L'Ombra della Leggenda (Spoiler Post HP 7)

1° Episodio di una Trilogia sulla Nuova Generazione

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  1. Luisina
     
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    bellissimo chappy brava quando posti?
     
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  2. Malandrina Potter
     
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    Ciao, grazie a tutte e due x i commenti positivi ;)

    Comunque posterò il prossimo pezzo domani ;)!
     
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  3. °Molly°
     
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    evvai!!XD
     
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  4. Luisina
     
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    non vedo l'ora !!
     
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  5. Malandrina Potter
     
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    Eccomi!!

    Capitolo 4:
    Il Dovere di un Potter


    Quidditch … cercatore … tradizione …

    Quidditch … cercatore … tradizione …

    James Potter volava sulla sua nuova scopa, regalata da suo padre, e stava giocando benissimo …
    Lo scontro era tra Grifondoro e Corvonero … vincevano …
    Lui avrebbe solo dovuto agguantare il boccino d’oro e avrebbero vinto … avrebbe portato avanti la tradizione della sua famiglia … perché era lui il primogenito, lui doveva VINCERE …
    Sua madre e suo padre erano stati cercatori e anche suo nonno, e lui doveva dimostrare di avere il loro stesso sangue …
    Ecco il boccino d’oro, che stava sfrecciando tra le nuvole, sempre più in alto, ma a James non importava, e si lanciò subito all’inseguimento.
    Penetrò nella condensa della nube e la sua vista venne offuscata, aveva perso di vista il boccino d’oro …
    Ma quando uscì dalla nuvola bassa vide di nuovo il boccino, che si stava lanciando in picchiata verso lo stadio …
    James lo inseguì e presto anche il cercatore dei Corvonero si unì a lui …
    Erano testa a testa, James allungò la mano, stava per prenderlo …
    Qualcuno però lo precedette e afferrò il boccino … ma no il cercatore avversario …
    Era un altro Grifondoro …
    Era suo fratello Albus …
    Che trionfatore si prendeva tutti i meriti …
    Tutti i meriti che sarebbero spettati a lui.


    -NO!- urlò James, mentre apriva gli occhi di scatto e si rendeva conto di aver solo sognato.
    Nessuno dei suoi compagni di stanza sembrò aver udito la sua piccola esclamazione, visto che ancora dormivano nei loro letti, inabissati nel mondo dei sogni.
    La stanza era immersa dal buio, segno che ancora era tardi.
    James si tirò su le coperte fino al mento e ripensò al sogno appena fatto, il cui significato non poteva essere più chiaro di così.
    Albus avrebbe tentato di rubargli il posto di cercatore nella squadra di Grifondoro, ma ciò non sarebbe successo perché era lui il più bravo, solo lui, e nessun altro.

    “ Piccola e innocente

    vittima ignara di un destino che

    precocemente la divora.

    Un fato dalla forma di …

    … un Serpente. ”


    -Albus! Albus!
    -Altri cinque minuti … mamma!
    -Albus … per l’amor del cielo … non sono tua madre, ALZATI!
    Il ragazzino aprì gli occhi e gli bastò un secondo per ricordarsi che non si trovava a casa, in camera sua, ma a Hogwarts, e che lo aspettava una giornata faticosa.
    Scorpius era in piedi davanti al suo letto, già vestito e pettinato, con i capelli leggermente unti di gel.
    Mentre Lorcan e Mattew erano già usciti.
    -Che ore sono?- domandò Albus mentre scendeva dal letto, per poi dirigersi a piedi nudi verso il baule con i vestiti.
    -Sono le otto e mezza, e abbiamo la prima lezione alle nove- proferì Scorpius –E non abbiamo nemmeno fatto colazione!
    Albus si stava già infilando i pantaloni della divisa, mentre quelli del pigiama erano finiti a terra, tutti aggrovigliati, a causa della fretta che aveva impiegato per toglierli.
    -Si okay, ora mi vesto, tu vai- disse, mentre si allacciava la camicia.
    -No tranquillo- rispose Scorpius –Ti aspetto …
    Albus non rispose, ma glie ne fu grato, visto che non ricordava perfettamente come si arrivava alla Sala Grande.
    -Dimmi Albus- continuò il suo amico –Chi è Lily?
    Albus si stava per annodare la cravatta rossa e oro, ma si fermò.
    -Cosa hai detto?- domandò sorpreso.
    -Stanotte non facevi altro che dire nel sonno ‘Lily no! Lasciala andare! Lily no! Vattene! Scappa!’ e cose simili … chi è Lily?
    -Lily è mia sorella minore, farà sette anni il 9 settembre- spiegò Albus –Ma non mi ricordo di averla sognata stanotte!
    Scorpius infilò le mani nelle tasche del mantello della divisa nuova e sbottò –Io so quello che ho sentito, sembravi disperato … hai durato per un’intera mezz’ora e non mi hai fatto dormire … eri così angosciante che hai spaventato anche me e gli altri!
    Albus s’infilò il mantello nero, mancavano solo le scarpe e una veloce sistemata ai capelli, visto che assomigliava a uno spaventa passeri.
    -Giuro che non mi ricordo e …
    Albus s’interruppe quando la sua civetta cominciò a lamentarsi.
    -Perché non la liberi?- domandò Scorpius, cambiando discorso.
    Albus s’infilò le scarpe e mentre le allacciava, disse –Io … perché … può essere pericoloso … non conosce la zona …
    Rabbrividì al ricordo degli occhi rossi del serpente.
    -Ma fammi un piacere- esclamò Scorpius –Vorrei vedere te cosa faresti se fossi chiuso in gabbia!
    Albus sbuffò e la civetta si lamentò di nuovo.
    -Va bene, va bene!- rinunciò il ragazzino –Avete vinto!
    Dopo aver allacciato l’ultima scarpa, si avvicinò alla gabbia di Magi e l’aprì.
    La civetta gli volò subito sul braccio.
    Albus vi avvicinò alla finestra, che aveva già le tende aperte.
    Spalancò una delle ante e fece uscire Magi, per poi osservarla mentre si dirigeva verso la campagna, in cerca di qualche topo.
    -Vedi?- domandò Scorpius –Non c’è niente di cui aver paura.
    “Lo dici tu!” pensò Albus.

    James Potter si trovava nella serra numero 3, insieme ai suoi compagni del secondo anno.
    Ovviamente era l’ora di Erbologia, che a sua cugina Dominique piaceva tanto ma a lui dava sui nervi.
    Dover pulire le foglie, stare attento a non farsi pungere, eccetera.
    Quando si trattava di dover lavorare con delle piante velenose, lo facevano solo innervosire.
    Certamente, da come si può dedurre, lui non era un tipo paziente e oltre questo, aveva la testa tra le nuvole, nel vero senso della parola.
    Non faceva altro che pensare ai provini di Quidditch che si sarebbero stati quel pomeriggio.
    Il nuovo capitano della squadra di Grifondoro, Fred Weasley, fratello minore di Roxanne Weasley, quindi suo cugino, voleva scegliere il prima possibile i componenti della sua squadra, per poter iniziare prima gli allenamenti e avere più possibilità per vincere la coppa del Quidditch.
    James era sicuro al cento per cento che quel pomeriggio, alle cinque e mezza, allo stadio, avrebbe trovato pure suo fratello fra i contendenti per diventare un cercatore, ma lui, James Potter, non gli avrebbe permesso di entrare nella squadra sotto quel ruolo.
    “Hai la mia parola Albus!” esclamò dentro di se James “Non sarai mai un cercatore!”.
    -Potter, potresti rispondere alla mia domanda?- domandò all’improvviso il professor Paciock.
    James scosse la testa senza sapere quale fosse la domanda.
    Justin che era vicino a lui gli sussurrò –Servono per far tornare normali chi è stato pie…
    James non riuscì a sentire l’ultima parola della frase e siccome il professore si era avvicinato al loro tavolo, Justin non poteva optare per il secondo tentativo, nel suggerirgli la risposta esatta alla domanda sconosciuta.
    -Servono- cominciò a dire James –Per far tornare normale chi è stato …
    Si bloccò.
    “Chi è stato … cosa?”.
    -Allora?- domandò di nuovo il professore, con un sorriso cordiale stampato in viso.
    Però James sapeva che in realtà era un po’ scocciato, conosceva troppo bene Neville Paciock per non capire che in realtà gli dispiaceva che a lui non piacesse Erbologia, e il fatto che James odiasse la materia era ormai ovvio fin dall’anno prima.
    -Chi è stato … chi è stato pie … pie …
    -Signorina Metis, sa darmi lei la risposta?
    Una ragazzina dai capelli neri, gli occhi azzurri come il cielo e il corpo snello, della casa dei Corvonero, si alzò in piedi e rispose –La Mandragola serve a far tornare normale chi è stato pietrificato, in più è molto pericolosa, il suo canto è mortale per chiunque lo ascolti.
    -Bene signorina Metis!- esclamò il professor Paciock –Dieci punti a Corvonero.
    Emily Metis si rimise seduta soddisfatta, mentre lanciava un occhiata di scherno a James, che ricambiò con un sorriso ironico.
    -Dannata saputella- borbottò il ragazzino, rivolto a Justin.
    -Sarà una dannata saputella ma è dannatamente carina!- rispose di rimando l’amico, guardando verso Emily, che però osservava il professore che spiegava i pro e i contro della Mandragola.
    -Traditore- concluse James, con una smorfia di disgusto per Emily.

    -James, vorrei parlarti- disse Neville Paciock, alla fine della lezione, avvicinandosi a James.
    James guardò Justin e Dominique, che si trovavano sulla soglia della serra.
    -Ci vediamo dopo- proferì alla fine.
    I due ragazzini lo salutarono e partirono insieme ai loro compagni di classe per andare a Pozioni.
    -James, ti ho visto distratto, oggi …- spiegò il professor Paciock –Cosa hai per la testa?
    Il ragazzino guardò verso un gruppetto di cactus per non incrociare lo sguardo di Neville.
    -Niente … solo i provini di Quidditch.- annunciò alla fine, optando per la verità.
    Neville sorrise e mettendogli una mano sulla spalla disse –Capisco … immagino che sia importante per te … tuo padre era molto bravo …- si fermò un secondo, perso nei ricordi, poi continuò –Ma non è di questo che volevo parlarti.
    James si girò verso l’uomo, che aveva un aspetto leggermente rotondetto e un’espressione del viso gentile.
    -Ho parlato con tuo padre ieri notte- cominciò a raccontare Neville –Facendo uso della Polvere Volante, dal camino del mio alloggio. Gli ho raccontato come è andato lo Smistamento, avrei detto ciò anche ad Albus ma oggi non lo vedo quindi lo dico a te. Tuo padre e tua madre si congratulano con Albus per essere diventato un Grifondoro e aspettano con ansia una sua lettera.
    James scosse la testa per dire che aveva capito, ma il discorso di Neville Paciock non era finito lì.
    -Poi mi hanno detto di dirti che l’otto settembre tornerete a casa per il compleanno di Lily e vi riporteranno a Hogwarts la sera del giorno dopo. Per ciò dovrai avvertire Albus, Dominique, Rose, Fred, Roxanne, Louis, Victorie, Lucy e Molly.
    James impallidì all’idea di dover avvertire tutti i suoi nove parenti a Hogwarts, ma riuscì a pronunciare –Si … va bene, c’è altro?
    Neville ci rifletté un attimo.
    -Si- annunciò –Qualcosa c’è … i tuoi genitori mi hanno detto di dirti che ti vogliono molto bene, a te e a Albus.
    James sorrise –Grazie profe … Neville.
    Dopo di che prese la borsa con i libri, che aveva appoggiato un uno sgabello, e s’incamminò verso la porta della serra.
    -Ah! James- lo chiamò nuovamente Neville –Auguri per i provini di Quidditch … dovete portare onore alla nostra casa.
    Il ragazzino ammiccò e rispose –Contaci … questo è il dovere di un Potter!

    Albus aveva il fiatone.
    Ovvio che ne avesse.
    Aveva fatto di corsa tutte le scale che separavano i Sotterranei dalla Sala Comune dei Grifondoro e questo si era rivelata una pazzia, anche per un ragazzino con tutta la vita davanti e il grado di vivacità elevata.
    Ora se ne stava appoggiato al muro di pietra, vicino al quadro della Signora Grassa, e con respiro irregolare cercava di recuperare l’aria perduta.
    Se avesse sorretto un bastone che la mano sinistra, quella che aveva lasciato a penzoloni lungo il fianco, sarebbe stato molto simile a un vecchietto con la scoliosi.
    -Ragazzino- espresse la Signora Grassa –Vuoi dire o no questa parola d’ordine?
    Albus, appoggiando entrambe le mani sulle ginocchia, semi piegate, pronunciò –Si … si … Notteturchina ...
    -Bene- concordò la Signora Grassa, per poi aprire il varco nel muro che portava alla Sala Comune dei Grifondoro.
    Albus entrò e facendo appello alle forze appena recuperate, saettò in mezzo alla Sala di Ritrovo, rischiando di scontrarsi con una ragazzina che reggeva in mano delle ampolle, e varcò l’ingresso della torre del dormitorio maschile.
    Quando entrò nella sua stanza trovò Lorcan Scamandro che si stava cambiando e Scorpius in borghese che stava riponendo nel proprio baule i libri di scuola che erano serviti per quella giornata.
    Albus non salutò nessuno dei due, ma si avvicinò al suo letto, buttò la borsa con i libri sopra il cuscino e cominciò a togliersi la divisa scolastica per indossare degli indumenti più comodi.
    Era in tremendo ritardo, erano le cinque e trentacinque, i provini per il Quidditch erano iniziati ormai da cinque minuti e lui non si era nemmeno cambiato.
    -Te l’avevo detto che avresti fatto tardi fermandoti a parlare con Rose e Louis, a Pozioni- annunciò Scorpius.
    -Non scocciare …- rispose Albus con tono scontroso, ma Scorpius lo ignorò, senza biasimarlo.
    Lorcan li salutò dicendo che si doveva vedere con suo fratello Lysander.
    Dopo cinque minuti Albus era pronto.
    -Bene, andiamo.- proferì Scorpius.
    Albus sgranò gli occhi –Cosa?! Tu fai i provini?
    Scorpius sorrise –Non sai quante volte ho tentato di dirtelo che oggi avrei provato a fare i provini, ma tu o eri troppo occupato a parlare con Rose o ad adocchiare le ragazze carine della nostra classe.
    Albus arrossì.
    -Scusami … ma … non dirmi che anche tu non hai notato che abbiamo certe bellezze nel nostro corso?!
    Scorpius sorrise, complice –Certo che le ho notate- ma la sua testa pensava a tutto tranne che alle Grifondoro.
    Nella sua mente vorticava l’immagine di un’attraente Corvonero.

    -Per quale ruolo fai il provino?- domandò Albus, mentre varcavano il portone che conduceva ai giardini.
    -Per il Cercatore.- rispose lui, fiero.
    Albus sgranò gli occhi di nuovo.
    -Bene- proferì alla fine –Che vinca il migliore allora!- concluse, mentre stringeva la mano al suo amico.

    Fred Weasley osservava i contendenti per il ruolo dei Battitori, ma sembrava essere tutti l’uno più imbranato dell’altro.
    Già era tanto se riuscivano ad acchiappare un bolide con la mazza, al primo tentativo.
    La sfortuna volse che i due battitori dell’anno prima, ormai raggiunta l’età di 18 anni, non sarebbero più tornati e ora Fred Weasley, ragazzo del quinto anno, nuovo capitano della squadra dei Grifondoro, si trovava a dover affrontare il difficile ruolo di scegliere i giocatori migliori per la sua casa.
    I Cacciatori erano già stati proclamati:

    * Fred Weasley (Lui stesso)
    * Amy Smith (Studente del sesto anno)
    * Roxanne Weasley (Sua sorella maggiore; del sesto anno e Prefetto dei Grifondoro)

    Il Portiere anche:

    * Johnny Thomas (Studente del quarto anno)

    Mancavano solo il Cercatore e i due Battitori.
    Alla fine del provino di quest’ultimo ruolo Fred non sapeva chi scegliere, quindi decise di rimandare la decisione a più tardi, sperando che arrivasse qualcun altro con più talento.
    Fece iniziare il turno dei Cercatori.
    Prima provò suo cugino James Potter che dimostrò di essere molto bravo, dopo di che toccò ad altri ragazzi che furono più scarsi e infine arrivò il turno dell’altro suo cugino Albus Potter.
    Il piccolo Albus avrebbe afferrato il boccino all’istante se non fosse stato per James, che facendo uso del riflesso di una moneta che aveva nelle tasche, puntò la luce intensa negli occhi verdi del ragazzino, che mancò la presa.
    Albus, invece che provare a prendere di nuovo la piccola pallina dorata, si tuffò a tutta velocità con la scopa, addosso al fratello e due cominciarono a picchiarsi.
    Fred decise di ignorarli e di continuare il provino.
    Toccò a Scorpius Malfoy.
    Con grande sorpresa da parte di Fred, quel ragazzino biondino, dallo straordinario talento, afferrò subito il boccino che Albus aveva lasciato da parte, e si aggiudicò il posto di Cercatore.
    Ora restava il dilemma dei Battitori.
    Nel frattempo James e Albus, in sella a delle scope, si colpivano con delle mazze, che erano quelle di cui facevano uso i Battitori.
    A Fred venne un lampo di genio.
    Facendo l’occhiolino a Scorpius, che non capiva cosa aveva in mente, prese il baule con i bolidi e posizionandolo a modo che il bolide di sinistra, una volta liberato, avrebbe preso a volare nella direzione dei Potter, liberò la palla incantata, urlando –Albus, James! ATTENTI!
    I due fratelli, vedendo arrivare il bolide alla velocità di un cannone, agirono d’istinto.
    Colpirono con le mazze, nello stesso istante, la palla, che, cambiando traiettoria, passò nel centro di uno dei tre anelli, alla destra dello stadio.
    Era stato un tiro preciso, perfetto e potente.
    Fred non esitò a dire.
    -Bene Albus e James Potter, siete i miei nuovi Battitori! Ora smettete di litigare- dopo di che, voltandosi verso il resto dei ragazzini che avevano fatto i provini, annunciò –E voi andatevene, le prove sono terminate!

    SQUADRA GRIFONDORO:
    Cacciatori: Fred Weasley (Capitano); Amy Smith; Roxanne Weasley.
    Battitori: James Potter; Albus Potter.
    Portiere: Johnny Thomas.
    Cercatore: Scorpius Malfoy.


    Alla prossima, con il capitolo 5!
     
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  6. Luisina
     
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    finora la storia mi piace un sacco molto ben dettagliata, povero James avrebbe dovuto preoccuparsi Scorpius non di suo fratello comunque bellissimo capitolo
     
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  7. °Molly°
     
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    è davvero molto bello...povero Albus...con quei sogni strani!!!!
     
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  8. Malandrina Potter
     
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    Capitolo 5:
    L'Occhio del Teschio


    Albus Potter, reggendo ancora saldamente la propria mazza, scese di quota con la scopa, fino a toccare terra.
    Il leggero vento autunnale gli fece ondeggiare i vividi capelli neri, mentre con una strana disinvoltura si avvicinava a Fred Weasley, Scorpius Malfoy e gli altri membri della nuova squadra di Grifondoro.
    Nonostante il pacato dolore, causato da un livido violaceo che si stava materializzando sull’avambraccio sinistro, traumatizzato dalla mazza da Battitore di James, mentre erano occupati a litigare, si sentiva incuriosito e … soddisfatto, ecco la parola giusta per descrivere ciò che provava, del suo nuovo ruolo nella squadra, così inaspettato ma anche così incalzante.
    La questione però lo divertiva pure, perché era partito con la forte decisione di diventare un Cercatore ed ora si ritrova ad essere un Battitore insieme a suo fratello, mentre il suo nuovo migliore amico gli aveva rubato il posto che forse gli spettava di diritto … o forse no, quindi dentro di lui non c’era rancore, ma sincera curiosità e voglia di far vedere chi era.
    La stessa cosa però non la si poteva affermare per James Potter, che era a dir poco furioso, per la decisione di Fred e per i lividi che Albus gli aveva provocato con la mazza.
    Scese anche lui dalla scopa e buttò a terra la mazza con rabbia, poi si avvicinò a suo cugino Fred e urlò –Ma sei matto?
    Fred non rispose, lo fissava divertito, insieme al resto dei presenti.
    -Come cavolo ti è saltato in mente di mettermi nel ruolo di Battitore e per giunta, insieme ad Albus.- concluse, lanciando uno sguardo pieno di sfida al fratello.
    -Cosa c’è James?- domandò con tono di scherno Albus –Prima imbrogli poi pretendi di aver ragione?
    James serrò le labbra in una smorfia di rabbia, cercando di controllarsi.
    -Se proprio vuoi che sia un Battitore, insieme ad Albus, così sia- proferì, rivolto a Fred, cercando di abbassare il tono della voce, che però era ancora troppo alto –Ma io giuro, Albus, che me la paghi.
    Albus rise –Pagare? Io? Ma se sei stato tu quello a barare! E comunque sono contento di essere diventato un Battitore! Sei tu quello che non capisce un tubo!
    Dominique e Justin, che avevano assistito ai provini dalle tribune, raggiunsero il gruppetto e fermarono James, che stava per mollare un pugno ad Albus.
    -James … piantala!- esclamò Dominique.
    -Si, smettila … non so se ti rendi conto, ma tu e Albus siete stati eccezionali quando avete colpito quel bolide!- spiegò Justin.
    James si calmò, ignorò i suoi amici, poi prese la mazza e s’incamminò verso lo spogliatoio, con aria affranta.
    -James- urlò Fred –Gli orari per gli allenamenti verranno esposti domani mattina in bacheca, quindi vedi di non scordarti.
    Il ragazzino non rispose, sparì dietro le ante dell’ingresso dello spogliatoio.
    -Poverino- mugugnò Dominique –Mi sembra davvero triste.
    -Affari suoi, quando fa così non lo sopporto, deve imparare ad essere meno arrogante- rispose con durezza Fred, avviandosi verso lo spogliatoio, seguito dagli altri membri della squadra, tranne Albus e Scorpius.
    –A dopo ragazzi- concluse il giovane capitano, poco prima di sparire dietro la porta.

    Albus, Scorpius, Dominique e Justin rimasero un attimo in silenzio, senza sapere cosa dire.
    Il vento, nel frattempo, continuava a spazzare l’erbetta verde dello stadio e trasportava da lontano degli scuri cumuli di nubi temporalesche.
    -Oh cavolo!- esclamò, all’improvviso, Albus –Mi sono dimenticato che oggi dovevo andare da Hagrid a prendere il Tè!
    -Che ore sono?- domandò Scorpius.
    -Le 18:15- rispose Dominique, guardando nel suo orologio da polso.
    -Allora faccio ancora in tempo a fare un salto nella sua Capanna!- analizzò Albus.
    -Io ti accompagno- si propose Scorpius.
    Albus fece di si con la testa, poi chiese a Dominique e a Justin –Potete mettere voi a posto la mazza e la scopa?
    I due ragazzini acconsentirono e Albus porse loro gli oggetti, poi afferrò una manica di Scorpius e partì a velocità elevata, verso la Capanna di Hagrid, trascinandoselo appresso.

    Mentre correvano lungo il giardino della scuola, a poca distanza dal Lago Nero, le cui acque erano irrequiete, per via del vento che si stava alzando sempre di più, delle gocce di pioggia cominciarono a cadere dal cielo, sempre più fitte.
    Il terreno si trasformò presto in fango e a pochi metri dalla Capanna di Hagrid, Albus scivolò a terra, sporcandosi i jeans.
    Scorpius lo aiutò a rialzarsi.
    Albus si aggrappò a lui e lo usò per issarsi dalla pozza di fango in cui era finito.
    -Accidenti alle mutande di Merlino! Era il mio paio preferito!- esclamò con rabbia, mentre strizzando le palpebre per via delle gocce di pioggia che gli si posavano sulle ciglia, osservava quanto grossa fosse la macchia di terra e acqua sul suo pantalone.
    -Ti rimiri dopo- esclamò Scorpius, cercando di sovrastare il rombo di un tuono appena esploso nel cielo –Quando saremo all’asciutto!
    Albus disse –Hai ragione, scusami!
    Dopo di che proseguirono la corsa fino alla porta d’ingresso della Capanna di Hagrid.
    Scorpius bussò due volte con forza, mentre Albus osservava i confini della Foresta Proibita, ammaliato e allo stesso tempo, spaventato.
    Aveva la vaga sensazione che gli alberi volessero parlagli, era sicuro che se avesse prestato più attenzione, avrebbe udito fra gli ululati del vento, le lettere ben scandite della parola V-I-E-N-I …
    -Chi è?- tuonò la voce di Hagrid, dall’interno della Capanna.
    -Siamo Scorpius e Albus! Aprici sennò fra un po’ affoghiamo!- rispose con un urlo, Scorpius.
    Albus non sentì nulla, non sentiva più nulla, né il freddo né la pioggia e nemmeno il vento.
    Aveva disceso entrambi i gradini del portone della Capanna di Hagrid e con andatura ipnotica si avvicinava ai primi cespugli della Foresta Proibita, che lo chiama, lo stava chiamando a se …
    -Ecco arrivo, ora vi apro!- rispose Hagrid e fu in quel momento che Scorpius si voltò, facendo ondeggiare i lisci capelli biondi zuppi d’acqua, verso la Foresta e vide la sagome di Albus sparire dietro un cespuglio.
    -Albus! Ma sei matto!- urlò, mentre, con un balzo, saltava i due gradini e raggiungeva di corsa l’amico.
    Il piccolo Potter nel frattempo, oltrepassava gli alberi della foresta che lo circondavano seguendo una luce, tipo la stessa luce che si vede quando si è un passo dalla morte, ma questa volta era diverso, perché Albus percepiva vita.
    Ma se tale luce, visibile solo ai suoi occhi, fosse malefica o meno, non lo sapeva … ma si rendeva follemente conto che non gli importava, dall’altronde lui aveva solo undici anni … cosa gli importava del malefico o meno? La curiosità era più forte di ogni altra nota di razionalità o paura.
    All’improvviso una mano si serrò sulla sua spalla sinistra, facendolo destare da quel torpore immenso e perdere di vista la luce.
    -Albus, sei impazzito? Cosa ti è saltato in mente?- domandò Scorpius, mentre lo scuoteva violentemente.
    Il ragazzino tornò completamente in sé e cominciò a percepire di nuovo il freddo, il vento e la pioggia battente, che oltrepassava anche i fitti rami degli alberi.
    Si guardò attorno smarrito e anche spaventato, mentre cominciava a respirare affannosamente.
    -N-non lo so.- riuscì a dire alla fine, mentre nella testa il ricordo di quella luce lo tormentava.

    -Ragazzi, ma siete matti ad inoltrarvi nella Foresta? E poi con questo tempaccio?- domandò Hagrid, mentre porgeva ad Albus e a Scorpius, seduti su degli sgabelli, vicino al camino, una tazza di Tè per ognuno.
    Scorpius non disse niente, mentre sorseggiava il suo infuso, che era davvero insapore, però continuava a bere per non portar dispiacere ad Hagrid, ma lanciò un’occhiata interrogativa al Albus.
    Il ragazzino mandò giù con uno sforzo enorme la manciata di tè che aveva messo in bocca, che però era risultata bollente, poi domandò –Cosa c’è nella Foresta, Hagrid?
    -Difficile trovare risposta a questa domanda, Albus. Ma se proprio ne vuoi una eccola: nella Foresta Proibita c’è la Foresta stessa- rispose Hagrid, guardandolo negli occhi verdi.
    -Nella Foresta Proibita ci sono molte creature magiche, alberi che hanno più di mille anni, leggende e segreti, che io conosco solo in parte, da dopo 89 anni che sono venuto al mondo, ma ascoltami bene, e anche tu Scorpius. La Foresta non è un bel posto dove farci un giretto, è pericolosa, capito? Promettetemi che non entrerete più là dentro da soli e senza un buon motivo.
    Albus e Scorpius si lanciarono delle occhiate smarrite.
    L’ultimo dei due giurò –Promesso.
    Albus gli fece eco –Si, promesso.
    Ma lui, al contrario di Scorpius, aveva portato una mano dietro la schiena e aveva applicato lo scongiuro, incrociando l’indice e il medio.
    “Mi dispiace Hagrid, ma devo capirci meglio su questa storia.”.

    Battitore … ancora non riusciva a crederci.
    Erano anni che aspirava al posto di Cercatore ed ora si ritrovava ad essere un … Battitore, pazzesco!
    E la colpa di chi era?
    Di suo fratello Albus ovviamente, di chi sennò?
    Ma aveva avuto la sua vendetta, si, James Potter si era vendicato, con un piccolo ma gratificante scherzetto.
    Non lo aveva avvertito, non aveva avvertito il piccolo Albus che l’otto settembre sarebbero arrivati a Hogwarts i loro genitori, con la macchina da 15 posti, espansibile, per prendere James, suo fratello e i suoi cugini, e portarli a casa Potter per la notte, visto che il giorno dopo sarebbe stato il compleanno di Lily, la loro sorellina.
    In quel preciso istante James reggeva in mano una valigia non tanto grande, rigida di colore nero, al cui interno vi erano un pigiama, dei vestiti puliti per il giorno dopo e lo spazzolino da denti, più qualche giornalino.
    Si trovava nel Salone d’Ingresso, seduto sul primo scalino della scala che portava alla Sala Grande, insieme a Victorie, bellissima come sempre; Molly e Lucy, sorelle gemelle, del quarto anno, nella stessa casa di Victorie, cioè Corvonero; Rose, che metteva in mostra la sua solita aria da so tutto io, ma che però gli regalavano un certo fascino che era da tenere in considerazione, visto la sua giovane, ma poco dimostrata, età; Roxanne, che conversava con Kevin, quell’impiastro del suo ragazzo, un tipo pomposo e arrogante, che non si addiceva per nulla a lei, secondo il giudizio di James e non solo, compresi i genitori della ragazza; Fred, che parlava con le gemelle e non aveva mai rivolto la parola a James dal giorno del provino, tranne la sera del primo allenamento della squadra, solo per dargli le istruzioni su come sarebbero stati diretti gli allenamenti e su come avrebbero lavorato per applicare delle funzionali strategie; Dominique, che stava seduta vicino a James, e ogni tanto gli lanciava degli sguardi accigliati, per via dello scherzo di cattivo gusto (Secondo lei) che aveva giocato ad Albus e per finire, Louis, seduto alla sinistra di Dominique, intento a conversare con Justin, che era venuto lì per salutarli.
    Erano le 19:15, mancavano quindici minuti e poi i Potter sarebbero arrivati.
    Albus, nel frattempo, stava consumando in fretta e furia la sua cena, per correre poi a fare i bagagli e magari, più tardi, a prendere a calci suo fratello.
    Era venuto a conoscenza della partenza da soli cinque minuti scarsi, grazie alle sue cugine Rose e Dominique, che avevano scoperto il tranello di James, che prevedeva di rivelargli la verità solo quando i suoi genitori sarebbero arrivati.
    Una volta mandata giù tutta la minestra di legumi che aveva nel piatto, uscì dalla Sala Grande, seguito da Scorpius, che insistette per passare lontano dal tavolo dei Serpeverde.
    Albus non fece storie, ma si ripromise che un giorno avrebbe parlato seriamente con il suo amico e si sarebbe fatto rivelare tutta la verità sul perché si ostinava tanto ad evitare i Serpeverde, specialmente il ragazzino di nome Edmmund Goyle.
    E lui, per ricambiare, avrebbe raccontato la verità a Scorpius sul serpente che aveva visto la sera dello Smistamento, sulla luce ipnotica nella foresta e sul sogno fatto la notte stessa che aveva visto il serpente.
    Si, esatto … aveva mentito quando aveva detto a Scorpius di non ricordare il sogno che aveva fatto quella notte.
    Di certo non ne era felice, anzi, si era sentito tremendamente in colpa, ma prima voleva rifletterci bene sopra, e una notte fuori dalle mura di Hogwarts, solo con la sua famiglia, lo avrebbe calmato.
    Per di più aveva fatto la promessa di non dirgli più bugie, visto che ormai era certo di potersi fidare di Scorpius.
    Quando furono nel dormitorio, Albus si cambiò velocemente e appoggiò la divisa sul cuscino del letto, dopo di che s’infilò una maglietta sbiadita e dei pantaloni stile militare.
    Poi fece velocemente la valigia, usando una borsa, il cui scopo reale era trasportare i libri di scuola, infilandoci con poca accuratezza il pigiama, un pantalone più decoroso e una camicia di seta che aveva infondo al baule.
    Dopo di che si rivolse a Scorpius, che nel frattempo leggeva la prima pagina di una copia della Gazzetta del Profeta.
    -Baderai te a Magi domani?- chiese con parsimonia.
    Scorpius alzò lo sguardo fino ad incrociare gli occhi verdi smeraldo dell’amico.
    -Sicuro … però tu mi prometti una cosa?
    Albus, ricordandosi del proposito che non avrebbe più detto bugie al suo migliore amico, annuì.
    -Però non devi ridere o prendermi in giro …- continuò Scorpius, vago.
    -Si prometto ma sbrigati che i miei arriveranno a momenti!
    Le gote del biondino divennero più colorite, mentre prendeva fiato, e formulava la domanda.
    -Un giorno mi presenti a tua cugina Rose?
    Albus sgranò gli occhi e cercò di non ridere.
    –Ma ci hai già parlato diverse volte …
    -Si … ma non è la stessa cosa, penso proprio che mi piace …
    Albus scosse la testa e avvicinandosi a Scorpius, disse –Okay … metterò qualche buona parola … ma ora andiamo.

    Albus fece il suo ingresso nella Sala, dove gli altri lo stavano aspettando, proprio nel momento in cui Harry e Ginny Potter arrivarono, entrando dall’enorme portone d’ingresso, accompagnati dalla preside.
    Il ragazzino, sorrise compiaciuto, mentre lanciava un’occhiata soddisfatta a suo fratello James.
    Quest’ultimo non rispose alla provocazione, si limitò ad alzarsi in piedi e a dirigersi verso i genitori.
    -Ciao mamma e papà!- esclamò, con voce da bravo bambino.
    Albus fece una smorfia, poi si voltò verso Scorpius, che però sembrava troppo occupato a fissare Rose, piuttosto che ascoltarlo.
    -Pianeta terra chiama Scorpius …- esclamò Albus, ridendo.
    Scorpius scosse la testa e borbottò –Eh? Hai detto qualcosa?
    -Non ancora …- rispose Albus, comprensivo –Volevo solo dirti che ci si vede dopo domani e … che sei un ottimo amico.
    Scorpius sorrise, poi gli appoggiò una mano sulla spalla e rispose –Ti ringrazio e la stessa cosa vale anche per te.

    Il volo (La macchina dei Potter, una jeep blu, da 5 posti, ma resa più larga grazie a un incantesimo, con un massimo di 15 posti, compreso il guidatore, che però vista da fuori sembrava un auto qualsiasi, con l’unico particolare che poteva volare, diventare invisibile e trasportare molte persone alla volta) non durò molto, nel giro di un ora erano già arrivati a Godric’s Hollow, e parcheggiato la macchina vicino al garage, nel retro della villetta dei Potter.
    La casa era la stessa dei genitori di Harry Potter, completamente ricostruita e ristrutturata.
    In compenso era molto grande e le camere spaziose, per di più si era riuscisti a risolvere il problema dei letti e delle stanze per quella notte.
    Metà delle ragazze avrebbero dormito in camera con Lily e l’altra metà nella camera di Albus, i maschi invece avrebbero dormito tutti insieme in camera di James, visto che erano inferiori di numero.
    Chi non aveva il letto avrebbe usato dei sacchi a pelo trasfigurati da Hermione Weasley, utilizzando i petali di una rosa del giardino.
    Quando alla fine tutti si furono sistemati nelle stanze:

    -Lily Potter (La Festeggiata)
    -Rose Weasley
    -Dominique Weasley

    Presero posto nella camera di Lily;

    -Lucy Weasley
    -Molly Weasley
    -Victorie Weasley
    -Roxanne Weasley

    Presero posto nella camera di Albus e …

    -James Potter
    -Albus Potter
    -Louis Weasley
    -Hugo Weasley (Fratello minore di Rose, coetaneo di Lily; già ospite a casa dei Potter da un giorno.)
    -Fred Weasley

    si accomodarono nella camera di James, fu ora di andare a dormire.
    Il giorno dopo sarebbero arrivati gli altri familiari, compreso Teddy Lupin, che Victorie non vedeva l’ora di riabbracciare, anche se era passata poco più di una settimana da quando si erano salutati alla stazione di King’s Cross.

    Presto i ragazzini si addormentarono tutti, e anche se un po’ stretti, comodamente sprofondarono nel mondo dei sogni.
    Ma, verso le due di notte, James ricevette un calcio involontario da Albus, che aveva preso ad agitarsi nel sonno, e si svegliò.
    Massaggiandosi nel punto in cui Albus lo aveva urtato, scivolò fuori dal suo sacco a pelo e ridusse gli occhi a due fessure per riuscire a vedere al buio, il quale era quasi impenetrabile.
    Gli altri dormivano tutti, l’unico che catturò la sua attenzione fu Albus, e no per il calcio che gli aveva appena dato.
    Il ragazzino borbottava nel sonno parole incomprensibili e si agitava, come in preda ad un raptus.
    James preoccupato, gli mise una mano sulla fronte sudata e sentì che era freddo come il ghiaccio.
    “Per lo meno non ha la febbre” pensò, cercando di distrarsi alla vista del tormento del fratello.
    -Lily …- disse all’improvviso Albus –No Lily! Lasciala … il bambino … non uccidere il bambino …
    Per James fu troppo.
    Posò una mano sulla spalla del fratello e cominciò a scuoterlo, sussurrando –Svegliati Albus … svegliati!
    Albus spalancò gli occhi all’improvviso, facendo venire un colpo a James, che fece uno scatto all’indietro.
    Il più giovane dei due cominciò a respirare con andatura più regolare e senza mettersi seduto, strinse la mano destra del fratello, che si trovava vicino al suo sacco a pelo.
    -James … James, io non ce la faccio più …- sussurrò con un gemito, sull’orlo delle lacrime.
    James non sapeva cosa dire e come comportarsi, ma di certo in quel momento aveva dimenticato la rivalità che c’era tra loro due, per lasciare spazio ai suoi dovere di fratello maggiore.
    -Cosa … di che cosa parli?- domandò James.
    Albus sospirò, ricacciando dentro le lacrime che invece volevano uscire, poi si mise seduto, senza lasciare la mano del fratello.
    -Ho paura- disse, con tono più sicuro –E’ già la seconda volta che faccio sogni del genere … è terribile James … poi il serpente, non riesco a togliermelo dalla testa … sento che impazzisco!
    -Cosa? Di che serpente parli? Raccontami il tuo sogno …
    Albus fece un grosso sospiro, poi cercando di scrutare al meglio, nell’oscurità della stanza, gli occhi color nocciola del fratello, cominciò a raccontare …
    Albus e Lily Potter …
    In camera della ragazzina …
    Giocano con la Play Station …
    Va via la luce …
    Diventa tutto buio …
    Albus stringe a se la piccola Lily che comincia a piangere …
    La porta cigola e si apre lentamente …
    Nell’oscurità appaiono due occhi rossi, come il sangue, gli stessi occhi del serpente …
    I due fratellini corrono verso la finestra della cameretta.
    Albus sta aprendo la serranda per scappare, siccome si trovano al piano terra …
    Quando si gira sua sorella è sparita …
    No, non è scomparsa, si sta avvicinando al serpente …
    -Lily no! Vattene! Lily! Torna qui!- urla Albus, ma lei non lo ascolta.
    Il serpente la stringe a se con la coda e la stanza diventa completamente buia.
    -Lily! Nooo!
    Ritorna la luce, che rivela uno scenario diverso …
    Albus si trova ora nella stanza di suo fratello, ma è arredata in modo differente …
    Il rombo di un’esplosione…
    Una donna entra all’improvviso nella camera, chiudendo la porta … ha in braccio un bambino …
    Mette il bambino nella culla vicino al letto …
    La porta esplode …
    Entra un uomo con il mantello nero, che gli copre il volto …
    Punta la sua bacchetta contro la donna …
    Albus ha paura …
    Una luce verde inonda la stanza …
    La donna urla, mentre si accascia al suolo …
    E’ morta …
    Il volto di Albus si riga di lacrime mentre guarda l’uomo fare la stessa cosa con il bambino.

    Alla fine del racconto James fissava il fratello incredulo, senza riuscire a spiccicare una parola.
    Non si sentiva in grado di capire che significato avesse quel sogno e forse non voleva saperlo.
    -Non è che ti ha fatto male qualcosa che hai mangiato a cena?- chiese ad Albus, per sdrammatizzare.
    Albus ritrasse la mano e con un sussurro, rispose –No … te l’ho detto, ho già fatto questo sogno, la notte dello Smistamento, sempre lo stesso sogno e sono certo che non centra quello che ho mangiato.- concluse con un tono leggermente ironico.
    James annuì, poi proferì –Ne parliamo domani …
    -No, domani ci sarà troppa gente, non ne avremo la possibilità e non voglio che qualcuno sappia.
    -Va bene, quando torniamo a scuola allora, perché ora ho sonno …
    “Anche se penso che non chiuderò più occhio per colpa tua.” concluse pensando.
    Albus fece di si con la testa, si distese sul suo sacco a pelo e sussurrò –Va bene e … grazie James.
    James sorrise, ma non sapeva se suo fratello lo aveva visto, perché aveva già chiuso gli occhi.
    Così che sospirò e si alzò in piedi per andare in bagno.

    Quando ebbe fatto, James uscì dal bagno e si avvicinò alle scale che portavano al primo piano, quello dove c’era la sua stanza, la stanza dove, secondo il sogno di Albus, era morta quella donna con il bambino.
    Al solo pensiero James rabbrividì.
    “Cosa significa?” si chiese, mentre se ne stava come pietrificato, attaccato al corrimano della scala.
    “Questa casa è molto vecchia e so che qui ci hanno abitato i nostri nonni e mio padre, prima che Lord Voldemort li uccidesse e papà venisse consegnato ai suoi zii, babbani.”
    Ecco ciò che sapeva, ma c’era dell’altro? Suo padre gli aveva raccontato tutto o mancavano dei pezzi del puzzle? E a prescindere da questo, perché Albus aveva fatto quel sogno?
    “Cosa centra nostra sorella Lily con tutto questo?”.
    Per la prima volta in vita sua era davvero preoccupato.
    “Il serpente poi … cosa vuol dire? E’ un enigma?”.
    James sapeva che a sua sorella piacevano i rettili, di qualsiasi specie, tanto che la sua cameretta era piena di enciclopedie per bambini che parlavano dei dinosauri, delle lucertole e dei ... serpenti.
    -James, che ci fai qui? Dovresti dormire sai?- proferì una voce alle sue spalle che lo fece sussultare, ma poi sorridere, perché quella non era la voce di suo padre.
    -Teddy! Sei già arrivato?- domandò James, mentre si voltava verso il diciannovenne che considerava come un fratello maggiore.
    Teddy gli scompigliò i capelli con la mano e sorrise, nella semi oscurità –Si, ho finito ora di lavorare e ho deciso di trascorrere il resto della notte qui, magari sul divano.
    James non fece in tempo a dire qualcosa, perché dalla cucina, da dove probabilmente Teddy era uscito, comparvero anche i suoi genitori.
    -James, chi ci fai alzato a quest’ora?- domandò la madre, senza però rimproverarlo.
    -Sono dovuto andare in bagno.- spiegò James.
    -Bhe, ora torna a letto, perché domani dovrete alzarvi tutti presto.- disse Harry, sorridendo.
    James annuì e fece per salire le scale ma si fermò.
    Teddy aveva appena slacciato la giacca di pelle che portava addosso, e dalla scollatura della maglia senza maniche una collana con un teschio, stile Pirati dei Carabi, catturò la sua attenzione.
    -Teddy, dove l’hai presa quella?- domandò incuriosito.
    Il ragazzo capì subito a cosa si riferiva e rispose –Questa? In una bancarella babbana … una sciocchezza.
    James, ora che aveva ricevuto la sua risposta, sarebbe dovuto tornare in camera, ma non lo fece.
    -E l’occhio? Cosa ha nell’occhio?
    Teddy parve turbato dalla domanda.
    -Niente … una pietruzza che avevo già, e che ho fatto incastonare nell’occhio … niente di speciale.
    James voleva chiedergli se poteva vederla da vicino ma non fece in tempo a spiccicare parola.
    -James, ora basta, ne riparlerete domani, ora vai a dormire.- ordinò la madre, con più tono.
    Il ragazzo amareggiato, fu costretto ad ubbidire.
    Salì le scale velocemente, pensando alla pietra nell’Occhio del Teschio.
     
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  9. emip94
     
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    Cosa succede ora?
     
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  10. Luisina
     
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    che succede ora? bellissimo capitolo sempre più intrigante
     
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  11. °Molly°
     
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    wow...bellissimo,misterioso...superlativo!!!XD
    non vedo l'ora del prossimo capitolo!!!
     
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  12. Malandrina Potter
     
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    Capitolo 6:
    Verità Nascoste


    Per James fu molto difficile riuscire ad addormentarsi.
    Erano successe così tante cose in pochi minuti che adesso si ritrovava ad avere la testa più incasinata che mai.
    Il sogno di Albus, la pietra incastonata nell’occhio del teschio che Ted portava come ciondolo … tutto quanto roteava nella sua mente, in preda a un vortice infinito, fatto di sensazioni e paure.
    Non riusciva poi a capire perché quella pietra aveva così tanto attirato la sua attenzione.
    Gli era bastato uno sguardo e subito ne era rimasto ammaliato, peggio di quando vedeva passare per i corridoi della scuola, le ragazze carine del terzo e secondo anno.
    In quel preciso istante, mentre se ne stava avvolto nel suo sacco a pelo, vicino ad Albus, che sembrava dormire tranquillo, James desiderava guardare da vicino quella pietra.
    In più c’era un’altra cosa che non riusciva a capire.
    Teddy aveva reagito in modo strano quando James gli aveva chiesto della pietra.
    Mai in vita sua lo aveva visto comportarsi così.
    Di solito avevano sempre diviso tutto tra loro e Teddy spesso lo lasciava giocare con le sue cose.
    Però, quando gli aveva chiesto del ciondolo, Teddy, aveva assunto un aria turbata e schiva, sul l’argomento e nei suoi confronti.
    James, mentre lasciava che quei ricordi scorressero via, strisciò ancora di più nel sacco a pelo, fino a lasciar intravedere da fuori solo alcuni ciuffi neri e ribelli, dei suoi capelli.
    Chiuse gli occhi, cercando di pensare al altro e alla fine, si addormentò.
    Ovviamente non fu cullato da sogni tranquilli, ma da immagini senza senso e sequenze di avvenimenti, non connessi tra loro, che si alternavano con momenti di buio totale.
    Quella fu una delle notti più lunghe della sua vita.

    -James … alzati, ci sei rimasto solo tu!- tuonò una vocina maschile, nelle orecchie del dodicenne.
    James si stiracchiò, mentre apriva, strizzando le palpebre, un occhio e poi l’altro, accecato dalla luce troppo intensa, che proveniva dalla finestra aperta.
    Scoprì dopo pochi istanti di essere sdraiato sul freddo pavimento, mentre il sacco a pelo se ne stava aggrovigliato, ai suoi piedi.
    Si mise a sedere, ritrovandosi a faccia a faccia con suo cugino Hugo, di appena sette anni.
    Sbadigliò e si gratto la testa spettinata, prima di riuscire a formulare una frase di senso compiuto.
    -In che senso sono rimasto solo io?
    Hugo rise e scuotendo la testolina rossa, aggiunse –Guardati un po’ attorno, vedi qualcun altro qui che dorme come un ghiro?
    James guardò oltre la sagoma del bambino e scoprì che Hugo aveva ragione.
    La sua stanza era deserta e tutti gli altri sacchi a pelo, spariti.
    -Abbiamo provato più volte a svegliarti, ma niente … tu non ci senti! Così ti abbiamo lasciato dormire … ma zia Ginny mi ha detto di svegliarti e di dirti che è ora anche per te di alzarsi!
    James sbuffò e facendo di si con la testa rispose –Va bene, va dire a mia madre che ora mi alzo e scendo a fare colazione …
    Hugo sorrise e tutto eccitato si precipitò fuori dalla camera di James.
    Quest’ultimo si alzò da terra e senza nemmeno infilarsi le ciabatte ai piedi, uscì dalla camera, per andare in bagno.
    Scese le scale velocemente, frastornato dal chiasso dei suoi parenti, tutti radunati in salotto e oltrepassò la soia del bagno, senza nemmeno bussare.
    Non fu sorpreso di trovare suo fratello Albus, chino sul lavandino, con addosso ancora il pigiama, mentre si lavava i denti.
    -Non pi usa bubbare?- farfugliò Albus, con il dentifricio super sbiancante, in bocca.
    -Cosa?- domandò James, mentre alzava la tavoletta del water.
    Albus sputò nel lavandino il dentifricio, poi si sciacquò la bocca con dell’acqua e alla fine proferì.
    -Ho detto: Non si usa bussare?
    -Scusami- disse James, con tono smorto –Me ne sono scordato … comunque sbrigati, che devo fare le mie cose …
    Albus annuì, mentre si avvicinava al portasciugamani dove erano risposti i panni per le mani, auto-asciuganti.
    Il ragazzino dovette solo avvolgere le mani in uno di quei panni e dopo pochi secondi erano già asciutte e per niente umide.
    -James ricordati, acqua in bocca.- concluse, prima di uscire dal bagno, alludendo a ciò che gli aveva raccontato durante la notte appena passata.

    Quella mattinata del 9 settembre 2017, risultò essere piuttosto intensa per i ragazzi e per gli adulti.
    Si dedicarono soprattutto ai preparativi per la festa.
    Pulendo, spolverando, decorando e cucinando.
    E anche se la maggior parte di questi lavori vennero compiuti facendo uso della magia, quando arrivò l’ora di pranzo, tutti era stanchi morti e molto silenziosi.
    La grande tavola in salotto era apparecchiata a dovere e gli ospiti quasi tutti arrivati, presto il pranzo sarebbe stato servito.
    Lily Potter se ne stava nella sua cameretta, sdraiata a pancia sotto, sopra un tappeto, insieme a Rose, Hugo e Dominique.
    I pennarelli e i pastelli sparsi per tutto il pavimento e i fogli di pergamena su cui lei amava disegnare, ammassati sulla scrivania.
    Tutti quanti indossavano il loro vestito buono e stando attenti a non sporcarsi, tenevano occupata Lily, mentre gli altri andavano a prendere la torta e i regali.
    James piombò nella stanza all’improvviso, accompagnato da Lucy.
    -Sono arrivati nonna Molly e nonno Arthur!- esclamò quest’ultima.
    -Bene!- tuonò Lily, accennando ad alzarsi da terra per andare in contro ai nonni.
    -No, aspetta!- esclamò James, guardando negli occhi Dominique e Rose –Perché non fai un altro disegno?
    Lily ci pensò su, grattandosi il mento –Ho finito i fogli di pergamena!
    -Perché non disegni su dei fogli normali?- domandò il fratello.
    -No … se mi trovi un foglio di pergamena disegno sennò vado dai nonni!- urlò la ragazzina, con tono lagnoso, che non ammetteva repliche.
    James incrociò lo sguardo con i sui cugini, poi tornò a guardare Lily.
    -Va bene, ora guardo cosa riesco a trovare … tu resta qui però!
    Lily annuì, soddisfatta e nel frattempo James sussurrò nel orecchio sinistro di Lucy –Tenetela buona!

    James filò subito nello studio del padre.
    Sapeva che gli era proibito andarci, ma questa era un emergenza.
    Di certo li avrebbe trovato dei fogli di pergamena per la sorella.
    Frugò nella scrivania, guardando in tutti i cassetti, ma non trovò nulla, solo documenti e altre cose simili.
    Stava per andarsene, ma un piccolo cassetto, nascosto dalla poltrona, attirò la sua attenzione.
    “Qui non ho guardato” si disse.
    Girò la chiave che c’era nella serratura che lo precludeva, poi lo aprì delicatamente.
    Si stupì quando scoprì che conteneva soltanto una pergamena vecchia e stropicciata, ripiegata su se stessa.
    La tirò fuori e se la infilò nelle tasche del pantalone, senza neanche aprirla.
    “Speriamo che le vada bene!” pensò, mentre chiudeva il cassetto e girava la chiave.
    Si avvicinò alla porta e mentre l’apriva per uscire dallo studio, si guardò indietro per vedere se aveva rimesso tutto al suo posto.
    Quando fu certo di poter andare, uscì e fu così che si scontrò con qualcuno.
    Quel qualcuno era suo padre.
    -James? Cosa ci facevi nel mio studio?- domandò lui, senza rancore, ma comunque un po’ accigliato.
    Il ragazzino portò istintivamente la mano destra sulla tasca rigonfia del pantalone, quella che conteneva la pergamena per la sorella.
    -Nie-niente … cercavo … ti cercavo.- balbettò James.
    -Perché mi cercavi?- domandò nuovamente, Harry Potter.
    -Perché? Ehmm … perché … perché volevo … ah si! Volevo sapere se possiamo far uscire Lily dalla sua stanza … allora possiamo?- domandò James, con tono insicuro e stridulo.
    Harry Potter sorrise e rispose –Fra poco … comunque anche io ti cercavo a dire il vero … voglio parlarti James.
    Il ragazzino, preoccupato e incuriosito allo stesso tempo, chiese –Di cosa?
    -Vieni, andiamo nello studio, per avere più privacy.- proferì il signor Potter, notando Hugo, Fred e Albus, salire le scale, diretti nel corridoio al primo piano, quello in cui si trovavano loro.
    Harry Potter fece entrare il figlio nello studio, poi si chiuse la porta alle spalle.
    James, perplesso, si sedette su una poltroncina scarlatta e osservava il padre fare la stessa cosa su una seconda poltrona.
    Harry Potter disse -James, ho saputo da Albus che siete diventati Battitori … e che tu non sei contento …
    Il ragazzino sbuffò, e interrompendo il discorso del padre, disse-Uffa però! Quello deve sempre fare la spia!
    Il signor Potter riprese a parlare, ignorando l’esclamazione del figlio.
    - … e volevo dirti che sono fiero di voi lo stesso, anche se non siete diventati Cercatori … vorrà dire che avete preso il talento dei vostri zii, Fred e George.- concluse con un sorriso.
    -Fred e George erano Battitori?- domandò James, sorpreso.
    -Certo! George non te l’ha mai detto?- chiese il padre, e il ragazzino fece di no con la testa.
    -Che strano … comunque ora lo sai e forse, essendo Battitori, tu e Albus, la smetterete di litigare.
    James sorrise e anche Harry.
    Il ragazzino era felice, sapere che anche gli zii Fred e George erano diventati Battitori quando andavano a scuola lo portò gioiosamente a riflettere sul fatto che forse non era un ruolo così patetico, come credeva.
    Dall’altronde suo zio George gli aveva spesso raccontato le marachelle, che lui e il suo fratello gemello Fred, che James non aveva mai conosciuto, avevano combinato durante gli anni passati ad Hogwarts.
    Sorrise nuovamente e si apprestò ad ascoltare le altre parole del padre.
    Harry Potter domandò -Poi volevo chiederti … come si comporta il figlio di Draco Malfoy, Scorpius?
    James, anche se un po’ sorpreso, rispose –E’ un bravo ragazzo ed è diventato il migliore amico di Albus … sta nei Grifondoro, con noi …
    -Si questo lo so, me l’ha detto Albus con una lettera … è solo che mi sembrava strano e volevo chiedere conferma a te.
    James disse –E’ molto simpatico papà e … molto bravo a Quidditch … è lui il Cercatore della squadra dei Grifondoro.
    Harry Potter squadrò un attimo il figlio, prima di dire qualcosa –Beh … allora non riesco ad immaginare da chi abbia preso!
    James trattenne una risata ma il signor Potter no e tutti e due scoppiarono a ridere.
    Però, dopo pochi minuti, ritornarono seri, anche se James aveva ancora dipinto sul viso un sorriso che mostrava tutti i denti.
    -Bene, vorrei dirti un’ultima cosa poi possiamo scendere in salotto, dove si trovano gli altri.- disse Harry.
    James annuì, facendo scomparire il sorriso di prima.
    -Voglio darti una cosa, ora che sei abbastanza grande per valutare l’uso che ne farai, una cosa che è appartenuta a mio padre, poi a me e ora la do a te.
    Il volto di James s’illuminò di gioia, ancora prima di sapere di che cosa si trattava.
    Harry Potter si alzò dalla poltrona e si avvicinò a un baule non tanto grande, nascosto dalla scrivania.
    Estrasse la bacchetta e agitandola, fece aprire il lucchetto, probabilmente chiuso magicamente.
    Ripose la bacchetta nelle tasche e tirò fuori il contenuto del baule, che risultò essere un vecchio mantello.
    La gioia che aveva illuminato, pochi secondi prima, il volto si James, si spense come una candela posta sulla scia di una corrente d’aria.
    -Un vecchio mantello?- domandò, apatico.
    Harry Potter si avvicinò al figlio e gli appoggiò il mantello impolverato sulle ginocchia.
    Con grande sorpresa di James, visto da vicino, risultava più attraente, ma comunque la sua delusione per aver scoperto di ereditare dal padre quel vecchio indumento, non accennava ad andare via.
    -Non è un vecchio mantello qualunque, questo è il Mantello dell’Invisibilità- si affrettò a piegare, Harry Potter –Ma capirai meglio indossandolo.
    James, seppure incuriosito, si alzò dalla poltrona lentamente, afferrando con cura i lembi superiori del mantello.
    Con uno scatto se lo appoggiò sulle spalle, ma non avvertì nulla di strano.
    -Guardati le spalle- lo esortò il padre, con espressione beffarda.
    James si guardò i dorsi e impallidì, sgranando gli occhi, quando scoprì che erano scomparsi.
    Le sue spalle non c’erano più!
    Se lo tolse velocemente e estasiato disse –Papà … è fantastico!
    -Si James, lo è- rispose Harry, prendendo il Mantello dalle mani del figlio e cominciando a piegarlo con cura –E confido sul fatto che ne farai buon uso e che lo condividerai con Albus e Lily se la situazione lo richiederà.
    Il ragazzino si sentiva un po’ riluttante sul fatto che doveva condividere quel bene prezioso con i suoi fratelli, ma era anche felice, perché alla fine quel Mantello era suo, solo suo e di nessun altro!
    -Io non dirò niente ne ad Albus ne a Lily, aspetterò che sarai tu a rivelare a loro che possiedi il Mantello- continuò Harry Potter, più serio che mai –Io mi fido di te James, non deludermi.
    James desiderava tante cosa, ma no deludere suo padre, quindi disse –Okay papà, te lo prometto.

    Uscirono dallo studio e James, prima di tornare da Lily, per portargli la pergamena che aveva trovato, andò in camera sua.
    Prese la propria valigia e ci infilò dentro il Mantello, nascondendolo con cura sotto gli altri indumenti.
    Poi uscì dalla camera e si precipitò al piano di sotto.
    Quando entrò in camera della sorella, trovò Rose e Lily che leggevano insieme un libro sugli animali.
    -Ecco, ho trovato la pergamena! Ora fammi vedere come disegni!- esclamò, avvicinandosi alle ragazze e ammiccando verso Rose.
    Lily, contenta, scattò in piedi, facendo ondeggiare i lunghi e lisci capelli rossi.
    -Ce n’hai messo di tempo!- borbottò Rose.
    -Si è vero!- fece eco la bambina.
    James non rispose, ma estrasse la pergamena stropicciata dalle tasche e l’aprì per la prima volta, insieme alle due ragazzine.
    Era completamente vuota, molto grande e ingiallita dal tempo, ma per il resto era perfetta per le esigenze di Lily.
    La ragazzina la prese in mano e l’appoggiò a terra, dopo di che prese uno dei suoi pennarelli sparsi per il pavimento e tolse il tappo, pronta a mostrare le sue abilità di artista.
    -Ora ti faccio una caricatura, James!- esclamò al colmo dell’eccitazione.
    James e Rose sorrisero, pronti ad assistere al capolavoro della ragazzina.
    Ma appena Lily stava per appoggiare la punta del pennarello sulla ruvida superficie della pergamena, qualcuno fece irruzione nella stanza.
    Era Teddy, vestito in modo impeccabile e con i capelli viola leggermente unti di gel.
    Risultava, nel complesso, più bello del solito.
    -E’ ora di mangiare ragazzi, su venite!
    Lily fu la prima scattare fuori dalla stanza, buttando a terra il pennarello che prima stava reggendo in mano.
    Rose la seguì a ruota e l’ultimo a uscire fu James, che lasciò la pergamena per terra, nella stanza della sorella.

    James, prima di entrare in salotto, afferrò un lembo della giacca di Teddy, per richiamare la sua attenzione.
    -Ora mi fai vedere il teschio? Quello del ciondolo?
    Il ragazzo si voltò verso James.
    Rimase in silenzio per qualche secondo, pensando alla risposta da dare al ragazzino.
    -Va bene, guardalo pure, ma fa in fretta James …
    Dopo di che si slacciò il colletto della camicia e con le mani tirò fuori il ciondolo, per poi sfilarselo dal collo e porgerlo a James.
    Il ragazzino lo prese e rivolse tutta la sua attenzione alla pietra nera che aveva nell’occhio destro.
    Notò che era scheggiata al centro, un piccola crepa l’attraversava e che su di essa erano incisi degli strani disegni, quasi completamente scomparsi.
    Un cerchio e un triangolo che lo conteneva.
    -Dove l’hai presa?- domandò poi, dove aver finito di esaminarla.
    Teddy si riprese il ciondolo e rispose –L’ho trovata ad Hogwarts, quando facevo il primo anno. Non era di nessuno e l’ho presa, tutto qui … come mai t’interessa tanto?
    James inarcò le spalle –Così … era per sapere.
    Ted sorrise e mentre infilava il ciondolo nelle tasche della giacca disse –Vieni curiosone, gli altri ci staranno aspettando.
    James lo seguì ma l’osservava accigliato.
    Gli aveva mentito.
    Teddy gli aveva raccontato una bugia.
    Ne era sicuro, non era bravo a mentire e ora lo aveva fatto.
    Ted, suo ‘fratello’, suo compagno di giochi da sempre, gli aveva nascosto la verità.


    Scusate il ritardo! ;)
     
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  13. Luisina
     
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    bellissimo questo passaggio da padre a figlio, e quella pergamena suppongo sia la mappa del malandrino,
    comunque bellissimo capitolo continua presto
     
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  14. °Molly°
     
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    wow...straoridinario..e più si va avanti più il mistero si infittisce...non vedo l'ora del prossimo!!
     
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  15. Malandrina Potter
     
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    Eccomi.
    Questo capitolo è un pò lunghetto, vi avverto.

    Capitolo 7:
    Ombre e Leggende


    -Lily, chiudi gli occhi, mi raccomando!- esclamò Ginny Potter, mentre accompagnava la figlia in cucina.
    La bambina si era portata subito i palmi delle mani sul volto, per non guardare, e si lasciava guidare dalla presenza della madre.
    A seguire vi erano Albus, Rose e Hugo, troppo impazienti di sapere qual’era la sorpresa per Lily, per poter aspettare in salotto, insieme agli altri.
    James invece, era ancora un po’ imbronciato con Teddy, e se ne stava seduto sul divano, insieme a Lucy, Molly e Roxanne, nel salotto, mentre lo stomaco gli mandava segnali fastidiosi e gorgoglii per la fame, visto che non aveva toccato cibo, ma adesso se ne pentiva amaramente.
    Ginny fece posizionare Lily davanti al tavolo della cugina e le disse di tenere ancora gli occhi chiusi.
    La bambina annuì.
    Albus, Rose e Hugo spiavano dalla soia della porta, ma dovettero spostarsi, per far passare Harry Potter, George Weasley, Arthur Weasley e Percy Weasley, che reggevano in mano un enorme pacchetto, decorato con un enorme fiocco verde smeraldo.
    Appoggiarono il pacco sul tavolo sgombro e Albus, Rose e Hugo si spinsero ancora più dentro la stanza per guardare.
    -Bene Lily, ora puoi aprire gli occhi!- proferì Harry Potter
    La ragazzina tolse le mani dal viso, rivelando i grandi occhi color nocciola, come quelli di James, colmi di eccitazione.
    -Un altro regalo?- domandò stupita, visto che aveva già scartato cinque regali.
    -Si, ma questo è da parte di tutti.- piegò George Weasley, sorridendo alla ragazzina.
    Lily cominciò subito a scartare il pacco e mettendo da parte il fiocco, il quale le piaceva da morire, rivelò il contenuto del regalo.
    Una scopa nuova di zecca, decorata da linee e disegni astratti, di colore verde, argento e viola, cioè le tonalità preferite della ragazzina; Poi una divisa da Quidditch formato bambino, con gli stessi colori; Un libro per bambini sul Quidditch e infine due mazze e un boccino, per poter giocare a Quidditch con i fratelli, che già possedevano una scopa per uno e una divisa, sempre personalizzate secondo i loro gusti, come quelle della sorellina.
    Lily era così contenta ed estasiata che non riusciva più a formare una sola sillaba che avesse un senso.
    Se ne stava lì, ad osservare e a tastare i regali come per accertarsi che fossero veri, invece che un sogno.
    -Allora piccola? Ti piacciono?- domandò Arthur Weasley, interrompendo l’imbarazzante silenzio.
    Lily fece di si con la testa e corse ad abbracciare il nonno, che ricambiò affettuosamente, poi il padre, la madre e gli zii George e Percy.
    -E’ bellissimo! Bello, bello, bello!- riuscì a dire alla fine, esprimendo tutta la sua felicità.
    Di conto loro, nel frattempo, Hugo e Rose avevano occhi solamente per la scopa, soprattutto il bambino, che premeditava di chiederne una al padre e alla madre, per il suo prossimo compleanno.
    Albus invece era soddisfatto, per le vacanze di Natale premeditava già le partite che lui, suo fratello e sua sorella avrebbero fatto fra i fiocchi di neve.
    Sul suo volto si dipinse un sorriso leggero, di gioia.
    Si sentiva fortunato ad essere nato in una famiglia così unita.
    -Dai Lily, porta a far vedere agli altri che aspettano, cosa hai ricevuto!- la incitò Percy Weasley.
    La ragazzina ubbidì.
    Afferrò la scopa e la divisa, mentre Albus, per aiutarla, prese le mazze e il boccino, invece Rose il libro sul Quidditch.

    James non stava fermo un minuto.
    O si alzava dal divano per andare a guardare fuori dalla finestra, anche se non gli interessava affatto sapere cosa succedeva fuori dalla villetta dei suoi, visto poi che in strada non vi era anima viva, o si avvicinava al tavolo della sala per bere un bicchiere d’acqua tiepida, presa dalla bottiglia posta sul tavolo prima citato, circondata dai residui del pranzo appena consumato, oppure tornava a sedersi sul divano.
    Stranamente non riusciva a spiegarsi perché fosse così iperattivo, considerando il fatto che non era ne allegro ne eccitato.
    Nel frattempo, il resto dei suoi familiari rimasti in salotto, chiacchieravano animatamente tra loro, aspettando il ritorno della piccola Lily e della comitiva che stava con lei, per mostrare loro il regalo che aveva ricevuto, anche se parte di loro ne conoscevano già la natura, divisi in gruppetti e nessuno dei tanti prestava minimamente attenzione al piccolo dodicenne, che in cuor suo ne era grato, sentendosi poco predisposto al giustificare quel suo comportamento discutibile.
    Dopo aver trangugiato il quinto bicchiere d’acqua tornò a sedersi sul divano, facendosi largo tra sua cugina Molly e la spallina del sofà e fu all’ora che la quattordicenne andò fuori dai gangheri e borbottò –James trovi pace?! Sembri un anima in pena! E stai facendo penare anche me!
    Il ragazzino le fece il verso sottovoce, però girandosi dall’altra parte, a modo che lei non lo notasse.
    Dopo di che, James, sbuffò mentre nella testa gli frullavano queste parole “Per lo meno mi ha notato!”.
    Ovviamente non era geloso e nemmeno triste.
    Come avrebbe potuto?
    La giornata si era rivelata davvero fruttuosa per lui.
    Aveva ereditato dal padre il Mantello dell’Invisibilità e già si sentiva estasiato al solo pensiero dell’uso che ne avrebbe fatto, aveva accettato finalmente con orgoglio il fatto di essere diventato Battitore e di onorare in questo modo i suoi zii Fred e George, e, infine, era riuscito a esaminare da vicino la pietra incastonata nel ciondolo di Teddy, cosa che lo aveva tormentato per tutta la notte.
    Si, certo, era ancora un po’ accigliato con Ted per il fatto che gli aveva, probabilmente, mentito, ma non era questa la causa per come si sentiva in quel momento.
    Cosa gli prendeva?
    Nella testa gli vorticavano strani pensieri.
    Cose a cui non aveva mai pensato.
    Cose d’adolescente.
    Quella che stava avendo in quell’istante, era per caso una crisi adolescenziale?
    Non sapeva darsi risposta, ma conosceva, vagamente, la natura dei pensieri che lo tormentavano.
    Emily Metis, la bella Corvonero, non si decideva a lasciarlo in pace.
    Non pensate che potesse anche solo interessargli, ovviamente a lui non glie ne importava proprio nulla di quella ragazzina pomposa, ma per qualche strano motivo, continuava a vederla nella sua mente.
    Questa cosa gli era già successa, qualche giorno prima, e aveva sempre presentato gli stessi sintomi: iperattività, non curanza di tutto il resto che lo circondava e la gola secca, come se non avesse bevuto da giorni.
    Si alzò nuovamente dal divano, per bere il sesto bicchiere d’acqua, e mentre si avvicinava al tavolo, avvertì distintamente lo sbuffare scocciato di Molly.
    James non sapeva quanto gli avrebbe risolto ingozzarsi d’acqua, ma magari sperava che potesse, in questo modo, spazzare via il viso dolce e bello [Cosa? Aveva appena pensato Dolce e Bello?!] di Emily dalla sua testa.
    Però non raggiunse mai il tavolo e tanto meno l’acqua tiepida della bottiglia, quasi agli estremi.
    Qualcuno l’aveva afferrato per una spalla e costretto a voltarsi.
    Suo zio Ronald, che fino a pochi minuti prima aveva impiegato il tempo a chiacchierare con nonna Molly, zia Hermione e zio Billy, ora voleva parlare con lui.
    -Jamie, che mi racconti? Sei un po’ strano oggi, lo sai?- domandò Ron Weasley, con tono cordiale.
    James cercò prima di rischiararsi la gola, che in quel momento doveva assomigliare più alle dune del deserto.
    -Niente di che, papà ti avrà già detto che sono diventato Battitore quest’anno, insieme ad Albus- dedusse il ragazzino, con la voce rotta dalla raucedine.
    Ron fece di si con la testa, pronto a dire la sua, ma James lo precedette.
    -Però ora sono contento e non è questo il problema.
    Lo zio Ron cercò nuovamente di aggiungere qualcosa, ma James, nuovamente, lo precedette.
    -Ti è mai capitato di avere nella testa una ragazza che in realtà non t’interessa affatto, che però non riesci a non pensare a lei?
    Ron ci rinunciò a dire qualcosa, perché aveva capito che James voleva sfogarsi e si mise ad aspettare, pazientemente, la fine dell’uragano.
    -Si, certo, è molto carina … ma è pomposa e secchiona, e comunque piace al mio amico Justin Matt e se dopo lui pensa che io voglio rubargli la futura ragazza, cosa che non è affatto vera, non sarà più mio amico e a me non va! Soprattutto per colpa di quella stupida Emily Metis.
    Ron sorrise e riuscì a pronunciare –Allora è così che si chiama?
    James lo guardò un attimo, senza capire –Chi?
    -La tua ragazza.
    -Ah … si, Emily …
    James smise di parlare, aveva capito di essere caduto in un tranello.
    -Ehi! Mi hai fregato! Voglio dire … non è la mia ragazza e non mi piace …- cercò poi di giustificarsi, con la voce bassissima, da sembrare un sibilo.
    Ron Weasley non riuscì a trattenere un risatina.
    -Senti Jamie, è normale, alla tua età, avere questi pensieri per la testa … e devo essere sincero, anche a me è capitato di sentirmi come te.
    James s’illuminò –Ah si? A chi pensavi, te?
    -Beh …- borbottò Ron, guardandosi prima alle spalle, per vedere se la zia Hermione li stavano ascoltando - … tua zia Hermione, come la tua Emily, mi frullava sempre nella testa e anche io avrei giurato, alla tua età, che non mi piaceva affatto, visto poi che era una secchiona con i fiocchi!
    James non disse nulla, il suo sguardo era puntato oltre le spalle dello zio.
    -Ehmm .. zio Ron, faresti meglio a girarti …
    Ron fece ciò che James gli aveva detto e si ritrovò ad avere il naso appiccicato a quello di sua moglie.
    -Chi era la secchiona?- domandò, senza rancore, Hermione.
    Ron Weasley andò nel pallone, senza riuscire a dire qualcosa.
    James invece era prossimo a farsi una risata, ma, per fortuna o sfortuna, dipende dai punti di vista, arrivarono gli altri, la cui prima della fila era Lily, che agitava e metteva in mostra il manico di scopa e la divisa, nuove di zecca.

    Verso le cinque del pomeriggio, si poté annunciare che la festa era giunta al termine.
    Molti dei parenti, prima di andarsene, aiutarono nel rimettere a posto la casa, e non solo loro, anche i ragazzini diedero una mano.
    James, Albus e Dominique avevano il compito di aiutare Lily a rimettere a posto la sua camera.
    Albus era occupato a raccogliere da terra e a cercare i pennarelli di Lily, mentre Dominique, riordinava, insieme alla ragazzina, i disegni ammucchiati sulla scrivania.
    James, invece, riordinava i libri nella scaffalatura.
    Il dodicenne finì prima degli altri e fece per mettersi seduto su uno sgabello di color azzurro, posto vicino alla finestra aperta, ma si fermò.
    Notò che la pergamena, che aveva trovato nello studio del padre, era ancora per terra, dove l’aveva lasciata.
    Ricordandosi che, appena tornato a scuola, avrebbe dovuto mettersi alla pari con i compiti e fare un tema per Difesa Contro le Arti Oscure, decise di riprendersela, visto che una pergamena in più non gli avrebbe arrecato nessun danno.
    Facendo attenzione che la sorella non lo notasse, s’infilò, frettolosamente, la pergamena nelle tasche del pantalone.

    “ Una pergamena ed un vecchio Mantello ereditato.

    Della Leggenda bisogna conoscere ciò che è stato.

    Ma solo quando l’Ombra avrai trovato,

    ogni pezzo del puzzle al suo posto sarà tornato. ”


    Il freddo pungente avvolgeva la notte e ogni segno dell’estate appena passata veniva cancellato, lasciando spazio a un inverno precoce.
    L’ululare del vento risuonava nel silenzio, accompagnato dal brusio dei rami della Foresta Proibita, che calmi e placidi, aspettavano l’arrivo della bufera.
    La mezzanotte era ormai passata da un pezzo e la Sala Comune di Grifondoro era vuota e silenziosa.
    I quadri che la decoravano dormivano, russando un poco, da dentro le loro cornici e alcuni fogli e appunti, giacevano abbandonati su uno dei tanti tavolini circolari.
    Lungo le torri dei dormitori, maschili e femminili, il discorso era lo stesso.
    Né umano né fantasma osavano turbare la notte.
    Persino il piccolo Albus Potter dormiva tranquillo, nel suo letto a baldacchino, non tormentato da quei sogni orribili che lui desiderava con tutto il cuore non vedere più nella sua mente.
    Non ne capiva il significato e non gli interessava conoscerlo, tutto ciò che voleva era smettere di fare quei sogni, per sempre.
    Ma per fortuna, quella notte tra il 9 e il 10 settembre, fu cullato da un sonno privo di sogni.
    In un’altra stanza, sempre del dormitorio maschile dei Grifondoro, il maggiore dei Potter si rigirava nelle coperte del suo letto a baldacchino, completamente sveglio e privo di qualsiasi goccia di sonnolenza.
    Con la testa sprofondata nel morbido cuscino, James ripensava agli eventi di quel pomeriggio.
    ‘Subito dopo aver riordinato la casa fu ora di preparare la cena, e preparane per 14 persone, anche facendo uso della magia, non era una cosa da poco.
    Appena cenato fu il momento di rifare i bagagli, tranne per Hugo e Lily, e di tornare a Hogwarts.
    Harry Potter caricò tutti i ragazzini sulla Jeep a 15 posti e dopo un oretta di viaggio, erano già ai cancelli della scuola.’
    James, stanco di rimuginare e ormai sicuro che non si sarebbe più addormentato, scostò le coperte con un calcio ben assestato e scese dal letto, tastando con i piedi nudi il pavimento, in cerca delle sue pantofole.
    Dopo vari tentativi le trovò, per poi infilarsele in fretta, visto che aveva la pianta dei piedi gelata.
    Poi, guardandosi attorno per vedere se qualcuno dei suoi compagni di stanza si era svegliato, prese da sotto il cuscino del letto la sua bacchetta.
    Sussurrando, pronunciò –Lumos.
    Una lieve luce azzurrina illuminò la stanza e James strizzò un attimo le palpebre, per abituarsi al nuovo panorama, che rivelava tutto uno scenario diverso, tra cui spiccava la figura del suo migliore amico Justin, avvolto indecentemente tra le coperte del suo letto e con la bocca spalancata, rivolta al soffitto.
    James, trattenendo un sorriso, si avvicinò al suo baule.
    Visto che non riusciva a dormire, tanto valeva approfittarsi con i compiti da fare, visto che i professori non avevano perso tempo quando lui era stato assente.
    Tirò fuori il libro di Difesa Contro le Arti Oscure e una penna d’aquila, più la boccetta con l’inchiostro, poi chiuse il baule facendo attenzione a non provocare il minimo rumore.
    Dopo di che prese delle tasche del pantalone, posto su una sedia vicino al suo letto, dove lui aveva riposto i vestiti indossati durante il giorno, la pergamena sgraffignata dallo studio del padre.
    Infine, avendo preso tutto ciò che gli serviva, scese nella Sala di Ritrovo.
    La Sala Comune era illuminata dalla luce creata dal fuoco che schioppettata nel camino, quindi James si piazzò sul divano scarlatto posto davanti al focolare e appoggiò il libro di Difesa, la pergamena stropicciata, la penna d’aquila e boccetta d’inchiostro, sul tavolino davanti al sofà.
    Prima d’incominciare si sistemò il pantalone del pigiama e pensò “Se Justin lo viene a sapere mi prenderà in giro a vita! Penserà che sono diventato un secchione!”.
    Sbuffando, svitò il tappo della boccetta, poi intinse la punta della penna d’aquila nell’inchiostro.
    Sapeva esattamente come svolgere il tema, il difficile era solo capire come incominciare.
    Aprì velocemente la pergamena, stendendola facendo uso dello spazio rimanente sul tavolo.
    Si chinò e scrisse sul bordo superiore della pergamena:

    I Berretti Rossi sono un specie

    Ma non proseguì oltre.
    Sbiancò visibilmente quando vide comparire al centro del foglio una frase che non assomigliava per niente alla sua calligrafia e che nemmeno parlava dei Berretti Rossi, cioè l’argomento del tema.

    I signori Lunastorta, Ramoso, Felpato e Codaliscia
    chiedono cortesemente al ragazzino demente
    di non scrivere sulla pergamena.


    Poi, come era comparsa, la frase scomparve, mentre le parole scritte da James erano ancora visibili sul bordo superiore della pergamena.
    Il dodicenne si grattò la testa e cominciò a chiedersi chi fossero Felpato, Lunastorta, Ramoso e Codaliscia.
    Ma non passò molto tempo quando dedusse che bastava chiederglielo personalmente.
    Bagnando di nuovo la punta della penna d’aquila con l’inchiostro, pensò “Solo un’ultima frase …”.
    Dopo di che scrisse qualcos’altro, sempre sul bordo della pergamena, per intaccarla il meno possibile:

    Non scriverò più su questa pergamena,
    ma voi ditemi chi siete.


    La risposta non si fece aspettare, tanto che comparve quasi istantaneamente al centro della pergamena:

    Il signor Lunastorta ci tiene a sottolineare
    che il ragazzino è un vero impertinente.

    Il signor Felpato trova disdicevole
    che qualcuno osi sfidare i Malandrini.

    Il signor Codaliscia concorda pienamente.

    Il signor Ramoso invece no.
    Se il ragazzino vuole giocare noi giocheremo.
    Se vuole sapere chi siamo io gli risponderò:
    Noi siamo la Leggenda, tu trova la nostra Ombra.
    E con questo è tutto ragazzino.


    Dopo di che le scritte scomparvero di nuovo e James sprofondò nel divano pensando a cosa volesse dire quella frase.
    “Noi siamo la Leggenda, tu trova la nostra Ombra. Cosa vorrà dire?”.
    Ma più cercava di trovare una risposta, più le domande gli affollavano la mente.
    Non sapeva proprio da che parte cominciare e come risolvere l’enigma.
    Gli unici indizi che aveva lo conducevano a un vicolo cieco, ed ad ostacolargli la strada trovava un muro di quesiti.
    I Malandrini, ecco cosa aveva scritto quello che si chiamava Felpato, quello era il loro nome.
    Ma cos’altro sapeva?
    Niente.
    Quale era l’unico modo per risolvere quel mistero?
    Documentarsi.
    E quale era il miglior mezzo per farlo?
    Leggere e studiare.
    Le labbra di James si contrassero in un sorriso biricchino, mentre la pioggia, scatenata dalla bufera, cominciava a picchiettare, costantemente, sui vetri delle finestre.
    “E’ giunto il momento di inaugurare il mio nuovo Mantello!” costatò, soddisfatto, mentre prendeva le sue cose e tornava nella sua stanza, facendo di corsa gli scalini.
    Entrò e muovendosi nell’oscurità, nascose la pergamena sotto il cuscino del proprio letto, poi appoggiò il libro di testo, la boccetta e la penna sul comodino e, per finire, si accucciò vicino alla sedia su dove aveva riposto i vestiti e tirò fuori, da sotto di essa, la sua valigetta nera, dove il Mantello era riposto, accuratamente, sotto i suoi giornalini.
    Lo prese e, senza esitare, se lo mise addosso a modo che lo coprisse tutto, dalla testa ai piedi.
    Con la bacchetta nelle tasche del pigiama e la sicurezza di non essere scoperto, grazie al Mantello che lo rendeva invisibile a qualsiasi occhio indiscreto, James uscì nuovamente dalla stanza, chiudendo piano la porta.
    Tornò nella Sala di Ritrovo, ma stavolta non si fermò, l’interesse per i Berretti Rossi e il tema di Difesa Contro le Arti Oscure era sparito, lasciando spazio a un solo obbiettivo: andare in biblioteca, anche nella Sezione Proibita se fosse stato necessario, e trovare più informazioni possibili, che lo avrebbero aiutato a risolvere l’enigma della pergamena e a far luce sulle visioni di suo fratello Albus.

    Uscì dalla Sala Comune, attraversando il varco aperto dalla Signora Grassa, e si trovò ad osservare il corridoio, lievemente illuminato, mente i rombi provocati dai fulmini scatenati dalla bufera di quella notte, rendevano l’atmosfera più tenebrosa.
    James, restando accostato alla parete, guardò a destra e a sinistra, prima d’incamminarsi verso le scale.
    Pur sapendo di essere Invisibile, voleva accertarsi che non ci fosse nessuno su quel piano.
    Attraversò in fretta il corridoio e cominciò a scendere le scale velocemente, evitando abilmente gli scalini evanescenti.
    All’improvviso però fu costretto a fermarsi e per poco il Mantello non gli scivolò di dosso, a causa della brusca frenata.
    Una delle rampe di scale si era mossa poco prima che lui riuscisse a raggiungerla.
    Indispettito, tornò sui suoi passi, decidendo di passare per un’altra via, anche se conosceva meglio la strada che aveva deciso d’intraprendere dall’inizio.
    Ma mentre percorreva il corridoio del quinto piano, da cui era possibile raggiungere la biblioteca, James si arrestò di nuovo.
    Sentiva di non essere solo, anzi, ne era certo.
    Cominciò a guardarsi intorno, ma non vide nessuno.
    Per niente rassicurato, riprese a camminare.
    Ma dopo pochi secondi si fermò ancora.
    Aveva sentito un rumore, una specie di sibilo o sussurro, quasi impercettibile.
    In quel momento gli ritornarono in mente le parole di Albus, che prima di ritirarsi nella sua stanza, gli aveva raccontato meglio sulla faccenda del serpente e dei sogni.
    Gli aveva detto che il serpente viveva nel Castello, e anche se dal giorno dello Smistamento non lo aveva più visto dal vivo, sapeva che c’era e che l’osservava con quei suoi occhi malefici, accompagnati da dei sussurri incomprensibili e sibili nei muri dei corridoi.
    Adesso James, per la prima volta, capiva affondo le sensazioni del fratello, e da sotto il suo Mantello dell’Invisibilità, la paura lo attanagliava, con la stessa velocità di una scarica elettrica, che con un solo gesto ti corrode l’anima.
    James cominciò a correre, tenendo con la mano sinistra il Mantello a modo che non gli scivolasse di dosso e con la mano destra la bacchetta appena sfoderata.
    Nel frattempo udì di nuovo quel sussurro, dalle parole incomprensibili.
    Ma, invece che farsi sempre più lieve, sembrava avvicinarsi sempre di più.
    Il ragazzino imboccò un corridoio la cui parete alla sua sinistra era popolata dalle grandi finestre, tipiche del castello.
    La voce nel muro non cessava ad inseguirlo e dopo ogni secondo era sempre più vicina.
    All’improvviso un fulmine molto vicino squarciò il cielo e il tuono, fortissimo, sembrò attraversare le membra di James, come solo il proiettile di un fucile sa fare.
    Il ragazzino si fermò di botto e nel frattempo, i vetri di una delle grande finestre, si spalancarono.
    Il vento e le gocce di pioggia andarono addosso a James e il Mantello gli scivolò di dosso, adagiandosi, delicatamente a terra.
    Era allo scoperto.
    In quel momento si sentiva perfettamente come un pesce fuor d’acqua.
    Velocemente, senza azzardarsi a richiudere la finestra, prese il Mantello da terra e rassicurato solamente dal fatto che il sussurro non si sentiva più, se lo mise di nuovo addosso e cominciò a correre a più non posso verso la biblioteca, ormai era quasi arrivato.

    Sorpreso di non aver incontrato nessuno dei tre guardiani che pattugliavano la scuola, sia di giorno che di notte, entrò nella biblioteca e cominciò subito a cercare qualcosa che potesse aiutarlo.
    Per prima cosa decise d’indagare sull’indovinello espresso dalla pergamena, anzi, precisamente dal signor Ramoso.
    “Questo tipo non lo conosco, ma mi sta già antipatico!” pensò James, con poco sarcasmo.
    Era ancora scosso per ciò che gli era successo, pochi minuti prima, nel corridoio al quinto piano.
    Scuotendo la testa, cercò di concentrarsi sul libro che aveva preso, nascosto in un angoletto della biblioteca, illuminato dalla lieve luce della sua bacchetta.
    Precisamente era un dizionario sui termini magici e non.
    La cosa fondamentale, per un buon inizio, era conoscere l’esatto significato delle parole Leggenda e Ombra, visto che potevano racchiudere un altro significato, oltre quello apparente.

    Leggenda: 1. Racconto di argomento per lo più religioso o eroico, in cui i fatti e personaggi, quando non siano immaginari, risultino amplificati e alterati dalla fantasia e dalla tradizione.
    2. […]
    3. […]


    Ombra: 1. L’oscurità più o meno intensa prodotta su una superficie chiara dall’interposizione, tra questa e una sorgente di luce, di un corpo opaco o anche dal fatto che una zone della superficie stessa non risulta esposta alla luce […] assenza di luce, tenebra […] l’ambito di un azione, di una situazione, di un comportamento in quanto protetto dal segreto, dalla noncuranza o ignoranza degli altri […]
    2. […] immagine incerta o indistinta […] simbolo di vacua apparenza o anche di consistenza o quantità limitata o irrilevante […] presunto simulacro del corpo che, secondo alcuni miti o in alcune concezioni poetiche o religiose, conservano nell’oltretomba le anime dei defunti: […] quindi anche spettro, fantasma, apparizione […]
    3. […]


    James smise di leggere, forse aveva capito qualcosa:

    Noi siamo la Leggenda, tu trova la nostra Ombra.

    Impresse bene la parola Leggenda nella sua mente e esaminando ciò che aveva appena letto sul dizionario, capì che quei tipi, i Malandrini, si erano definiti in quel modo per indicare che in passato avevano compiuto e fatto cose Leggendarie.
    Oppure, erano semplicemente dei buffoni che facevano finta di essere stati eroi, eccetera.
    “Comunque quella pergamena nasconde un segreto, quindi qualcosa di grande, quei tipi, lo hanno fatto!” esclamò James, mentalmente.
    Ora restava di “decifrare” il secondo pezzo dell’indovinello.
    Con la parola Ombra le cose cominciarono a complicarsi.
    Sul dizionario aveva trovato un mare di significati, ma solo alcuni sembravano dare un senso alla frase:

    […] l’ambito di un azione, di una situazione, di un comportamento in quanto protetto dal segreto, dalla noncuranza o ignoranza degli altri […]

    In questo caso la pergamena, che, come aveva già dedotto, nascondeva qualcosa, ma la frase continuava a non avere senso:

    […] immagine incerta o indistinta […]
    […] simbolo di vacua apparenza o anche di consistenza o quantità limitata o irrilevante […]
    […] presunto simulacro del corpo che, secondo alcuni miti o in alcune concezioni poetiche o religiose, conservano nell’oltretomba le anime dei defunti […]
    […] quindi anche spettro, fantasma, apparizione […]


    Tutte queste definizioni sembravano aver attirato particolarmente l’attenzione di James.
    Perché poi conducevano solamente a due strade, e una di esse era quella giusta.
    O l’enigma riguardava una tomba, in questo caso dei presunti Malandrini e quindi questo porto il ragazzino a comprendere che non dovevano essere più in vita, oppure si riferiva direttamente ai loro stessi spiriti.
    Anche se non sapeva come avrebbe potuto trovare un modo per parlare con gli spiriti dei Malandrini o scoprire il segreto nascosto nella loro tomba, posta chissà dove, sentiva che era sulla pista giusta.
    Ripose, frettolosamente, il dizionario nel suo posto, sullo scaffale, poi cominciò a cercare un libro che parlava della storia della scuola.
    Probabilmente lì avrebbe trovato informazioni sul serpente e magari pure sui Malandrini, anche se ne dubitava parecchio.
    Cambiò postazione, cominciando a cercare nella sezione riguardante la storia della Magia.
    Trovò un sacco di volumi sulla scuola, ma contenevano poche informazioni che potessero interessargli, mentre le notizie sui Malandrini erano pari a niente.
    Scoprì solo che Salazar Serpeverde aveva creato una camera nascosta, dove all’interno vi era racchiuso un mostro che solo il suo vero Erede avrebbe potuto comandare (Forse un serpente gigante).
    E una volta aperta, l’Erede, l’avrebbe utilizzato per depurare la scuola dai Mezzosangue.
    Forse il mostro era il serpente che Albus vedeva nei suoi sogni, ma, sfortunatamente, non trovò altre informazioni che potessero spiegare come mai suo fratello riuscisse a vedere questo serpente che nessun altro riusciva a scorgere, ma magari solo sentirne la presenza.
    Sbuffando, rimise il libro al suo posto.
    Dopo di che osservò il suo orologio da polso e costatò che era ora di tornare nella torre dei Grifondoro.
    Avrebbe proseguito le ricerche in un altro momento.
    Spense la luce della bacchetta e si mise il Mantello addosso.
    All’improvviso però il suono di voci in lontananza lo colsero.
    Deciso a scoprire qualcosa di più, cominciò a cercare la fonte del dialogo.
     
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