Harry potter e l'anima spezzata

6° anno, H, R, Hr, G, D, Voldy, nuovi personaggi

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  1. Luisina
     
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    che bello il capitolo finalmente harry ha trovato Gloria però spero che si risvegli!
     
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  2. ioida
     
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    si ^///^ scusa per il ritardo. adesso, dopo aver pensato che il mio computer fosse morto, mi posso rimettere a lavoro.
     
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  3. Ja94
     
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    Bellissima ff ti prego continua a scrivere!!!
     
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  4. ~ Avril <3
     
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    Bellissimo capitolo, continuala presto! <3
     
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  5. ioida
     
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    ciao raga'! come sempre sono stata lentissima e chiedo scusa ma sono incasinata, la testa chissà che cosa mi fa dire XD!
    cmq grazie mille a avril (belle firma, mi piace la coppia ;) ), a ja94 ( :shy: grazie, certo che la continuo, non mollo! :sofigo: ), luisina (quanta pazienza te che mi segui dall’inizio), a molly ed edna_mode.
    Ecco il nuovo capitolo, scusate gli eventuali orrori :D …..



    25°. Pesciolino rosso.

    «Oggi anche se è domenica mi sono alzato presto, per allenarmi.
    Sembravo un idiota, lanciavo incantesimi contro una parete vuota alle sette del mattino. Però ho trovato un modo carino per perfezionare la mira: cerco di centrare le ragnatele agli angoli del soffitto.
    Poi però sono finite e ho fatto dei cerchi con il gesso sul muro…. Ho fatto 130 punti, non male, vero? È divertente, magari diventa uno sport, dovresti provar…
    Venerdì la Devis ci ha insegnato un incantesimo veramente simpatico, e poi ci ha fatto duellare. Ho fatto coppia con Mcmillan, una noia! …. Te l’avevo detto già, vero! Comunque, alla fine è più interessante il gioco che mi sono inventato stamattina….
    È un po’ come giocare a ping pong, anche se… Mi hai fatto venire un’idea geniale! Potrei rendere la parete riflettente…. Si dice riflettente?! Va beh, capito no? Così l’incantesimo torna indietro e lo schivo… magari potrei rendere tutte le pareti così….
    Ok, forse è un po’ esagerato… e anche un po’ triste! Poi vedo cosa mi posso inventare.
    Invece pozioni sono arrivato a fare il settimo capitolo. Non l’avevo capito molto bene, ci ho speso su tutto un pomeriggio, e mi sa che ancora non mi è del tutto chiaro quel fatto del doppio del singolo…. Cavolo, l’ho cercato ma gli altri libri sembrano ancora più difficili! Ma devo farcela! Voglio superare quell’esame di pozioni!
    Dopo tutto sono a buon punto, tra qualche giorno inizieranno le vacanze di natale e potrò dedicarmi completamente anche la mattina.
    Mi sa che resteremo solo io e te qui ad Hogwarts per queste vacanze!
    La signora Weasley mi aveva invitato alla Tana….
    Ieri pomeriggio sono sceso un po’ ad Hogsmead a fare due passi. Sai, dovevo andarci con Ginny, glielo avevo promesso….
    Ti ho preso questo. È un peluche, non sapevo che colore scegliere e l’ho preso rosso.
    Ti piace il rosso? A me si, è il mio colore preferito! Quello di Hermione è il turchese, mentre quello di Ron è l’arancio… ma sicuramente l’avrai capito da sola, ha tutta la stanza tappezzata d’arancione! Ricordi vero? Mentre Ginny adora il verde, il verde speranza….
    Non so il tuo però! Non ne l’hai mai detto. Non ne abbiamo mai parlato, forse non abbiamo mai parlato.
    Ho pensato al verde smeraldo, ho notato che porti spesso la divisa, forse perché ti piace il colore. Però c’era solo un brutto verde acido, e poi per un pesciolino è sempre meglio il rosso, no?
    Ecco… lo metto qua acconto a te sul comodino, così ti fa compagnia la notte o quando sono a lezione e non ti senti sola…»
    «Signorina Wesley, ha bisogno di qualcosa?»
    La voce improvvisa dell’infermiera lo fece trasalire. Cosa ci faceva Ginny lì?
    Rimase immobile seduto sul letto ad ascoltare ogni suono che arrivava da oltre la bianca tenda tirata davanti a lui e che lo nascondeva dal resto dell’infermeria e del mondo.
    «Ehm…. Ho un leggero mal di testa! Non è che può darmi qualcosa?»
    Una bugia più palese di quella non poteva dirla. Ginny era brava a mentire, ma a quanto pareva l’infermiera doveva averla presa alla sprovvista.
    «Va bene!» disse Madama Chips poco convinta. «Resti qui, io vado a vedere nel mio ufficio….»
    Quando sentì i passi dell’infermiera allontanarsi, Harry trattenne il fiato certo che, da un momento all’altro Ginny, approfittando di quel momento, avrebbe ficcato il naso in giro per trovarlo.
    Si girò istintivamente verso la figura immobile e placida nel letto e gli fece segno di tacere. Cosa stupida, ma da quando aveva preso l’abitudine di andare a trovarla e parlarle, per avere quel poco di compagnia da quando aveva deciso di restare solo, era diventato quasi normale rivolgersi a lei come se fosse cosciente. Forse, più che altro, era un suo bisogno di avvertire un feedback.
    Comunque ne era certo! Ginny lo stava cercando, era lì per lui!
    Doverlo averlo seguito e visto entrare in infermeria per scoprire cosa stava combinando.
    Ginny era testarda e anche un po’ troppo tenace. Non si voleva arrendere al fatto che lui avesse deciso di chiudere i ponti con loro, o meglio con lei. Con lei che era la sua ragazza!
    I suoi passi si avvicinavano sempre più, li sentiva.
    Pregava con tutto se stesso che Madama Chips si sbrigasse a prendere quello che doveva prendere nel suo ufficio, e che la fermasse prima che arrivasse da lui, o meglio da lei…
    Un ombra iniziò a delinearsi sul tessuto candido della tenda.
    Strinse tra le dita la coperta in un gesto nervoso.
    La sua mano si allungò verso la tenda…
    «Signorina!»
    Ginny si fermò.
    «Si!»
    Harry tirò un sospiro di sollievo e si rilassò afflosciandosi su se stesso. Appena in tempo!
    Ginny tornò sui suoi passi scocciata. Prese di malavoglia la pozione che le porse Madama Chips e se ne uscì dall’infermeria sbuffando, ma Harry ne era certo, non era finita.
    Si voltò vero la ragazza addormentata accanto a lui
    «Mi sa che staremo un altro po’ di tempo insieme Gloria! Sai com’è Ginny, scommetto quello che vuoi che sta là fuori ad aspettare che io esca! Secondo te quanto resisterà prima di tornarsene al dormitorio? Io dico un’ora, quindi abbiamo un’ora tutta a disposizione!» disse Harry strofinandosi le mani sul tessuto ruvido dei jeans per riscaldarsi con aria disinvolta. «Comunque, stavo dicendo, che non mi hai mai detto qual è il tuo colore preferito, quindi ho fatto a modo mio; spero che il rosso vivo ti piaccia!»
    Sorrise ma quella piccola curva flebile che si delineò sulle sue labbra si spense in una smorfia amara.
    Ginny. Aveva detto addio alla sua Ginny per sempre o, perlomeno, fino a quando non sarebbe stato libero da quella maledizione che era la profezia.
    Erano passate oramai settimane da quando aveva detto addio a lei ed a Ron e Hermione, e già sognava quel giorno in cui sarebbe finalmente potuto tornare da loro, sempre se l’avessero ancora voluto. Ron, come c’era da aspettarsi, non aveva preso bene la sua decisione, e Hermione aveva cercato di essere comprensiva per quanto le riusciva.
    E mentre gli altri avevano deciso di fidarsi, Ginny invece ancora insisteva a parlargli e volva sapere per forza la ragione di quella presa di posizione.
    Era arrivata addirittura al punto di tendergli delle trappole, degli agguati veri e propri. Spuntava all’improvviso quando meno se lo aspettava, insisteva a parlargli durante i suoi poco riusciti pranzi solitari (anche se lui cambiava continuamente orario per evitarla), e aveva pure giocato la carta della seduzione. Infatti, proprio il mercoledì della settimana precedente, mentre stava chino sul libro “Pozioni che spasso”, chiuso nella piccola aula pervada dall’odore acre della pozione levigante, lei era entrata e, con fare innocente, si era seduta sul banco dove stava studiando accavallando le gambe lasciate con accurata generosità scoperte da una gonna scura.
    “Ciao Harry.” aveva iniziato a dire lei con la vocina di una bambina. “Come va? Hm…. Non hai voglia di parlare con me?”
    Iniziò a giocherellare con il collo della sua camicia, nonostante lui si fosse scostato per farle capire che non attaccava e si fosse mostrato freddo e distaccato come al solito.
    Ah, i dolci e piccanti agguati di Ginny!
    «Credeva veramente che sedendosi sulle mie gambe e provando a baciarmi io avrei ceduto!» disse con un sorriso un po’ amaro a quel ricordo.
    Voltò leggermente il capo verso la ragazza che placida accanto a lui continuava a dormire in un sonno profondo, e in quell’attimo lo travolse la sua indifferenza.
    Era stato proprio quell’ultimo incontro con Ginny che l’aveva portato ad andare a farle visita ogni sera, e a confidarsi con lei, a parlarle come se potesse sentirlo.
    Non era stato solo il semplice fatto che Ginny avesse provato a baciarlo con insistenza a portarlo a non fare più semplici visite. Vedere Ron e Hermione insieme nella sala comune o a lezione senza sapere come stavano, di che parlavano…. Era escluso, e doveva restare così per il loro bene.
    E adesso, dopo sere passate a parlare con Gloria, a raccontarle le sue giornate, le lezioni, si rendeva conto che lei non lo poteva ascoltare.
    Gli appariva quasi lampante ora la sua solitudine, aveva come l’impressione di parlare ad una fredda lastra di marmo bianco.
    Chiunque sarebbe rimasto incantato dalla sua bellezza intrappolata tra il quieto e l’inquieto, ma lui semplicemente non ci faceva caso, anche perché in certi momenti la sua vena di cinismo la semplificava ai suoi occhi soltanto come una morta; e per lui non sarebbe cambiato molto dal parlare con la lapide di Sirius o quella dei suoi genitori.
    Forse era la sua pelle sempre più pallida a dargli quell’impressione, o la sua immobilità.
    Solo il leggero e quasi impercettibile movimento del petto faceva intuire il respiro che la distingueva da una statua di marmo. Anche la sua mano era fredda sotto le sue dita che accarezzavano distrattamente per trasmetterle calore.
    «Chissà se sogni, se mi senti….»
    Prese il pesciolino rosso dal comodino e lo mise sotto la mano gelida di lei, come se volesse simulare una carezza.
    I capelli scuri erano sparsi sul cuscino candido come a formare una corona.
    Sembrava la principessa Aurora, la stessa bellezza, ma le labbra esangui tradivano l’illusione di una favola dove era contemplato il risveglio grazie ed un semplice bacio, e rivelavano la dura realtà di una non morte in uno stato di incoscienza.
    Era così perfetta, curata come una preziosa bambola di porcellana chiusa in quella teca di vetro che dava sul grande parco tinto di bianco dalla neve di dicembre.
    «Ultimamente faccio sogni strani» disse dopo un po’ tornando a guardare altrove. «Mi trovo in una scuola babbana ed è tutto grigio e sono piccolo…. Però la scuola è vuota, non c’è nessuno ed è sempre buio. Finiscono sempre come iniziano, percorro il corridoio fino ad una finestra alta e quando guardo fuori tutto scompare.» si sistemò gli occhiali sul naso con un gesto meccanico e la guardò.
    «Spero per te che tu faccia sogni migliori!» sbottò seccato giocherellando con i bottoni della camicia lasciata fuori dai pantaloni. «Perché questi sono decisamente deprimenti, ma a volte sono sempre meglio di altri devo ammettere. Non è piacevole sognare quasi ogni notte di parlare e stare con Ron e Hermione o abbracciare Ginny e svegliarsi la mattina con la consapevolezza che è solo un sogno… è frustrante! Cioè, a questo punto è meglio non sognare affatto, almeno non mi deprimo!»
    Gli tornò in mente il ritornello di una canzone di uno dei tanti film animati che si era visto quando era piccolo a scuola. Doveva essere cenerentola o cosa?
    «Gloria, ti ricordi come faceva quella canzone, quella di cenerentola?» disse corrucciandosi nello sforzo di ricordare. «I desideri sono…. Ecco: I sogni son desideri! Beh, in effetti aveva ragione, è vero!»
    Si guardò intorno senza sapere più che dire e rimase in silenzio per un po’ di tempo riposandosi un po’. Almeno non c’era il rischio di incorrere in quei silenzi imbarazzanti che tanto odiava.
    «Domani di nuovo a lezione, che palle!» sbuffò e guardò il soffitto portando in dietro le braccia. «Ho ancora un sacco di relazioni da fare, almeno prima me le copiavo un po’ da Hermione o le facevamo insieme subito subito!»
    Dopo un po’ sentì ciabattare nella sua direzione. Madama Chips scostò leggermente le tende sbirciando dentro, come se temesse che qualcuno di indefinito riuscisse a vedere cosa nascondevano e, stringendosi nella vestaglia i un rosa pallido gli disse con tono spiccio: «Potter si sono fatte le undici, torna domani!»
    «Va bene.» rispose annuendo prima di vedere sparire l’infermiera che torno sempre ciabattando in fondo alla sala.
    «Io vado» Si alzò pigramente e diede un’ultima occhiata al letto. Un sorriso un po’ triste comparve sulle sue labbra. Il pupazzetto rosso sarebbe rimasto lì, sotto la carezza della sua mano, a farle compagnia per tutta la notte, fino l’indomani. Dopo tutto non era così solo come credeva di essere. Gloria era più sola di lui in quella lunga notte.
    «Buona notte! Aspettami che domani torno!»
    Uscì dall’infermeria con la mente vuota. Nessun pensiero lo turbava se non un leggero peso nel petto che lo fece sospirare stancamente. Voltò l’angolo e per poco non saltò in aria quando si trovò davanti Ginny che trionfante lo guardava.
    «Cosa ci facevi in infermeria?» chiese fulminea parandosi in mezzo al corridoio impedendogli di passare. Le mani sui fianchi, gli occhi che brillavano vittoriosi con quel ghigno di chi è riuscito finalmente a scovare la sua preda.
    «Ginny!» fece lui con un tono di sorpresa piuttosto forzato. «Che ci fai ancora in giro a quest’ora?»
    «Niente di che? Allora, come mai in infermeria?» insistette lei incrociando le braccia al petto e facendogli un sorrisino del tipo “questa volta non credere di fregarmi”.
    Ed Harry indietreggiò cercando un modo per levarsela di torno al più presto.
    «Niente, mi sono fatto controllare un attimo. Credevo di avere qualche linea di febbre ma, fortunatamente, è tutto a posto!» rispose prontamente con un convenevole sorrisetto distaccato. Cercò di sorpassarla a destra, ma lei fece un piccolo saltello di lato bloccandolo. Provò a sinistra ma, un altro saltello e hop, Ginny di nuovo davanti con un sorrisone tirato.
    «Scusa ma adesso devo proprio andar…»
    «Non credo proprio!» disse lei improvvisamente seria avanzando di un passo verso di lui. «Voglio sapere perché da un giorno all’altro hai deciso di lasciarmi, senza dirmi niente, senza spiegazioni. Non sono come Ron, io voglio sapere il perché!»
    «Te l’ho detto il perché, e sono stato già abbastanza chiaro!»
    «Si, lo so che è per proteggermi! Ma perché hai deciso da un giorno all’altro? Ci sarà pur stata qualcosa che ti ha fatto improvvisamente…»
    «Dovevo aspettare di perdere uno di voi per allontanarvi?»
    Ginny si fece ulteriormente avanti costringendolo ad indietreggiare.
    Il maglioncino verde leggermente largo le ricadeva morbidamente sui seni, lasciando intendere che sotto non portava niente. Non poté fare a meno di notare come fosse bella, anche con quell’aria minacciosa e imbronciata, con gli occhi color nocciola che spiccavano attraverso quei ribelli ciuffi rossi sfuggiti dalla treccia.
    Per un attimo temette che avesse carpito quel suo momento di debolezza.
    «Harry, io non ho paura di quello che mi potrebbe accadere perché so che si sei tu al mio fianco.»
    Si fece più vicina. Lasciò scivolare le braccia lungo i fianchi e il suo sguardo si addolcì.
    Harry rimase gelido a guardarla, facendo ricorso a tutto il suo autocontrollo e alla sua fermezza.
    Ginny doveva capire che doveva finirla lì, come gli aveva fatto promettere quando le aveva detto della profezia. Doveva capire che lui non aveva nessuna intenzione di cedere e non transigeva distrazioni.
    «Non posso abbandonarti, non lo farò mai!»
    Ginny si sporse sempre più verso le sue labbra. Fino ad allora Harry aveva prontamente evitato del contatto, per paura di rivelarsi ancora troppo debole, e su questo Ginny faceva affidamento. Ma adesso le avrebbe dimostrato, e soprattutto avrebbe dimostrato a sé stesso, che era forte ed avrebbe resistito al suo bacio.
    Ed infatti lo baciò. Le sue morbide labbra toccarono le sue, ma lui non reagì, ne chiuse gli occhi come fece lei. Continuò a scrutare davanti a sé con freddezza.
    Lei lo baciò ancora e questa volta accarezzò le sue labbra con la lingua, per poi baciare il labbro inferiore, ma aprì gli occhi e si ritirò sconfitta perché lui non rispose in alcun modo.
    Dopo settimane che non si baciavano lui era rimasto impassibile.
    Si sporse nuovamente per baciarlo, ma questa volta Harry fece l’impaziente e ne approfittò per levarsela davanti. La superò ed avanzò nel corridoio senza voltarsi.
    Non se lo sarebbe aspettato, ma era riuscito a restare freddo e distaccato. Aveva vinto. Ginny finalmente era via, lontana da lui definitivamente.
    Ginny rimase immobile dove l’aveva lasciata mentre le lacrime iniziavano ad offuscarle la vista e, il sapore amaro della consapevolezza che Harry, il suo più grande amore, era rimasto indifferente, si dipanava nella sua bocca facendole increspare le labbra, che morse convulsamente per trattenere un singhiozzo.
    Non si sarebbe arresa, questo era certo. Era troppo forte l’orgoglio che le ruggiva nel petto.
    «È inutile che mi aspetti!» la voce fredda di Harry echeggiò nel corridoio pietrificandola. «Trova qualcuno che ti ami e che ti protegga; fatti una vita e dimenticami!»
    Si voltò come una furia verso il ragazzo che continuava a ad avanzare dandole le spalle. Le lacrime scesero ad inumidire le guancie lentigginose.
    «Non ti permetto di dirmi questo!» la rabbia le fece tremare la voce. «Non ti permetto di trattare i miei sentimenti come se fossero nullità insignificanti!» quasi urlò per la frustrazione e pestò il piede per terra stringendo i pugni.
    Harry si fermò. Non riusciva più a camminare, non sentendola così amareggiata e sofferente.
    Non doveva voltarsi, non poteva! Doveva farlo per lei, doveva andare avanti!
    Le sarebbe passata prima o poi, sarebbe stata meglio e, soprattutto, al sicuro.
    Fece un passo avanti imponendosi di non sentire i suoi singhiozzi.
    Ginny corse verso di lui e quando lo raggiunse iniziò a prenderlo a pugni sulla schiena senza badare se gli faceva male, spinta da una furia cieca.
    «Adesso mi trovo un altro, certo! Perché l’amore è acqua per te, vero!?»
    Gli urlò contro continuando a dare pugni alla rinfusa, dicendo a volte cose senza senso, sfogando tutta la frustrazione di giorni e giorni passati a rimuginare sul perché di quella scelta improvvisa. Lei sì, aveva promesso che alla sua richiesta si sarebbe allontanata da lui senza fare storie ne repliche, ma perché adesso che non ce ne era nessun motivo?!
    Non si accorse che Harry si era girato verso di lei, che le parlava, che la teneva per il polsi per placare quella raffica di pugni. Sensazioni confuse e la voglia solo di urlargli contro tutto il suo rancore e di fargli male come faceva a lei, di fargli sentire lo stesso dolore.
    «Perché Harry?! » continuava a ripetere tra le lacrime. «Perché mi dici questo?»
    Harry la scosse con forza e questa volta sollevò gli occhi su di lui scrutando, attraverso la foschia acquosa delle lacrime, i suoi occhi verdi che sembravano risplendere.
    «Perché ti amo!»
    Quasi glielo urlò e lei rimase paralizzata a fissarlo; il cuore a mille e il fiato corto.
    Harry distolse lo sguardo e lo puntò a terra per nascondere quell’attimo di debolezza.
    Strinse la presa sui sottili polsi e la attirò al suo petto, come a volerla chiudere dentro di sé, cercando la forza che gli mancava per superare quel dolore che già solo l’idea gli dava.
    Poggiò la sua fronte contro quella di lei e chiuse gli occhi. Il groppo alla gola gli si sciolse. Respirando profondamente continuò sussurrando con dolcezza.
    «Solo per il semplice fatto che ti amo… che ti voglio vedere vivere felice, anche senza di me!» deglutì e si morse il labbro in un gesto nervoso. «Non voglio rischiare che per causa mia tu corra il rischio di morire, o peggio di vedere buttare la tua vita in un letto di infermeria con la vana speranza che un giorno tu ti possa risvegliare….»
    La voce gli si incrinò e strinse la presa incrociando le sue mani.
    «Vorrei morire! Preferirei morire io piuttosto, ma ogni volta sembra che il destino me lo faccia apposta e si prenda qualcun altro al mio posto!»
    Ginny posò baci che sapevano di dolci carezze sulle sue labbra tremanti, sulle sue guancie asciugando le lacrime che scendevano pesanti con tutta la loro amarezza.
    «Harry….»
    Gli si avvicinò riducendo le distanze già minime.
    Questa volta fu lui a baciarla. L’incandescente desiderio frustrante che lo aveva divorato per quelle settimane di distanza, finalmente stava per essere appagato.
    Quel bacio divenne senza troppe esitazioni sempre più infuocato, ricambiato con lo stesso entusiasmo da lei.
    Non c’è da stupirsi se i due, avvinghiati stretti, senza la premura di staccarsi anche solo un attimo l’uno dall’altra, avanzarono per il corridoio quasi a tentoni cercando quella porta di una qualunque aula che, una volta aperta, permettesse loro di poter continuare indisturbati e senza alcun pensiero.
    Fu così che si ritrovarono in quell’aula impolverata, stretti un abbraccio confuso senza badare neanche più ai limiti che si erano dati quando erano ancora fidanzati. Ma oramai le regole era frivolezze senza senso.
    Tra le sue braccia teneva stretto il corpo di lei sentendolo contro il proprio.
    Prendendola per i fianchi la sollevò su un banco. I baci si fecero più morbidi e delicati, di seta sulle labbra e poi sul collo candido come il latte, tra i capelli rossi. Le mani si insinuarono dolcemente sotto il maglioncino, sfiorando la pelle fresca e morbida con la punta delle dita, prima l’ombelico, poi il piccolo torace, infine il seno e tremò, come tremò lei, per quella sensazione preziosa.
    Ginny gli sfilò il maglione con impazienza e iniziò a sbottonargli la camicia. Bottone dopo bottone posava baci sul suo torace e le sue mani andavano ad accarezzare la schiena procurandogli brividi di piacere.
    Ma il caso nei confronti di Harry era stato sempre un po’ beffardo, infatti volle in un modo o in un altro che, quella particolare porta che aveva permesso loro di potersi appartare, restasse leggermente socchiusa, e che da quelle parti, proprio in quel momento, passasse la persona che peggio gli potesse capitare.
    «Potter!»
    Harry si sentì gelare al suono di quella voce trionfante. Si voltò di scatto coprendo Ginny dietro di sé.
    Avrebbe potuto provare rabbia nei suoi confronti, come la provava Ginny, nel vedere quel suo maledetto ghigno tirato in un’espressione di pura felicità malefica. Avrebbe potuto provare anche una relativa gratitudine nei suoi confronti, perché, nonostante tutto, lo aveva fermato prima che si spingesse troppo oltre e facesse una scemenza fin troppo grande, e ne era certissimo, l’avrebbe fatta.
    Ma in quel momento Harry provava solo un grande senso di vergogna che lo pervadeva dal profondo. Vergogna per quella situazione incresciosa, per lui che si era scoperto in tutta la sua debolezza e per Ginny, che poverina anche lei si trovava in mezzo.
    «Weasley!»
    Ginny fiera sostenne lo sguardo del professor Piton, quasi a volerlo sfidare a dire qualcosa contro di loro. Harry invece abbassò lo sguardo mortificato e crebbe ancora di più la vergogna: oltre ad avere la camicia sbottonata, che prontamente si chiuse in petto, era fastidiosamente chiaro il rigonfiamento dei suoi pantaloni che cercò in qualche modo si nascondere.
    «Fuori dal dormitorio dopo l’orario, per di più a fare cose alquanto disdicevoli…. Non che mi aspettassi altro a uno come lei Potter, certi vizzi di famiglia sono ereditari!» disse Piton provocatorio. «Tanto per cominciare cinquanta punti in meno… a testa per la vostra casa. Seguitemi dal preside e Potter, cerchi di ricomporsi!»
    Uscirono dall’aula seguendo il professore lungo il corridoio buio.
    «In questo caso mi trovo costretto a scrivere ai suoi genitori signorina Weasley, per informarli del suo comportamento a dir poco indecente.» continuò lui senza risparmiarsi il piacere di poter provocare Harry. «Per quanto riguarda lei Potter, purtroppo non ho da avvisare nessuno, ma sono certo che suo padre e il suo padrino sarebbero stati orgogliosi di sapere che si è imboscato alle undici di sera in un’aula con una ragazza….»
    Harry non reagì ne a queste ne alle provocazioni che seguirono. Adesso alla vergogna si era aggiunto anche il senso di colpa per aver messo seriamente nei guai Ginny.
    Arrivati davanti al gargouille, che si spostò di lato appena detta la parola d’ordine, salirono la scala a chiocciola.
    «Sono curioso di sapere domani come piegherà al resto della sua casa l’improvvisa mancanza di cento punti dalla clessidra di Grifondoro!» disse ghignando Piton appena prima di aprire la porta dello studio circolare del preside.
    Non appena entrarono trovarono Silente, seduto dietro la scrivania, intento a studiare con particolare curiosità ed attenzione una vecchia pergamena dall’aspetto logoro e molto antico, e la professoressa Devis, in piedi dietro di lui ad analizzare lo stesso pezzo di carta.
    Quando Silente alzò gli occhi su di loro parve sorpreso, e alla fine sorrise come se fosse molto contento di riceve una visita dai suoi nipotini preferiti, mentre la Devis parve sorpresa.
    «Buona sera!» disse il preside mettendo via la pergamena. «Prego, entrate!»
    Piton si fece immediatamente avanti e assunse un’espressione grave, mascherando il sorrisino e la felicità che fino a due secondi prima gli brillavano in viso.
    «Il signor Potter e la signorina Weasley sono stati sorpresi in situazioni a di poco indecenti ed inopportuni per di più fuori dal loro dormitorio oltre l’orario!»
    Silente fece un’espressione sorpresa e scandalizza che per poco non fece scoppiare a ridere Ginny, che fino ad allora aveva tenuto il broncio e si era sempre più incupita al pensiero che la sua famiglia venisse a sapere di quello che era successo.
    Piton ignorò il fatto che un po’ Silente lo stesse prendendo in giro, e continuò sempre più severo.
    «Credo che sia opportuna una punizione esemplare per ricordare loro che questa è una scuola, non una casa d’appuntamenti!»
    «Suvvia Severus, come sei bacchettone!» lo liquidò subito Diana con una scioltezza impressionante. «O dentro o fuori dal dormitorio le cose si fanno lo stesso!»
    Harry rimase a bocca aperta e si scambiò un’occhiata incredula con Ginny, anche lei impressionata.
    Silente rise divertito, mentre le narici del naso aquilino di Piton tremarono pericolosamente per la rabbia messa a freno.
    «Magari non te sei mai accorta e non te ne è mai importato niente, ma certi comportamenti non sono mai stati accettati all’interno di queste mura!» rispose velenoso e intirizzito Piton.
    Diana per tutta risposta roteò gli occhi scocciata sbuffando come una ragazzina in disaccordo che le idee retrograde dei genitori.
    «Effettivamente Severus ha ragione….» disse il preside accarezzandosi la barba argentea e scrutando Harry attraverso gli occhialini a mezza luna. Il ragazzo si sentì a disagio e abbassò gli occhi a terra, e Piton gonfiò il petto e non poté nascondere un sorrisino alle parole e alla considerazione del preside che finalmente sembrava serio.
    «Non posso fare finta di niente, non credete?» chiese Silente guardando i due ragazzi che annuirono senza fare storie. «La signorina Weasley è in punizione per tutto l’anno con la professoressa Devis….»
    Ginny alzò lo sguardo e guardò incredula prima il preside che le sorrideva affabile e poi la professoressa che le strizzò l’occhio d’intesa.
    Piton orami aveva capito che non c’era niente da fare. Certe volte erano proprio ridicoli, o forse quello ridicolo era lui che, dopo tanti anni, sperava ancora di far mettere Potter in punizione seriamente.
    «Invece per lei signor Potter credo che sia più saggio incitarla a continuare quello che le avevo chiesto di fare qualche tempo fa….»
    Harry corrucciò la fronte senza capire a cosa si riferisse l’anziano preside, che lo guardava con quegli occhi azzurrissimi mettendolo un po’ in soggezione.
    «Soprattutto ora, in un momento così delicato, non deve restare sola….»
    Harry allora capì. Annuì serio per fargli capire che poteva contare su di lui e un guizzo d’orgoglio brillò negli occhi azzurri di Silente.
    «E che questo sia da lezione per entrambi!» disse alla fine il preside prendendo un finto tono grave e appoggiandosi allo schienale della poltrona. «La prossima volta in un posto più appartato, ce ne sono tanti ad Hogwarts!»
    Le labbra di Piton si strinsero di delusione e guardò scandalizzato Silente con gli occhi granati.
    Ginny sghignazzò sotto i baffi cercando lo sguardo complice di Harry, ma lui le riservò solo una rapida occhiata che rivelava un sorriso amaro. Non ci sarebbe stata una prossima volta.


    un bacione a tutti! ciao! :hi:

    Edited by ioida - 27/4/2009, 17:44
     
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  6. Ja94
     
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    bellissimo capitolo continua così :woot:
     
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  7. ioida
     
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    grazie!^^
     
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  8. °Molly°
     
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    è stupendo!!!
    che tenero chè Harry cn il Pesciolino Rosso!
     
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  9. ioida
     
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    ^/////^ grazie, si mi sono buttata sul dolce.
     
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  10. ~ Avril <3
     
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    Che bel capitolo! ^^
    L'ultima frase di Silente era troppo LOL! xD
    Brava brava, continuala presto!
     
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  11. ioida
     
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    ciao!
    vi ricordate di me? be forse no, quindi figuriamoci di questa storia -.-
    vabbè io ci provo lo stesso.
    dopo più di sette mesi, eccomi ancora qui con un'altro capitolo!
    non vedevate l'ora eh! posso immaginare :D, non ci avrete dormito la notte...
    cmq bando alle ciance, ecco il capitolo
    un bacio a tutti e grazie!


    26. Scende la neve


    E le vacanze natalizie arrivarono. Molti sarebbero rimasti ad Hogwarts perché ritenuta più sicura, mentre l’indomani mattina, quei pochi che si stavano preparando i bagagli, sarebbero tornati a casa.
    Fra questi c’erano Ron, Ginny e con loro Hermione, che avrebbe passato il natale a casa Weasley.
    Harry quella sera non poté evitare di provare un certo disagio nell’osservare di sottecchi Ron riempire lo zaino con mutande e calzini. Gli dispiaceva un sacco non andare, e l’idea di passare le vacanze in biblioteca da solo a studiare pozioni di certo non lo entusiasmava!
    Più sfogliava quel libro e più si rendeva conto di essere ancora in alto mare, e il morale gli andava sotto i piedi. Non solo era in dietro e iniziava a capirci sempre meno, un mese volava e lui avrebbe dovuto fare quel benedetto l’esame di pozioni.
    Forse era per questo, o forse erano le risate degli altri ragazzi per l’aria sempre più natalizia, o forse era la borsa di Ron già pronta e messa sul baule, ma si sentiva decisamente demoralizzato. L’unica cosa che riusciva a fare era sbuffare e fissare quelle pagine senza avere la forza di leggere.
    Chissà, forse esisteva un libro che bastava fissarlo e le cose ti entravano da sole direttamente nella testa. Quello si che sarebbe stato un vero prodigio!
    Ma doveva rassegnarsi, almeno finché non fosse stato inventato veramente un libro così.
    All’ennesimo Aconitum napellus e Aconitum lycoctonum fu fortemente tentato di lanciare il libro Pozioni che spasso dall’altra parte della camera, ma si limitò a farlo scivolare con poco garbo nel baule.
    -Ehi Harry, dove vai?!- gli chiese Neville litigando con le tendine del letto che facevano tutto il contrario di quello che voleva lui, chiudendosi e aprendosi mentre cercava di scendere dal letto.
    Harry si fermò sulla porta mettendosi sulle spalle il mantello.
    -A fare due passi….- rispose vago.
    -Se passi dalle cucine porta qualcosa!- aggiunse Neville prima che Harry si richiudesse la porta alle spalle. A giudicare dal tonfo che sentì, Harry capì che avevano vinto le tende.
    Almeno Neville gli aveva dato una buona idea, perché fino a qualche attimo prima non sapeva dove andare.
    Per la contentezza di Dobby, che appena lo vide entrare nelle cucine prese a saltellare senza sosta, seguì il consiglio di Neville. Si mangiò pure un gelato cioccolato e nocciola nonostante fosse pieno inverno, e si fece confezionare un po’ di biscotti da portare ai ragazzi.
    Mentre si apprestava a voltare l’angolo dopo aver fatto di corsa la grande scalinata di marmo per riuscire ad arrivare al dormitorio prima del coprifuoco, andò a sbattere proprio contro la persona più odiosa che avesse mai conosciuto: Draco Malfoy.
    Fu spintonato via con fare scorbutico e sdegnoso ma, quando finalmente si rese contro che era Harry la persona contro cui era andato a sbattere, sul suo volto si dipinse un ghigno. Harry era sicuro di non averlo mai visto così felice di vederlo.
    -Potter! Quale piacere incontrarti….- disse Malfoy sistemandosi la giacca con attaccata la spilla da prefetto.
    -Non festeggiare troppo in fretta Malfoy, mancano ancora dieci minuti al coprifuoco!- gli fece presente Harry, ma questo gli prese il sacchetto che teneva in mano e lo aprì.
    -Biscotti, Potter? Dovete fare un pigiama party voi checche di grifondoro?- disse prendendone uno e sgranocchiandolo soddisfatto. –Ti sei dimenticato il latte…-
    Harry gli strappò il sacchetto dalle mani e continuò a percorrere il corridoio. Ma con sua grande sorpresa Malfoy gli trotterellò dietro continuando a sghignazzare felice.
    -Pensi di arrivare in tempo Potter?-
    -Si!- gli rispose gelido Harry continuando ad avanzare con passo nervoso.
    -Voglio proprio vedere….- disse Malfoy continuando a seguirlo.
    -Sai Malfoy, per me i guai sono ben altri! Perdere qualche punto o finire in punizione è una cosa che mi lascia totalmente indifferente!-
    -Wow, buono Potter! Non ho voglia di sentire i tuoi discorsi da sfigato!-
    Harry roteò gli occhi al cielo. Doveva comunque levarselo dai piedi, non poteva portarselo dietro fino alla torre di grifondoro e permettergli di togliergli punti.
    Arrivato al terzo piano sperò soltanto che non conoscesse il passaggio dietro l’arazzo, altrimenti non se lo sarebbe levato più di torno.
    -Tic Tac Potter, il tempo scorre e già mancano tre minuti!- canticchiò Malfoy.
    Harry si fermò in mezzo al corridoio e si voltò verso di lui e gli sorrise. Questo si bloccò immediatamente sorpreso.
    -Ciao Malfoy!-
    Improvvisamente un fumo blu elettrico invase il corridoio. Harry sgattaiolò dietro l’arazzo e salì di corsa le scale.
    Quando il fumo di diradò anche Malfoy era scomparso. Non si arrese, corse su e si piazzò davanti al ritratto della torre di grifondoro. Fu tanto veloce che Harry stesso, quando arrivò, si chiese come avesse fatto. Non c’erano dubbi, era proprio Malfoy con la sua testolina bionda ad aspettarlo proprio lì davanti con le braccia conserte.
    Harry sbuffò e si appoggiò al muro scivolando fino a terra. Il coprifuoco era scattato da un quarto d’ora buono.
    -Bene Malfoy, vediamo quanto resisti!-
    Che altro poteva fare se non aspettare che se ne andasse, dopo tutto come faceva ad essere certo che Harry non fosse già dentro?
    Ma niente, Malfoy stava lì a fare la guardia senza demordere. A un certo punto Harry, dopo l’ennesimo biscotto sgranocchiato, perse la cognizione del tempo e si addormentò con la busta di biscotti vuota in grembo.

    I rintocchi di un orologio a pendolo risuonarono lenti nel buio, attraversando muri di pietra, stanze vuote, corridoi.
    Al terzo rintocco si alzò da terra. Qualcosa cadde con un rumore pacato. Non si voltò, avanzò con passo incerto. La luce spettrale della luna fuori dalle finestre gli illuminava la strada. I rintocchi continuarono, facendo tremare i pavimenti, i muri, la sua mente, la vista.
    Abbassò la maniglia e spinse la porta.
    Davanti ai suoi occhi si stendeva una stanza profondissima dal soffitto ad alti archi, le finestre torreggianti su letti perlacei.
    I passi procedettero senza suono nella stanza. Sentiva solo l’ovattato richiamo della luna, come se tutto fosse immerso in acqua tiepida.
    Un rumore di lenzuola, al tatto inamidate.
    Si adagiò e tutto divenne nero.

    Sollevò le palpebre pesanti come non lo erano mai stare, e aprì gli occhi.
    Una debole coltre perlacea e scura si andò diradando lentamente, accarezzando contorni sempre più lisci e definiti.
    Il soffitto nero e lontano sembrava che solesse cadere per schiacciarla. Girò la testa di lato.
    Fuori nevicava, dolci e leggeri fiocchi di neve, quasi impercettibili danzavano col vento dall’altra parte dei sottili vetri delle alte finestre.
    Restò incantata ad osservare il lento cadere della neve. Una magia di pace, che non avrebbe avuto fine, come in una sfera di vetro.
    Fece fatica per fare forza sulle braccia e alzarsi. Scostò le coperte.
    I piedi nudi sul pavimento gelato davano una strana sensazione. Si alzò, come se fosse la prima volta, la camicia da notte sfrusciò sul suo corpo. Continuò, voleva vedere la neve, voleva vederla da vicino, salutarla.
    Passo incerto, fino alla finestra.
    Appoggiò una mano sulla lastra di vetro.
    Era tutto bianco, tutto splendente. Il Prato là intorno, la foresta, le montagne. Il lago luccicava come una lastra di ghiaccio. Tutto era perfettamente glassato di neve.
    C’era qualcosa di allegro che le fece gioire il cuore.
    Guardò la sua mano appoggiata alla finestra, bianca come la camicia da notte, bianca come la neve.
    Gli occhi sorrisero al pensiero catturato unicamente dal candore della neve.
    Si voltò e tornò sui suoi passi. Si fermò davanti al letto.
    Sul comodino un peluche di uno straordinario rosso vivo stonava col grigio e il bianco di quella notte.
    Davanti a lei, sulle lenzuola, una figura scura era stesa immobile.
    Rannicchiata, e inanimata sembrava infreddolita. I capelli nero corvino spettinati e gli occhiali rotondi storti sul naso.
    Quello era….
    Il cuore perse un battito, le vertigini colsero la sua mente.
    La neve e il suo candore scomparvero come se non fossero mai esistiti, tutto si tinse di nero e porpora. Fu investita dalla coscienza di quel momento. Se lei era sveglia, voleva dire che Harry….
    La debolezza e la paura presero il sopravvento.
    Voleva raggiungerlo, doveva scuoterlo, svegliarlo, ma più cercava di fare un qualsiasi movimento meno sentiva di avere controllo sui muscoli, come se fossero addormentati.
    Con un filo di voce riuscì a dire il suo nome.
    Le gambe cedettero improvvisamente sotto il suo peso e si sentì crollare, ma non cadde.
    Si ritrovò tra le braccia di Harry che cercava di tirarla su, ma non riusciva a fare nessun movimento.
    Harry la teneva stretta come una bambola di pezza inerme.
    Chiamava continuamente il suo nome tirandola sul letto. Le sollevò il viso incredulo.
    Era calda, non fredda come il marmo, i suoi occhi castani guizzarono verso i suoi.
    -Harry, sei sveglio…- soffiò debolmente lei.
    Harry si sorprese.
    -Questo dovrei dirlo io di te!- disse sorridendo.
    Era sveglia, dopo quanto? Un mese? Forse più. Preso dall’entusiasmo l’abbracciò, poi l’allontanò per guardarla, ancora troppo incredulo, ed iniziò a scuoterla forte.
    -Sei sveglia, Gloria, sei sveglia!-
    Gloria, nonostante i muscoli intorpiditi, si irrigidì quanto l’abbracciò di nuovo. Ancora peggio quando inaspettatamente le accarezzo il viso e le diete un bacio sulla guancia. Sgranò gli occhi e si sentì arrossire.
    Lui continuava o sorridere felicissimo.
    -Vado a chiamare Madama Chips, un professore, qualcuno!- disse euforico. -Tu resta qua, cioè, resta sveglia!-
    La mollò e corse in fondo all’infermeria urlando a gran voce: -È sveglia! È sveglia!-
    La testa di Madama Chips spuntò dall’ufficio in fondo, con i bigodini in testa e un’espressione incazzosa sul viso ricoperto di crema idratante che per un attimo fece spaventare Harry.
    -Ma dico Potter, ti sei ammattito? Cosa ci fai qui a quest’ora? Perché urli?- disse stringendosi indignata nella vestaglia rosa pallido.
    -Gloria, si è svegliata!- disse senza fermarsi e correndo fuori dall’infermeria.
    Corse a perdifiato fino all’ufficio del professor Silente. Quando entrò non si aspettava di trovarlo sveglio e seduto alla scrivania.
    Portava un buffissimo cappello da notte viola dai fiorellini gialli in testa, e la camicia da notte aveva la stessa fantasia.
    Alzò sorpreso gli occhi dalla pergamena che aveva davanti e lo guardò stralunato.
    -Oh cielo Harry, si è già fatto giorno? Eppure fino a cinque minuti fa erano ancora le quattro….-
    Harry entrò riprendendo fiato.
    -No professore…- disse appoggiandosi alla sedia di fronte alla scrivania. –Gloria… Gloria è sveglia….-
    Silente inarcò le sopracciglia e si alzò. –Benissimo, e prima delle vacanze di natale! Non mi potevo aspettare di meglio!- disse mettendosi una vestaglia arancio. Prese un pezzo di pergamena e iniziò a piegarlo in diversi modi, finché non ne venne fuori una graziosa barchetta di carta. Vi scrisse sopra qualcosa, estrasse la bacchetta e con un tocco leggero la barchetta si alzò in volo ed uscì veloce dalla stanza.
    -Non sono mai stato bravo con gli aeroplanini di carta!- disse sorridendogli affabile. –E poi non posso certo pretendere che tu vada ancora in giro per il castello visto che sei già stanco. Ti sei fatto una bella corsetta noto!-
    Harry lo osservò avvolto nella vestaglia arancio uscire dall’ufficio, chiedendosi dove trovasse certi vestiti così sgargianti.
    Si decise a seguirlo, ma l’occhio, forse per la curiosità di sapere cosa potesse essere così importante da tenere il professore sveglio fino a quell’ora, gli cadde sulla pergamena rimasta aperta sulla scrivania.
    Dal colore e le macchie doveva essere molto antica. Sopra c’era disegnato un cerchio molto elaborato con dei decori all’interno, tutto intorno invece c’erano scritte sbiadite.
    -Harry….- la voce del professore arrivò dalle scale a chiocciola.
    -Si, eccomi!- disse, e lo seguì.
    Arrivarono in infermeria dieci minuti dopo. Madama Chips aveva appena finito di visitare Gloria, ora seduta che si guardava attorno spaesata.
    -Ben svegliata signorina Weston!- disse Silente una volta accanto al suo letto. –Allora, come si sente?-
    Gloria lo guardo confusa, forse erano gli abiti del professore ad attirare la sua attenzione.
    -Bene signore.- rispose flebilmente continuando a fissare il berretto, la camicia da notte e la vestaglia del preside. -Da quanto sono qui…. Voglio dire…-
    -Un mese e otto giorni!- rispose il professore.
    Dei passi attirarono la loro attenzione. Avanzando impetuoso tra le due file di letti, avvolto nel nero mantello svolazzante, Piton squadrò con sguardo arcigno tutti ipresenti. Si fermò davanti al letto di Gloria e punto i suoi occhietti scuri e maligni su Harry.
    -Potter, che sorprese, che ci fai qui?- chiese evidentemente disturbato dalla sua presenza.
    -Già, me lo stavo chiedendo pure io.- concordò il professore curioso fissandolo anche lui.
    Anche Madama Chips lo fisso. Ritrovandosi tutti gli occhi addosso, Harry improvvisamente si rese conto di non saperlo neppure lui.
    -Veramente mi sono addormentato nel corridoio…. Poi non so, sono venuto qui….- cercò di spiegare.
    I tre lo fissarono perplessi facendo sentire Harry in imbarazzo.
    -E perché dormivi nel corridoio?- chiede Gloria d’un tratto con voce stranamente chiara.
    -Perché Malfoy mi aspettava davanti al ritratto per togliermi punti!- disse Harry scocciato.
    -Non te li ha tolti il signor Malfoy, ma te li tolgo io Potter!- disse Piton. –Non te lo vuoi proprio togliere il vizio di andare in giro per il castello di notte. Cinquanta punti in meno!-
    Harry guardò prima lui e poi Silente. Quella era un’ingiustizia!
    -Malfoy ti aspettava davanti al ritratto?- chiese di nuovo Gloria.
    Harry annuì.
    -E secondo te Malfoy stava là ad aspettare te?- fece scettica lei.
    -Ho aspettato per più di un’ora e stava ancora lì!- rimbeccò innervosito Harry.
    -Ti sbagli, scommetto che Malfoy già stava nel suo letto a dormire! Quello doveva essere un fantoccio Harry!- disse col tono da saputella.
    -E tu come fai a saperlo?!- chiese Harry sempre più innervosito.
    Gloria incrociò le braccia e lo guardò con aria di sufficienza. –Malfoy di certo non si sciupa per aspettare te. Certe cose le fa fare ad altri e se la ride lo stesso! Tsz babbeo!-
    Harry sgranò gli occhi. Lo aveva chiamato babbeo davanti ai professori e Madama Chips!?
    -Ottima osservazione signorina.- disse Silente sorridendo divertito. –Effettivamente il signor Malfoy non è molto incline a intraprendere lavori scomodi.-
    Nessuno però sembrò aver fatto caso al babbeo, neanche Piton.
    -Allora signorina, domani iniziano le vacanze di natale, se la sente di andare a passarle a casa dei Weasley?- propose il preside.
    Madama Chips non gli diede neanche il tempo di finire che si oppose subito. -Professor Silente, la signorina ha bisogno di cure e di riposo, non può uscire da questa infermeria….-
    -Su via Poppy, penso che la signorina in un mese e otto giorni abbia riposato abbastanza; e poi adesso ci sono le vacanze di natale, non vorrà fargliele passare qui da sola!-
    -Professore, vacanze o no, deve rimettersi prima di….-
    Ma Silente la ignorò bellamente e si rivolse a Harry.
    -Penso che i Weasley saranno contenti di averla a casa per il periodo natalizio, le farà bene un po’ di movimento. Signor Potter le dispiace se raggiunge i tuoi amici un po’ più tardi, così daremo il tempo alla signorina Weston di fare gli ultimi controlli e di prepararsi quello che le serve?-
    -Ma io veramente professore….- disse Harry imbarazzato. Lui non voleva andare dai Weasley, cioè, non doveva.
    -Non dirmi che eri veramente convinto di non andare dalla famiglia Weasley, perché sarebbe veramente stupido!- disse Silente divertito.
    -Professore, non lo posso permettere!- insistette ancora Poppy, ma Silente la ignorò ancora.
    -Adesso andiamo, Poppy avrà da fare adesso, e noi pure. Io ancora non ho avuto il piacere questa notte di potermi agevolare del mio letto, e anche lei signor Potter ha bisogno di dormire e poi di prepararsi i bagagli….-
    Il professore lo trascinò fuori dall’infermeria e si congedò. Piton invece rimase a fissarlo dall’alto in basso con disgusto, poi girò sui tacchi e se ne andò facendo svolazzare il mantello.
    Possibile che lo avesse incantato apposta per farlo svolazzare continuamente? Harry si strinse nelle spalle e prese la direzione opposta.
    Arrivato nel corridoio del settimo piano, notò che c’era ancora Malfoy davanti al ritratto che faceva avanti e indietro. Si avvicinò sempre di più e si fermò. Era un pupazzo!?
    Quello era uno stupido pupazzo con la testa platinata che faceva avanti e indietro. Sul petto aveva attaccato un foglietto. Harry lo staccò e lo lesse.
    Preso dal nervoso lo appallottolò, lo gettò a terra ed entrò finalmente nella torre di Grifondoro.
    Sul bigliettino accartocciato, scritto a lettere eleganti e ondulate dall’inchiostro bluette, risplendeva la scritta:
    Comodo il pavimento, eh Potter?
    Ti ho fregato sfigato
    XP
    The Best




     
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