse invece di aiutare una compagna, che un ragazzo si prendesse certe liberta restando impunito?
    Pansy non percepì la sua frustrazione e annuì ingenuamente.
    «E a te non importa? Non ti senti in colpa per non aver fatto niente? Non ti dispiace?»
    Pansy aprì più volte la bocca, ma la non riuscì a parlare. Poi corrucciò la fronte.
    «Sì, ma per Blaise!» ammise con fermezza e determinazione. «Qualcosa è successo qui dentro. Blaise, non parlò più per mesi… sembrava terrorizzato. Fatto sta che non provò più a rifarlo, e non entrò più qui dentro! Solo da poco ha ripreso a stuzzicarla, ma solo in presenza di altri!»
    Harry la guardò truce, ne aveva abbastanza.
    Si avventò sulla porta deciso ad andarsene, ma la voce di Pansy gli arrivò di nuovo facendolo fermare.
    «Harry!»
    Lui si voltò guardandola male, lei ricambiò lo sguardo languido.
    «Grazie…» disse con voce fioca, ma Harry non si intenerì ed uscì sbattendo la porta.
    Scese le scale di corse, scansando persone. Sapeva bene dove trovare Gloria, ed era stato uno sbaglio venire fin là sotto.
    Raggiunta la sala comune e la attraversò con delle veloci falcate.
    «POTTER!»
    La musica si spense improvvisamente, e centinaia di teste si voltarono verso di lui in un silenzio assordante. Harry si voltò lentamente, rendendosi contro solo in quel momento di trovarsi nella tana del nemico.
    Osservò la massa di gente che aveva di fronte e che lo stava fissando immobile, pregando non sapeva neanche lui chi, di uscire vivo da quell’inferno.
    Qualcuno alzò un bicchiere in aria come a brindare ed urlò:
    «VIVA POTTER!»
    Ed un boato festante si alzò nella sala facendo tremare le pareti e ripartire la musica.
    Harry per poco non crollò a terra in preda ad un infarto. Le gambe gli tremavano ancora dalla paura e lo reggevano a stendo, quando mille braccia lo avvolsero attirandolo al centro della pista.
    Senza rendersene conto, si trovò circondato da ragazzi che gli saltavano attorno al ritmo delle ultime canzoni delle sorelle stravagarie, e con un bicchiere spuntato dal nulla in mano.
    Confuso e frastornato cercò di divincolarsi, ma da ogni dove era circondato da gente ed ogni tanto gli arrivavano baci da ragazzine che non riusciva neanche a distinguere.
    Raggiunse quasi disperatamente il bordo della pista, sentendosi sollevato alla vista dell’uscita, ma una pacca sulla spalla lo fece voltare.
    Draco Malfoy gli stava sorridendo!
    Lo guardò incredulo, convinto di aver sicuramente raggiunto un mondo parallelo e che quella non fosse la sala comune dei serpeverde. Insomma, la Parkinson gli salta al collo e lo baciava mezza nuda raccontandogli storie, l’intera casa brindava in suo nome e adesso Malfoy lo salutava come un vecchio amico.
    «Potter, dove vai? Non rimani a divertirti con noi?» gli disse prendendo poi una grossa sorsata da una bottiglia di wiskyincendiario.
    «Io… io….» balbettò guardandolo come un ebete.
    «Che c’è?» chiese Malfoy passandogli un braccio intorno alle stalle e portandoselo senza sforzi verso il tavolo degli alcolici. «Rilassati Potter! Qui quando è festa, è festa per tutti! Per noi il divertimento è una cosa seria!»
    Armeggiò con diverse bottiglie con fare esperto, sotto gli occhi stupefatti di Harry che lo fissava ancora a bocca aperta.
    «Piuttosto dimmi!» continuò compiaciuto dalla sua espressione. «Come mai qui? Di solito la Weston non c’è mai per questi eventi. Ed ora ha deciso di partecipare e di invitarti pure? Hai fatto un miracolo, sei veramente un santo!?» gli porse il bicchiere appena preparato e sorseggiò il suo.
    Harry prese il bicchiere osservando il liquido cristallino.
    «Bevi, non è mica veleno!» ridacchiò Malfoy buttando giù una grossa sorsata.
    Harry oramai era convinto, non c’erano altre spiegazioni. Quello non era Draco Malfoy, e quella non era la sala comune di serpeverde.
    «Io in verità stavo cercando proprio lei, dovevo parlarle…»
    Draco annuì vigorosamente e appoggiò il bicchiere, ora vuoto, sul tavolo.
    «Allora non posso aiutarti! Non ho la minima idea di dove sia, e sinceramente non me ne mai fregato niente!»
    «Capisco…» rispose Harry arricciando il naso e abbassando nuovamente gli occhi sulla bevanda trasparente. «… non ne dubito….»
    «Credo però che sia andata in infermeria!» aggiunse Draco, voltando il capo all’inseguimento di una ragazzina che aveva appena intravisto, ed aguzzando la curiosità di Harry, che non si fece scappare l’occasione di chiedere di più.
    «Perché? Che aveva?»
    Draco tornò a guardarlo un po’ stralunato.
    «E io che ne so! Era più bianca del solito e si reggeva a malapena in piedi….»
    «Ma voi vedete uno in difficoltà e girate la testa!?»
    Harry sbatté il bicchiere sul tavolo scandalizzato, facendo schizzare un po’ di liquido tutto intorno.
    «Uh!» esclamò Draco allargando le braccia in segno di resa. «Buono Potter! Sei sempre così pensante…. Ma non ti sbottoni mai?»
    «Sì!» rispose il grifondoro indispettito. «Quando vado a dormire!»
    «Che battuta del cazzo!» sbottò seccato Malfoy prendendo il bicchiere che aveva posato il rivale, puntando gli occhi nei suoi. «Me ne vado va, che è meglio, altrimenti mi potrei dimenticare che è festa!»
    Il biondo si staccò dal tavolo e si inoltrò nella massa di gente, lasciandolo lì a guardare allibito la sua figura allontanarsi ed infine confondersi tra i ragazzi.
    Harry abbassò lo sguardo sulle diverse bottiglie di alcolici, che in realtà non vedeva veramente, cercando di rielaborare tutto ciò che gli era successo fino a quel momento.
    Una cosa era certa, Gloria non era là, e a giudicare dalle parole di Draco, neanche dove fino a poco prima era certo di trovarla, cioè in biblioteca.
    Guardò un’ultima volta la sala.
    Afferrò una bottiglia quasi vuota di Wiskyincendiario, e bevve ciò che restava tutto d’un sorso.
    No! Si disse scuotendo la testa. Beffardo, un sorrisetto consapevole gli sfuggì in quell’assurdità. Non se ne sarebbe mai capacitato. Per lui, quella serata, sarebbe stata per sempre un mistero!




    Corse su per le scale. Doveva raggiungere l’infermeria. Era stato un idiota a non portarsi la mappa del malandrino, si sarebbe risparmiato dieci piani di scale.
    Arrivò nell’atrio buoi, rendendosi conto di essere già affannato, ma quando i suoi occhi distinsero un’ombra stagliata in cima alle scale, il fiato gli morì in gola.
    Si bloccò sul posto pietrificato. La figura si mosse leggera giù per le scale, finché non entrò in un fascio di luce che la fece risplendere.
    «Professoressa…» sospirò Harry sollevato, avvertendo il suo cuore rallentare la furiosa corsa che aveva preso.
    «Sei tu Harry! Accidenti mi hai fatto prendere un colpo!»
    Diana scese le scale e lo raggiunse illuminandosi la strada con la bacchetta, creando una pozza di luce nel buoi.
    «A chi lo dice!»
    «Che ci fai in giro a quest’ora?!» gli disse in un finto tono di rimprovero, guardandolo malandrina.
    E, per l’ennesima volta, in meno di un’ora:
    «Cerco Gloria!»
    Gli occhi della donna non di assottigliarono maliziosi come si aspettava, ma lampeggiarono preoccupati.
    «Come mai?» gli chiese riservandogli un sorriso tirato.
    Harry la scrutò incerto, notando lo strano comportamento della Devis.
    «Dovevo parlarle!»
    Diana distolse lo sguardo e sospirò preoccupata scrutando l’oscurità oltre il fascio di luce che li racchiudeva. Tornò a guardarlo, trasformata di nuovo nella professoressa tutto pepe che aveva conosciuto.
    «Seguimi!» gli disse infine poggiandogli affettuosamente una mano sulla spalla.
    Percorsero la strada che portava ai sotterranei.
    Harry si sentiva a disagio, non sapeva perché ma non gli piaceva il silenzio che si era formato tra di loro, ma non aveva il coraggio di spezzarlo per chiederle dove erano diretti, ne di svincolarsi. Dopo tutto lei era una professoressa, e lui un alunno che girava per la scuola oltre il coprifuoco.
    «Harry…» Lei parlò una volta girato l’angolo, e la voce cristallina si perse mentre avanzavano per un lungo corridoio umido.
    «Si professoressa?» chiese Harry incalzandola, trovando opprimente il silenzio che seguiva le loro parole.
    Diana abbassò il capo scrutando il pavimento come alla ricerca di qualcosa.
    «Ce l’hai una ragazza, vero?»
    Harry alzò gli occhi su di lei sbalordito. Immediatamente, come un lampo, delle parole confuse si unirono formando uno strano ragionamento. I serpeverde quando è festa perdono il lume della ragione, la professoressa Devis era stata serpeverde, ergo: la Devis era fuori di testa.
    Lei alzò il volto, e lo guardò con i grandi occhi scuri, in attesa di una risposta.
    «Io… si!» ammise annuendo, in attesa dei risvolti assurdi di quella conversazione.
    «E chi è?» chiese tornando a guardare di fronte a lei. «Scusa… non ti dispiace se chiedo, vero?»
    Harry la fissò. Eppure sembrava normale!
    «Si, è Ginny Weasley…» rispose ancora un po’ titubante.
    La donna corrucciò la fronte ed annuì.
    Continuarono a camminare per qualche metro, finché la professoressa non riprese a parlare.
    «Mi spieghi una cosa?»
    «Certo.»
    «Hai… Hai una ragazza, le vuoi bene, credo, visto che è la sorella del tuo migliore amico…»
    Harry annuì, curioso dello strano ragionamento che gli stava proponendo la Devis.
    «Ecco, il fatto che non capisco è… la notte, in cui potresti stare con la tua ragazza e con i tuoi amici, in tutta tranquillità, a festeggiare… »
    Diana sospirò cercando le parole giuste per continuare. Si fermò, ed il ragazzo fece lo stesso, guardandola stranito. Lo scrutò attentamente, ancora incerta se continuare o meno, puntandosi due dita sulle labbra.
    «Mi spieghi perché stai cercando… Gloria?»
    Harry strabuzzò gli occhi e sorrise.
    «Devo parlarle!» rispose con semplicità. Ma la donna non la trovò comunque una risposta soddisfacente, anzi, sembrò ancora più preoccupata. Si chinò su di lui e gli poggiò le mani sulle spalle, scrutandolo negli occhi, alla ricerca di qualche risposta.
    Lui si incupì. Come mai la professoressa si stava inquietando così.
    «Harry…» gli disse scuotendolo leggermente come per svegliarlo. «È Halloween! Tu dovresti stare con la tua ragazza… non dovresti stare in giro per il castello cercando Gloria!»
    «Perché no? È mia amica!»
    La Devis sospirò e si morse le labbra.
    «Lo so! Ma cosa avrai di così importante da dirle, da non poter attendere domani?!»
    Harry sorrise, sentendo nuovamente l’euforia della scoperta fatta crescere dentro di lui.
    «Ho scoperto chi è suo padre!»
    La professoressa impallidì e la bacchetta le cascò a terra. La prese fulminea, tornado a guardarlo sconvolta.
    «Cosa vuol dire, in che senso hai scoperto….» disse tutto d’un fiato, passandosi una pano tra i capelli per trovare la calma.
    «Come in che senso?» chiese Harry sorpreso da quella improvvisa reazione.
    «Professoressa Dervis!»
    La voce di Piton lo fece ritrarre d’istinto. L’uomo avanzo verso di loro con delle falcate poco rassicuranti. Il volto teso e preoccupato era illuminato dalla luce perlacea della bacchetta che reggeva avanti a se, e si suoi occhi si puntarono veloci e maligni su di lui.
    «Potter! Che ci fa in giro a quest’ora?»
    «Sta con me….» cercò di difenderlo la Devis.
    «Non si impicci se è palese che non è come dice lei!» la raggelò lui. «Potter torna a letto, con te me la vedrò domani! Devis mi segua immediatamente, fare affidamento su di lei è come fare affidamento su un ceppo bagnato!»
    Harry non si mosse mentre il professore lo sorpassava, diretto nella direzione opposta alla loro.
    «Un momento Severus!» lo richiamò Diana «Harry mi stava spiegando una cosa!»
    Piton si fermò e si voltò di scatto facendo frusciare la veste.
    «Devis, è grave! È andata, ha risposto! Dobbiamo recuperarla, prima che sia troppo tardi!»
    La donna si coprì la bocca con le mani e sgranò gli occhi, terrorizzata. Il professore riprese a percorrere la strada che portava all’atrio.
    Harry guadò prima l’uno e poi l’altra. Che cosa stava accadendo di tanto terribile da sconvolgere la professoressa? Chi aveva risposto ed era andata?
    Due mani tremanti gli strinsero le braccia. La Devis lo guardava severa e risoluta.
    «Harry torna a letto immediatamente e non muoverti di lì! Chiaro?! Non ti permettere di disobbedirmi!»
    «Ma io….»
    «Non mi interessa, torna a letto senza fare storie!» lo rimproverò lei.
    «Ma che succede?» insistette grave, ma la donna non apprezzò e gli si avvicinò minacciosa.
    «Non sono cose che ti riguardano, fila nella tua sala comune e non ti muovere, ricordati che sono sempre una professoressa!»
    Si voltò di scatto e percorse di corsa il corridoio a ritroso, raggiungendo Piton, finché non scomparvero nel buio.
    A letto! Harry sbuffò, mettendosi le mani in tasca e camminando svogliatamente. Proprio adesso, con l’agitazione che gli avevano messo e la scoperta che aveva fatto e che doveva riferire a Gloria, doveva tornarsene a letto! Ma quando mai!
    Salì fino all’infermeria, come si era prefisso prima di incontrare la Devis, ma si accasciò sconfitto al muro del corridoio una volta constato che lì, di lei, non c’era neanche l’ombra.



     
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  11. Luisina
     
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    wowowowowow che avvincente!!!!! chissà che fa Gloria? comunque chappy bellissimo
    non ti preoccupare per il ritardo l'importante e che hai postato!

    a presto


    e posta presto
     
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  12. ioida
     
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    grazie! ecco il cap nuovo!

    17°. Perfetta.


    Scesi dal cielo come angeli demoniaci ora, i mangiamorte, la circondavano tra donne e uomini abbigliati a sera che si guardavano intorno spaesati. Ma loro non sembravano intimoriti, credevano che fosse una trovata fuori programma per intrattenerli per la serata.
    La nave si mosse leggera, con movimenti così fluidi e impercettibili, e prima che il capitano stesso se ne stesse rendendo conto, erano già lontani dal molo di Londra.
    Adesso gli illustri ospiti iniziavano ad allarmarsi.
    L’inaspettata comparsa di quelle strane figure a bordo, l’allontanamento dal porto e la notte che si faceva sempre più scura, come se le luci provenienti dalla riva si spegnessero al loro passaggio…
    Gloria alzò gli occhi al cielo.
    I dissennatori volteggiavano sopra di loro, tra le vele e gli alberi, come macabre fate di morte.
    E nonostante questo era calma, tranquilla. Forse era la fiducia in se stessa che le donava tutto quel sangue freddo; ma dovette ammettere c’era solo una cosa che la turbava: la sua assenza.
    Non sapeva che cosa voleva da lei, perché la avesse chiamata, perché la avesse voluta.
    Il fatto poi che i mangiamorte non accennarono ad attaccarla, nonostante la avessero individuata con estrema facilità, era un’ulteriore monito di attenzione.
    Era del tutto all’oscuro di quello che sarebbe accaduto, eppure sapeva che se la sarebbe cavata.
    Doveva semplicemente attendere, e questo la logorava sotto la calma apparente.
    Una goccia le bagnò il viso, eppure non c’erano nuvole sopra di loro. Si asciugò repentina, niente doveva distrarla. Eppure quando si guadò la mano….
    D’improvviso un urlo, seguito da tanti altri. Si voltò verso la prua dove indicavano diversi bracci tremanti alzati a mezz’aria.
    Il corpo decapitato di un uomo vestito di bianco ondeggiava pochi metri sopra le loro teste, simulando una danza macabra con la testa che vorticava intorno schizzando il sangue su tutta la gente sottostante.
    «Buona sera signori e signore.» una voce fredda, beffarda, uscita dall’inferno.
    Era lui.
    «Il vostro nuovo capitano, vi augura di passare una felice traversata verso la morte, in compagnia mia, e miei prodi e fedeli seguaci!»
    Altre urla si liberarono nel cielo scuro, confondendosi con le maligne risate degli uomini mascherati.
    La voce amplificata, sembrava provenire da ogni parte di quella spettrale coltre buia che aveva avviluppato la nave che, fino a pochi minuti prima, era un gioiello di luci. La gente si guadò intorno ancora più confusa, il terrore era oramai palpabile.
    Eppure… lì, proprio sul pontile superiore, avvertiva la sua presenza tra le ombre. Ma non poteva fare niente, doveva stare al suo stupido gioco, che a quanto pareva lo divertiva tanto.
    Un’improvvisa luce bianca la accecò e si ritrasse. Si guardò attorno. Non riuscendo a vedere nulla oltre quella pozza di luce in cui era immersa. Voleva confonderla, farla agitare? Mosse velocemente la bacchetta formando uno scudo protettivo attorno a se.
    «Che cosa fai? Non ti fidi me, di lord Voldermort?» la voce adesso sembrava veramente provenire da ogni lato, ma doveva restare ferma e concentrarsi. Per lui era solo un divertimento, lo stesso che poteva dargli un animale stranito e confuso in una gabbia. La voce continuò a parlare e si accorse di sentire solo quella. L’acqua che batteva sullo scafo, le voci terrorizzate dei passeggeri, le risate dei mangiamorte… tutto scomparso, cose se la luce che la circondava fosse fatta di materia concreta.
    «Del signore oscuro più potente di ogni tempo? Eppure tutto questo è per te, mia cara!»
    Silenziò. Scrutò con distacco il vuoto luminescente di fronte a se, per niente intenzionata a partecipare a quella farsa.
    «Che c’è? Non ti piace?» chiese melliflua e premurosa la voce. Gloria non si scompose, attese paziente. «Sei arrabbiata con me? Perché ti ho lasciato nelle mani di Silente, che ti ha rilegata tra i babbani? Povera piccola mia, io so quanto hai sofferto, cosa hai dovuto patire. So tutto…»
    Il silenzio cadde nuovamente.
    «Perché non mi parli? Lo sai, io non ti ho abbandonata, non volevo. Dopo tutti gli sforzi che ho fatto per averti…. Voi sapere di chi è la colpa della tua solitudine, del tuo rancore? Harry Potter….
    Se non fosse stato per lui, tu a quest’ora saresti cresciuta con me, tra le mie schiere. Saresti la strega più forte e potente del mondo. Ma adesso sono qui, finalmente dopo lunghe ricerche, ti ho ritrovata.
    Il rispetto, la potenza… la Gloria. Tutto ciò che desideri, tutto ciò a cui ambisci, è tuo di diritto…. Sangue del mio sangue, mia pari!»
    Il cerchio di luce si allargò fulmineo a tutta la nave. Le persone, il pontile, i seguaci, riapparvero ai suoi occhi in un lampo. La lui…
    Un brivido le percorse la schiena, e un sussulto impercettibile la scosse, ma che a Voldemort non sfuggì.
    «Bambina mia…»
    Dietro di lei, sul suo collo….
    «Sei perfetta!»

    Edited by ioida - 13/12/2008, 21:01
     
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  13. Luisina
     
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    aaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh questo si che è sconvolgente continua prestissimo sono in ansia!!!!!

    bel chappy
     
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  14. ioida
     
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    grazie!
    ecco qui il capitolo.


    18°. Weston.



    Il ticchettio dell’orologio, lento, inesorabile… come il suo respiro. Li sentiva entrambi.
    Nel silenzio tra lei e il preside di Hogwarts, gli sbuffi e i picchiettii dei vari oggettini d’argento, continui e regolari, ed i sospiri pigri dei precedenti presidi appesi alle pareti, che dormivano profondamente ancora inconsapevoli, segnavano una calma apparente e tremante nello studio circolare.
    Gli occhi azzurri non la lasciavano mai. La scrutavano dall’altro, attraverso gli occhiali a mezzaluna, impassibili e calmi.
    Come se non fosse successo niente, come se lei non fosse scappata da scuola per recarsi a Londra, tra le braccia di Voldemort.
    Ma anche Gloria sembrava insensibile ad eventuali conseguenze del suo gesto imprudente, e osservava disincantata un simpatico macinino panciuto d’argento e opali, che emetteva fumo chissà per quale motivo.
    D’altronde nessuno doveva sorprendersi ne adirarsi. Lei aveva avvistato, lo aveva sempre detto che prima o poi sarebbe risposto.
    Il preside si sedette dietro la scrivania, unì le punta delle lunghe dita affusolate pensieroso.
    «Come stai?»
    La sua voce risuonò chiara e gentile nello studio, imperturbata da pensieri ne rancore.
    Gloria alzò gli occhi su di lui. Chiunque avrebbe messo in soggezione lo sguardo azzurro del vecchio preside, e forse, se fosse stata quella di qualche anno prima, anche lei. Ma oramai non lo temeva. Forse disinibita da male che, giorno dopo giorno, la ammaliava e la chiamava a se.
    Gloria si mosse impaziente sulla sedia. Non le piaceva essere presa in giro, e già quella sera lo era stata abbastanza.
    «Hai ottenuto ciò che desideravi?»
    Gli occhi della ragazza si assottigliarono, scintillando di rabbia.
    «Secondo lei?»
    «Secondo me, se cerchi un perché, devi trovarlo dentro te stessa.»
    Lei distolse lo sguardo. Belle parole, tante belle parole. Non sopportava quell’uomo per questo.
    «Doveva fare il poeta o lo scrittore, non il preside!» lo freddò.
    Silente sorrise per niente offeso dalla sfacciataggine e dalla confidenza presa dalla ragazza.
    «Grazie, in effetti mi piaceva molto scrivere, anche se non ero un granché. Ma forse sono ancora in tempo!»
    Gloria non si scompose, tornò a guardare gli occhi ora ridenti del preside.
    «Chiedo scusa per il di saggio arrecato a lei, e a tutti coloro che si sono scomodati per venirmi a “recuperare”!» disse risoluta senza ombra di pentimento nella voce. «Se ha qualcos’altro da dirmi…»
    «In effetti, ci sarebbe molto da dire…» riprese Silente sorridendo affabile. «Dopo tutto, la notte è giovane, sono da poco le due, giusto?»
    «Giusto.»
    Il preside la scruto cercando di capire fino a che punto poteva arrivare con quella ragazza.
    «Quello di questa sera è stato un tuo diritto e, se deciderai di andare ed unirti a lui, non potrò fermarti. Sei libera di fare ciò che ritieni più giusto e consono a te.
    La mia unica funzione, in questo momento, è quella di accertarmi che tu sia pienamente cosciente delle conseguenze dei tuoi gesti, presenti e futuri. Sai cosa significa?»
    La ragazza di fronte a lui annuì in attesa.
    «Sai cosa comporterà il gesto di questa sera? Voldemort ha fatto di tutto per renderlo visibile ed eclatante. Un palcoscenico per farti debuttare. La gloria a cui ti ha innalzata questa sera, era un inno a se stesso.»
    «Il mio nome di battesimo, è rimasto quello originario, vero?»
    «Certo.» annuì Silente. «Non mi sembrava giusto cambiare il tuo nome.
    Fatto sta che, ti ha permesso di tornare ad Hogwarts, ma solo perché così sarai tu stessa a unirti a lui volontariamente ed in piene coscienza. Da domani tutti verranno a sapere ciò che è successo e della tua parentela. Lo sapevi, sei pronta ad affrontare l’opinione ed i giudizi della gente? È una situazione molto pesante da sopportare.»
    «Non mi importa, la gente può pensare quello che vuole.» rispose prontamente con determinazione.
    «Non è solo questo, lo sai…. Molti genitori insisteranno per sospenderti, non ti vorranno a scuola, vino ai loro figli.»
    Gloria vacillò. Non poteva lasciare Hogwarts, e non aveva alcuna intenzione di piegarsi al volere di suo padre. Si sporse leggermente in avanti. Si stava agitando e non voleva.
    «Lei non lo permetterà, vero?»
    Era quasi supplichevole. Non poteva fargliela pagare così.
    «No.» rispose con tono secco Silente. «Finché sarò il preside di questa scuola, nessun alunno verrà cacciato.»
    La ragazza ricadde sulla sedia sollevata.
    Il preside rise.
    «Certo, i genitori faranno leva sulla sospensione perché sei uscita in un orario extra scolastico, ma non sono loro a decidere la punizione… giusto?»
    «Che devo fare allora?» chiese la ragazza stancamente.
    Gli occhi dietro le lenti brillarono.
    «Continuare le ripetizioni con Harry Potter!»




    Ron si sedette pesantemente sulla sedia e sbuffò, scandagliando il tavolo di grifondoro alla ricerca di qualcosa di abbastanza delizioso da attirare la sua attenzione e rianimarlo.
    «Che è quella faccia?»
    Ron alzò gli occhi sulla ragazza, con una massa di capelli mossi, seduta davanti a lui .
    «Ho sonno!»
    «Non dicevo a te!» lo corresse incurante Hermione, prendendo il giornale della mattina che le porgeva un gufo appena planato.
    Ginny sbuffò sonoramente e iniziò a spalmare un intero barattolo di marmellata alle pesche su un'unica fetta biscottata. Era infuriata. Anzi più che infuriata. Non sapeva neanche lei quanto. Quella e ancora quella!
    La sera di Halloween Harry le diceva di essere stanco, e dopo un quarto d’ora, era già allegro e pimpante che scappava da lei!
    «E me lo chiedi pure!» iniziò a dire pronta a sfogarsi con la sua migliore amica. «Non lo hai visto ieri ad Harry?!»
    Ma Hermione non rispose. Era rimasta ammutolita dietro la pagina di giornale, e nessuno dei due amici, ne il ragazzo che arrivò in quel momento, videro il suo volto sbiancare.
    «Ciao! Che c’era da vedere ieri sera?»
    Harry si sedette accanto alla propria ragazza, sorridendole ed iniziando a servirsi di latte e caffè.
    «Cosa c’era de vedere?!» fece Ginny fulminandolo con lo sguardo. «L’hai trovata la tua amichetta ieri?»
    Harry non fece caso al tono e abbassò gli occhi, triste.
    «No, non l’ho trovata! Ma tanto adesso la vedo a…»
    Hermione abbassò il giornale con uno scatto, attirando l’attenzione dei tre. Sembrava sconvolta, e boccheggiò diverse volte prima di riuscire proferir parola, con voce fioca.
    «Non la avresti mai potuta trovare ieri…. Non era qui!»
    Harry si accigliò. Le parole di Piton della sera prima, gli tornarono in mente, ma le scacciò.
    «In che senso?» disse Ron con la bocca piena.
    Hermione girò il giornale verso di loro.
    La brioche cadde dalle mani di Ron che leggera sconvolto la notizia in prima pagina come Ginny, che, con il coltello che colava marmellata ancora a mezz’aria, stava sporcando tutta la tavola.
    Tutta la Sala Grande sembrava intenta a leggere il Profeta, visto che il silenzio gradualmente calò.
    Hermione alzò gli occhi preoccupati su Harry che, data un’occhiata all’articolo in prima paggina, riprese tranquillamente a fare colazione.
    «Harry!» lo richiamò lei dubitabile. La reazione dell’amico non le piaceva. «Hai letto?»
    Harry addentò una fetta di torta al cioccolato, e alzò gli occhi sorpresi sull’amica. Annuì convinto e continuò.
    Hermione recuperò il giornale dalle mani dei due rossi, che la guardarono stralunati, e glielo piazzò davanti.
    «Ci leggi Harry?!» chiese scossa, agitandoglielo ad un palmo dal naso. «Halloween di terrore a Londra. Colui-che-non-deve-essere-nominato rivela il suo erede!»
    Hermione ritirò il giornale, ed iniziò a leggere l’articolo, sempre più agitata dall’assenza di reazioni da parte dell’amico, che continuava a guardarla indifferente.
    «Londra- ore undici. Il grande evento babbano sulle rive del Tamigi si è trasformato in un palcoscenico di terrore. Per fortuna, il numero delle vittime è ridotto ad uno, il capitano della nave, allestita per l’inaugurazione…. L’apparizione dei Mangiamorte, e la presenza stessa di Voi-sapete-chi, che ha approfittato per mostrare al mondo non magico, non solo la sua incombente minaccia, ma anche la sua nuova recluta, forse la più importante e pericolosa, visto che si aggira indisturbata tra le mura di Hogwarts, e che ieri sera si è presentata sul Victory. Gloria Weston (17 anni, studentessa al sesto anno), secondo fonti certe, sarebbe l’unico e solo erede che Voi-sapete-chi abbia generato, “la figlia del diavolo” a detta di molti, per riuscire a raggiungere i suoi loschi fini -e molto probabilmente per aiutarlo a compiere la profezia sul prescelto- e prendere il potere dopo di lui. Inoltre, già qualche anno fa, ad Hogwarts, ci fu un episodio molto rilevante ed indicativo sulla vera natura di questa ragazza, e che è, e fu, deliberatamente ignorato. L’apertura della camera dei segreti che, proprio grazie ad Harry Potter fu sventata la tragedia, sarebbe proprio da attribuire a lei….»
    «Basta Hermione!» Harry la bloccò. Era molto più interessato alla colazione che a certe fandonie. «L’ho letto, non c’è bisogno che lo rileggi! È veramente carino e fantasioso, devo ammettere!»
    I tre lo guardarono increduli.
    «Che c’è?» chiese lui sentendosi osservato. «Non crederete veramente a quello che dice il Profeta?! Sono un mucchio di scemenze, lo sapete bene quanto me!»
    Hermione abbassò lentamente il giornale sul tavolo. Lo guardò comprensiva. Dopo tutto era normale reagire così, anche lei non ci poteva credere ancora.
    «Harry, questa non può essere una sciocchezza, non quando è così grande. Tu stesso hai appena finito di dire che, ieri sera, quando sei andato a cercarla, non l’hai trovata…»
    «E con questo?» Harry le lanciò uno sguardo di fuoco. Stava iniziando ad averne abbastanza. Le parole di Piton si ripetevano nella sua mente costantemente.
    Sbatté il tovagliolo sul tavolo e si decise a dire la sua.
    «È assurdo, te ne rendi conto, eh Hermione?! Voldemort che ha dei figli! Ma siamo fuori? Magari così quando passa a miglior vita gli lascia il posto!» sbottò seccato. «Certe volte sembra che non ragioni! Quello il posto non lo divide con nessuno, e non lo molla neanche per morire! E poi figurati… Gloria!»
    «Quello che si rifiuta di ragionare sei tu!» disse Hermione offesa. «Hai le prove che lei era là su quella nave ieri sera, ci sono pure le foto, e tu stesso sai benissimo che è così!»
    «E anche se fosse?!» Harry alzò la voce senza accorgersene, sempre più indispettito. «Va bene, era lì! Ma per il resto, è del tutto assurdo!»
    Hermione si alzò con uno scatto e batté le mani sul tavolo, attirando l’attenzione di mezzo tavolo. Si chinò su di lui, e parlò solo quando gli altri tornarono alle loro faccende.
    «Come fai a dirlo?! Secondo te l’ha invitata per prendere un tè?»
    «Posso dirlo benissimo, perché so per certo che Gloria è figlia di un auror di nome Conan Weston!» Hermione sembrò vacillare, ma poi lo guardò stranita, come se non capisse se quello che aveva di fronte fosse veramente il suo amico Harry. Scosse la testa ancora incredula.
    «Harry….» disse cercando le parole migliori per esprimersi, senza che scattasse furioso. Ma Harry si alzò da tavola senza più guardare nessuno e prese la sua borsa dei libri.
    «Credici Hermione, fai come pensi sia giusto! Ma ti ricordo che la gazzetta, fino a qualche mese fa, mi diffamava, ed adesso non perdono occasione per lodarmi e chiamarmi prescelto!»
    La ragazza incrociò le braccia al petto, e lo guardò darle le spalle, infervorata e con gli occhi lucidi.
    «Almeno loro hanno le idee molto più chiare delle nostre!» gli urlò con la voce rotta da un improvviso singhiozzo.
    Harry si fermò. Sapeva bene a cosa si riferiva.
    Ancora non aveva parlato con loro della profezia, ed un improvviso senso di colpa lo colpe costringendolo a abbassare il capo.
    Un altro singhiozzo di Hermione gli fece tremare il cuore.
    Strinse la fibbia dello zaino non trovando il coraggio di voltarsi e guardare.
    Hermione. Aveva ferito lei, lei che gli era stata sempre accanto, nonostante le liti tra lui e Ron, che si divideva e faceva di tutto per gli amici.
    Perché non aveva ancora avuto l’opportunità di parlarle, di confidarsi con lei.
    Avanzò determinato verso l’uscita. Era l’orgoglio a guidarlo, a dirgli forte e chiaro che non era tenuto a dire e a confidarsi con lei ne con nessun’altro. Dopo tutto, riguardava solo ed esclusivamente lui quella dannata profezia!
    Prese a salire le scale di corsa senza badare a chi gli stava intorno.
    Era un verme! Si sentiva un verme!
    Aveva trattato male le sua migliore amica, ignorando il suo dolore. Aveva tradito lei e Ron escludendoli in quel modo.
    Arrivò nella classe di difesa e si sedette all’ultimo banco, ormai suo posto.
    La classe sarebbe stata vuota se non fosse stato per la figura aggraziata della Devis, seduta dietro la scrivania.
    «Harry!» disse alzando la testa dai molteplici fogli che la circondavano. Il suo sguardo si addolcì, era proprio la persona che voleva incontrare. Si alzò e gli si avvicinò un po’ titubante, togliendosi gli occhiali con un gesto fluido. Si sedette sul banco di fronte al ragazzo e lo osservò incupito e mogio.
    «Vuoi parlare?»
    Harry alzò il capo, guardandola con gli occhi verdi velati di tristezza e rammarico.
    «Come stai?» gli domandò gentilmente.
    «Uno schifo!» ammise spostando lo sguardo altrove.
    «Capisco….»
    «Li ho trattati malissimo!» aggiunse facendo corrucciare la fronte della professoressa, che non capì a cosa si stesse riferendo.
    «Chi?»
    «Ron e Hermione. Li ho esclusi, senza neanche accorgermene, e li ho fatti soffrire.»
    «Oh! Questo!» disse sorpresa la Devis sorridendogli. Questa volta toccò ad Harry guardala senza comprendere, ma poi gli fu chiaro.
    «Anche lei con questa storia!?» disse esasperato. «Non ci crederà anche lei!?»
    «Io non ci credo, io lo so!» confermò la donna.
    «Io invece sono del contrario!»
    «Ieri sera a che cosa ti riferivi, allora?» disse Diana curiosa, aggrottando la fronte e poggiando i gomiti sulle ginocchia.
    «Ho scoperto che il padre di Gloria è Conan Weston! Ho controllato, le date coincidono, il cognome è lo stesso!»
    Gli occhi della donna si spensero a sentire quel nome, e fuggirono da quelli di Harry.
    Diana si ritirò con gesti impacciati e, cercando di essere il più naturale possibile, si mise gli occhiali sul naso e scese dal banco, voltandosi per tornare alla cattedra. Le faceva ancora troppo male sentire quel nome, ripensare a quella persona.
    Harry osservò il suo cambiamento preoccupato.
    «Professoressa…. Ho detto qualcosa che non va?»
    Lei si fermò a metà strada. Doveva dirgli di lasciare stare le sue stupide congetture, di credere alla verità e basta.
    «Come sei venuto a sapere di…» ma non riuscì a pronunciare il suo nome, nonostante tutti quegli anni.
    «Per caso.» ammise Harry.
    «Cosa sai?»
    Il suo tono era freddo e distaccato, sembrava quasi non provenire da lei, ed Harry per un attimo ne dubitò pure, visto che gli dava le spalle.
    «Che era un capo degli auror. Perché professoressa?»
    Lei sospirò stancamente, cercando di scacciare le lacrime che risalivano veloci. Doveva farsi forza.
    Si voltò verso il ragazzo determinata, imponendosi di essere risoluta, e chiarine una volta per tutte quella vecchia storia.
    «Conan Weston, capitanava gli auror che furono incaricati di trovare e togliere dalle mani di Tu-sai-chi, la bambina che concepì. Quando la trovarono però, qualcosa andò storto….»
    Abbassò lo sguardo. Era stremata al solo ricordo, ma doveva fare un ultimo sforzo.
    «L’intervento di Weston fu fondamentale, si sacrificò per tutta la squadra e per lei. È stato un eroe. È fu più che giusto e dovuto darle il cognome di chi la salvò, come se ne fosse stato il padre!»
    Con gli occhi spalancati, incredulo alle parole che vagavano ancora nell’aula, Harry non si accorse della porta che si apriva e dei ragazzi del suo anno che incuranti di lui, e della consapevolezza che a mano a mano lo impadroniva meschinamente, entravano nell’aula parlando della notizia pervenuta quella mattina.
    La professoressa avanzò verso di lui e gli poggiò una mano sulla spalla.
    Non poteva essere, non riusciva a capacitarsene, eppure dei dubbi sempre più insistenti protestavano per essere considerati.
    «Harry, credo che Silente ti stia aspettando, ti deve parlare!»
    Chinò il capo. La ragione stessa era divisa in due.
    Si scrollò la mano della Devis di dosso, infastidito da tutta quella confusione. Adesso perché si sentiva deluso? Perché gli veniva da piangere?
    Alzò gli occhi. Ron ed Hermione erano seduti come al solito al primo banco, gli davano le spalle. Si sentiva solo.
    Una lacrima gli scese silenziosa sul volto pallido.
    Non era vero! Non era vero! Non è vero! Si ripeteva nella mente quasi ossessivo.
    Non ci avrebbe creduto neanche se glielo avesse detto Voldemort stesso.
    «Harry!» la professoressa lo guardò preoccupata.
    Afferrò lo zaino ed uscì dall’aula senza ascoltare più niente e nessuno.
    Non gli aveva detto niente! Gli aveva mentito!
    Non era possibile.
    Dopo che lui le aveva detto della profezia, cosa che non aveva fatto con i suoi migliori amici. Si era fidato.
    Non era assolutamente possibile.
    L’aveva creduta sua amica, e lei invece gli aveva mentito per tutto il tempo.
    No, era tutta un’assurda bugia.
    Il tradimento bruciava più di mille verità.
    Raggiunse in brevissimo tempo l’ufficio di Silente, sorprendendosi lui stesso.
    Bussò, non bussò, non se ne accorse nemmeno. Fatto stava che adesso si trovava faccia a faccia con il preside, che lo scrutava coi suoi occhi azzurrissimi da dietro gli occhiali a mezzaluna.
    «Ti aspettavo, accomodati!»
    «Perché? Perché non ne sapevo niente?!» esordì gettando la borsa vicino alla sedia.
    «Ti interessava?» domandò sorpreso il preside.
    «Diamine! Ci ho passato gli ultimi due mesi, ininterrottamente!»
    «Ed il problema?»
    Harry lo guardò infuriato. Possibile che non capisse?
    «Non è vero! Non è vero niente! Sono solo un mucchio di sciocchezze!»
    Silente sorrise e si adagiò allo schienale della poltrona.
    Harry si sedette esausto di fronte a lui, passandosi una mano tra i capelli, che divennero ancora più indomiti.
    «Perché non è vero?»
    Il ragazzo alzò gli occhi guardandolo confuso.
    «Ma stiamo parlando di Voldemort! Perché mai vorrebbe un erede? Come si può fare un figlio senza amore!?»
    «Esatto, Harry. È proprio questo il punto!»
    Harry si rabbuiò.
    «Cosa vuole?»
    Gli occhi di Silente brillarono soddisfatti. Harry aveva capito al volo.
    «È andata proprio per questo ieri. Ha fatto lo stesso tuo ragionamento, ed ha voluto constatare di persona!»
    «Ma è assurdo!» insistette Harry agitandosi sulla sedia. «Cosa può mai volere da lei? Vuole raggiungere me?»
    «No, non credo proprio! L’intenzione di generare qualcuno col suo stesso sangue, l’ebbe anni prima che la profezia venisse pronunciata.» ammise il preside congiungendo le punte delle lunghe e sottili dita. Sospirò stancamente e, per un attimo, sembrò gravato da qualche pensiero lontano.
    Harry si agitò sulla sedia cercando una spiegazione plausibile.
    «Forse per riaprire la camera dei segreti?» Ipotizzò.
    La fronte di Silente si corrucciò e il suo sguardo si incupì.
    «Questa ipotesi è molto interessante in effetti, ma è in parte sbagliata.
    Quando Tom Riddle aprì la camera dei segreti, non era per niente intenzionato ad avere un erede che svolgesse per lui questo compito. Per questo il diario. Ma credo che con il tempo qualcosa sia cambiato…. Quando Voldemort ha tentato di tornare utilizzando la pietra filosofale, come sai bene, ha vissuto nel corpo del professor Raptor, potendo cercare lui stesso all’interno di Hogwarts. Ma non stava cercando solo la pietra, Harry. Cercava anche la bambina che gli era stata tolta.
    Non sapeva chi e come fosse. Era cosciente che l’avevo completamente mimetizzata per non fargliela individuare.»
    Harry seguì attentamente ogni parola, ancora basito. Un cenno di sorriso comparve sul volto dell’uomo dalla lunga barba argentea.
    «Sai chi credeva che fosse? »
    Scosse la testa incuriosito.
    «Una strega molto dotata, dalle origini babbane e che fosse nata alla fine si settembre…. La sua amica, la signorina Hermione Granger.»
    Il preside sorrise nel vedere la faccia stupefatta del giovane, che lo guardava con gli occhi spalancati.
    «Cosa?!» farfugliò sgomento. Proprio questa non se l’aspettava.
    «Trovava curioso che, una ragazza di origini babbane, potesse dimostrarsi così portata. Inoltre l’età coincideva. Infatti, l’anno dopo, non mi fece attendere la conferma di questa mia ipotesi. Il diario di Tom Riddle era destinato a lei, non alla Signorina Weasley.»
    Harry ascoltò quella notizia con la bocca spalancata e gli occhi da fuori.
    «Ma per quanto potessi nasconderla, Voldemort infine ha capito che non doveva guardare troppo lontano per trovarla. L’unica cosa che ho fatto, è stata quella di cambiarle il cognome, e affidarla ai babbani che l’avrebbero tenuta lontana da discriminazioni e attenzioni sbagliate, dandole il tempo di crescere prima di doverle affrontare. Come ho fatto con te, anche se lei ha avuto un po’ più di tempo.»
    Il ragazzo si accasciò sulla sedia guardando un punto indefinito davanti a se, cercando di mettere in ordine tutte quelle rivelazioni che sembravano bombardarlo.
    «Allora che cosa vuole da lei?»
    «È il mio tarlo fisso da anni. Non riesco a concepire quale assurdo piano lo abbia mosso. Ho basi salde per dubitare che sia stato l’amore il movente, concetto per lui astratto!»
    Harry scosse la testa, e una risata vuota lo scosse e si passò una mano sul viso.
    «È assurdo! Continuo a non crederci!» sbottò guardando il preside nella speranza che annuisse e gli desse ragione.
    «Puoi anche non crederlo, sei liberissimo di farlo. Io mi fido di te!» esordì Silente. «Ma devo chiederti un’unica cosa, forse troppo da parte mia, ma è molto importante.»
    Harry si sentì improvvisamente a disagio. Si strofinò le mani nervosamente e si mise dritto.
    Silente si fidava di lui, e non aveva nessuna intenzione di deluderlo.
    «Non abbandonare le lezioni con Gloria. So che non lo avresti fatto anche se non te lo avessi chiesto, ma voglio che tu capisca!»
    L’uomo si adagiò allo schienale stancamente, scrutandolo fiducioso.
    «Non deve restare sola!»
    «Devo controllarla?» chiese Harry un po’ interdetto. «Potrebbe essere dalla parte di….»
    «No, no!» Il preside rise. «Gloria non è dalla sua ne dalla nostra parte. Lei è a se stessa. È cresciuta in solitudine, per carattere, e si muove da sola.»
    Harry ripensò alla sera che la aveva vista nella sezione proibita, alla sera prima, alle parole di Draco Malfoy, della Parkinson….
    «Ha un mondo tutto suo, nel quale nessuno può entrare senza il suo permesso.»
    Strinse i pugni e i suoi occhi si accesero d’ira.
    Zabini.
    «Non la lascerò!» disse con una nuova determinazione. «Ne sia certo!»
    Silente guardò Harry orgoglioso.
    Non si poteva aspettare altro da lui.
    «Te la affido!»
     
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  15. Luisina
     
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    stramagnifico!!! bravissima wow continua presto!
     
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