Harry potter e l'anima spezzata

6° anno, H, R, Hr, G, D, Voldy, nuovi personaggi

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. ioida
     
    .

    User deleted


    salve. :hi: questa è la mia ff. la avevo iniziata qualche anno fa e la avevo abbandonata. l'ho ripresa e rivisitata.
    tiene conto fino al 5° libro della row. ambientata nel 6° anno.
    come coppie quella che ci sarà sicuramente è harry e ginny, ma è transitoria, finirà subito.
    ditemi che ve ne pare e, se ci sono errori, me li potreste segnalare? grazie! sapete, anche se rileggo non riesco mai a individuare tutti gli errori, perchè so già quello che c'è scritto e la mia è una lettura molto superficiale.
    ci saranno nuovo personaggi e nuovi misteri.
    per favore, anche un commento con scritto "ritirati!" o "fatti curare!", lo apprezzerò di sicuro! :hiii.gif:

    primo e secondo capitolo

    A Privet Drive

    Era un umido pomeriggio d’estate e nel salottino del numero 4 di Privet Drive il signore e la signora Dursley si godevano il refrigerio dato dal nuovo acquisto: il condizionatore, che rendeva l’ambiente più fresco e piacevole.
    Mentre Vernon Dursley faceva svogliatamente zapping davanti alla televisione, la sua signora gli serviva un tè fresco accompagnato da un’abbondante fetta di torta dalle mele e, mentre si apprestava a sedersi accanto a lui, esternò le sue ansie.
    - Caro, inizio a essere preoccupata. Perché il nostro Dudley non è ancora tornato?-
    -Non ti preoccupare Petunia, sarà con i suoi amici in giro.-
    -Ma se gli succede qualcosa? E’ l’ora della merenda e non ha ancora mangiato, povero piccolo!-
    -Di certo non morirà di fame con le provviste di lardo che si ritrova addosso! E il massimo che gli può succedere è di essere investito e di ammaccare la macchina del povero disgraziato che gli finisce di sopra!- Harry intervenne facendo improvvisamente capolino nella stanza.
    Era disgustato dalle ansie della zia rivolte al suo “prezioso” “piccolo” e “innocente” figliuolo Dudley, del quale tutto si poteva dire, ma proprio prezioso e innocente no, e piccolo men che meno. Infatti quell’inverno era diventato se possibile ancor più grosso e prepotente di prima, sempre più gonfio e pieno di sé.
    Suo padre contribuiva in questo, quasi a volerlo incoraggiare. Gli ricordava sempre quel trofeo di lotta vinto da Dudley in un torneo regionale di box, tirato a lucido ogni santo giorno da un’impettita Petunia e messo sulla mensola al centro della parete del salotto, a fare sfoggio della grande stupidità che apparteneva oramai a quella famiglia.
    - COME TI PERMETTI BRUTTO INGRATO! FUORI, FUORI TI HO DETTO! ORA STAI ESAGERANDO! NIENTE CENA PER TE! VAI A CERCARE TUO CUGINO! SE L’AVESSI SAPUTO TI AVREI CHIUSO IN ORFANOTROFIO!-
    -Lo avrei preferito, piuttosto che vivere con degli incapaci come voi!-
    E sparì nel corridoio per poi sbattere uscendo la porta di casa, infuriato più per i fatti suoi che per le urla e le minacce dello zio Vernon.
    Da quando era tornato a Privet Drive, si impegnava nel migliore dei modi per comportarsi il peggio possibile con gli zii e il cugino. Non poteva farci niente. Dopo quello che era successo quasi un mese prima al ministero, voleva sfogarsi con qualcuno e loro erano le persone più idonee: odiosi, stupidi e incredibilmente irritanti. Quindi non c’erano problemi se li prendeva un po’ in giro.
    Così passava le sue giornate, irritando gli zii e stando da solo, non che l’ultima cosa fosse una novità. Tuttavia prenderli in giro ed essere libero di uscire quando la situazione non era più delle migliori lo illudeva, gli faceva annusare un po’ di libertà, di potere… E poi, se non avesse impegnato così le sue giornate, sarebbe caduto in depressione!
    Solo negli ultimi giorni era riemerso dal suo malumore, infatti gli era arrivata la tanto sospirata lettera dei Weasley che lo invitavano a passare il resto delle vacanze da loro. Sarebbero venuti a prenderlo proprio quella sera, poche ore e via!
    Senza nemmeno accorgersene, era arrivato quasi davanti al parco giochi, oramai completamente disastrato dalla baby gang di suo cugino.
    Un foglio di giornale accartocciato era buttato ai piedi di una pattumiera proprio come erano accartocciati altri fogli molto simili, negli angoli della sua stanza ma, a differenza di quello vi erano stampate sopra foto che ritraevano il nuovo Ministro ,fiero, impettito e sicuro di sé.
    Attraverso la Gazzetta Del Profeta il Ministero nonostante tutto cercava ancora di presentarsi sicuro ed efficiente quando in verità non lo era affatto.
    Immagini e parole… e quante sciocchezze!
    Infatti oltre ad aver cambiato primo ministro, si erano impegnati a vantarsi di aver messo in gattabuia quei quattro malcapitati che avevano fatto passare per Mangiamorte. E per completare in bellezza lo avevano eletto come prescelto.
    Tutto questo irritava incredibilmente Harry.
    Lo irritava la falsità; il fatto di essere stato designato come il prescelto con tanta leggerezza, e per i comodi altrui, ma soprattutto, non sopportava che il Ministero per un po’ di potere e di prestigio rovinasse le vite di persone innocenti, innocenti come lo era stato Sirius.
    Si bloccò di colpo. Si era imposto di non pensarci. Non doveva, non poteva, o forse non voleva, non voleva accettarlo, almeno non durante il giorno, la notte gli bastava e avanzava.
    Prese un gran respiro e iniziò a cercare con lo sguardo qualcosa con cui distrarsi.
    Lì intorno non c’era niente, era tutto assolutamente monotono, già conosciuto. Era in quei momenti che si pentiva di stare da solo.
    Guardò per terra, era pieno di cartacce, fogli di giornale e volantini. Ne riconobbe uno:

    Grande inaugurazione sul Tamigi
    Museo dei Mari
    31 ottobre


    ne aveva sentito così tanto parlare in tv che sembrava non esistere altro. Morti e sparizioni inspiegabili, addirittura una esplosione per una fuoriuscita di gas (alquanto poco credibile per quel che ne pensava Harry) in un orfanotrofio, e telegiornali e giornali non parlavano d’altro che del “grande evento dell’anno”, la fedele riproduzione di un vascello vittoriano avrebbe solcato le acque del Tamigi e ospitato una serie di personalità importanti inaugurando il nuovo gioiello della cultura britannica.
    Si guardò ancora intorno finché non concentrò la sua attenzione su una simpatica lattina gialla e rossa. Iniziò a calciarla, ma dopo due tiri si era già annoiato.
    Di tornare a casa non se ne parlava.
    Si incamminò, deciso a percorrere una strada diversiva, quando, girando l’angolo, una voce sarcastica, a lui molto familiare, arrivò al suo orecchio.
    -Che fai, piangi? Oh poverino, vuoi la mammina?-
    Si voltò rassegnato: chi mai poteva essere se non quell’idiota di suo cugino?
    Se ne stava pugni stretti sui fianchi al lato della strada sovrastando, con la sua grandiosa imponenza fisica, uno sventurato ragazzino che si era macchiato di chi sa qualche colpa.
    E con voce maligna continuava. –Piangi, piangi! Così impari cosa significa osare sporcare le mie scarpe nuove! Te lo distruggerei quel rottame!- terminò con disprezzo e, in un impeto di rabbia, sferrò un potente calcio alla bici ai suoi piedi facendola rovinare ancor di più a terra.
    Non che da suo cugino si potesse aspettare di meglio.
    Era la prassi per lui prendersela con chiunque solo per delle scarpe, che per giunta erano nere, quindi poco si notavano le macchie.
    Il ragazzino che poteva avere si e no dodici anni era seduto sul marciapiede e piangeva a dirotto, con le mani sul ginocchio insanguinato.
    Harry si avvicinò quatto quatto per poter sorprendere il cugino alle spalle.
    -Dudley, lascialo stare! Che cosa vuoi che sia?-
    Il ragazzo sobbalzo e, per un attimo parve disorientato. Lo scrutò come a volerne studiare le intenzioni, poi distolse lo sguardo e rispose col fare tronfio di un re che sa ciò che fa e difende le sue faccende di stato.
    -Questi non sono affari che ti riguardano.-
    -Mi spieghi secondo te cosa ci risolvi facendo così? La macchia di certo non sparisce perché gli hai fatto giustizia… a tuo modo.-
    Dudley si voltò minaccioso e si avvicinò assottigliando gli occhi porcini.
    -Se vuoi la faccio asparire io!- disse Harry con fare allusivo.
    Percependo un sentore di magia il ragazzo biondo si fermo come se d’improvviso il cugino fosse diventato un mostro, e la sua faccia in un attimo si tramutò in una maschera di rabbia e di odio.
    Si voltò di scatto verso il ragazzino -Sparisci!- gli ordinò, e quello terrorizzato ,e approfittando della momentanea grazia, si alzò di scatto e, afferrata la bicicletta, scomparve dalla strada.


    Aveva appena finito di cenare ed era salito in camera sua per cercare di mettere ordine. Ma l’ordine mancava prima di tutto nella sua testa, come poteva pretendere di farne fuori.
    La stanza era tappezzata da fogli di giornale e da pergamene macchiate di inchiostro nero e pesanti cancellature. Negli angoli per terra ammucchiate di libri e oggettini di tutte le dimensioni, colori e forme creavano tortuose montagne in miniatura; dalle ante dell’armadio uscivano maniche di camicie e calzini; il letto era disfatto e per aprire la porta si doveva lottare con il mastodontico libro di pozioni che la bloccava. Sembrava quasi che ogni oggetto fosse dotato di vita propria. Ovviamente sua zia non era più entrata in quella stanza dal suo ritorno proprio per evitare di prendere un colpo alla vista di tanto subbuglio mai esistito in casa sua.
    Si sedette sul letto senza più voglia di sistemare, sentendosi parte di quel caos e ,sdraiatosi, incrociò le braccia dietro la testa e iniziò a studiare le varie ombre che si creavano sul soffitto a mano a mano che il sole calava su Londra e la sua periferia immergendo gli esseri in uno straordinario e innaturale riverbero rosa pesco.
    Possibile che nonostante il venticello fresco che entrava dalla finestra spalancata si sentisse soffocare? Un peso che gli schiacciava il petto.
    Quanto avrebbe dovuto aspettare ancora per rivedere Ron e Hermione? Tre, quatto ore? Niente, eppure gli sembravano un un’infinità e la sveglia sul comodino ticchettava con una lentezza che sembrava doppia.
    Sbuffò.
    Tic tac tic tac
    Il tempo parve risucchiarsi a ritroso.
    Possibile che fosse causa di un qualche incanto? Girò gli occhi fissando la veglia. Per qualche momento, che gli sembrarono minuti, rimase fisso e col fiato sospeso. Gli parve che la lancetta dei secondi rimanesse immobile e credette seriamente che ci fosse di mezzo un qualche incantesimo, sino a che la “cara signora” lancetta non continuò il suo corso inesorabile, con tutta la sua calma che a Harry parve quasi scortese.
    Era solo colpa della noia e dell’insofferenza, lo sapeva. Poche ore e poi via. Come gli aveva ricordato a cena zio Vernon in preda ad una strana euforia con gli occhietti maligni che gli brillavano.
    Forse era meglio sistemare così almeno non avrebbe perso tempo una volta arrivato chi avrebbe dovuto scortarlo dai Weasley.
    Smistando e sistemando i vari oggetti che riusciva ad arraffare malamente e gettato nel baule ciò che doveva portare con se, non si accorse che si era già fatta ora fino a quando dei passi nel corridoio lo destarono dai suoi pensieri. Erano passi pesanti, quelli di suo zio, che si avvicinavano alla porta della sua camera e che venne spalancata con veemenza.
    -Ragazzo, qui fuori ci stanno quei tuoi amici strani. Muoviti, prendi le tue cose e sparisci velocemente, prima che qualcuno vi veda.- e dicendo questo si voltò e scese al piano di sotto.
    Harry chiuse il baule dopo aver infilato l’ultimo paio di calzini e, afferratolo malamente se lo trascinò giù per le scale.
    Ad aspettarlo nel giardino davanti casa c’erano Lupin e Malocchio vestiti come l’ultima volta che li aveva visti qualche settimana prima.
    La cosa fu veloce, crearono una passaporta e sparirono come risucchiati da un vortice.




    2°. La tana

    La Tana, finalmente. Harry sentì il cuore farsi più leggero quando si riprese dagli effetti della passaporta e posò gli occhi sulla casa Weasley. Era bella, anzi bellissima, per Harry era la casa più bella e magica del mondo, forse per il fatto che, molto probabilmente, stava in piedi proprio per magia data la sua struttura sbieca, forse per il giardino non curato e pieno di oggetti di varia natura che lo addobbavano e la campagna frastagliata tutta intorno; quello era un posto unico il disordine e l’assurdo trovavano magicamente un equilibrio e un’armonia.
    Harry si precipitò verso la porta; aveva una gran voglia di rivedere tutti, di salutarli, riabbracciarli, busso quasi con foga mentre Lupin gli si accostava. Sentì dei passi provenire da dentro la casa e diverse voci farfugliare qualcosa.
    «Password!»
    Riconobbe la voce della signora Weasley anche se era attraversata da un leggero tremore.
    «Pollo, zuppa di piselli» rispose Lupin. Si sentirono dei movimenti strani da dietro la porta, con molta probabilità la signora stava per aprire quando intervenne qualcun altro.
    «Chi siete, fatevi riconoscere!» questa volta a parlare era stato il signor Weasley.
    «Malocchio, Lupin e Harry» questa volta intervenne Moody da dietro la spalla di Harry.
    Diversi scatti di serratura e un improvviso brusio eccitato seguirono dopo le parole dell’auror e la porta si apri e, senza neanche accorgersene, Harry venne afferrato e portato dentro. Riconobbe l’abbraccio della signora Weasley che non gli diede il tempo neanche di guardarsi intorno, poi voltandosi vide Ginny, Ron e Hermione sorridenti ed andò ad abbracciarli, il signor Weasley gli strinse la mano, il suo viso era stanco e teso, lo ringraziò e ringraziò anche la moglie.
    Intanto anche Malocchio e Lupin erano entrati e si erano accomodati al tavolo.
    La confusione momentanea si era quasi esaurita nella cucina affollata, e Harry iniziò a guardarsi intorno con più attenzione per vedere se aveva tralasciato qualcuno, infatti vide una persona che non riconobbe, la guardò quasi stranito, era in piedi accanto a Moody che gli bofonchiava qualcosa sulla bacchetta e sulla difesa o giù di lì.
    Era una ragazza, non gli era estranea perché aveva l’impressine di averla già vista, forse a Hogwarts, ma non avrebbe saputo neanche definirne l’età. Si avvicino e la salutò cordialmente con un semplice “ciao” scrutandola un po’ incuriosito. Lei alzò lo sguardo e gli rispose con altrettanta cordialità:
    «Ciao! Scusa, non ti ho salutato, ho subito iniziato a parlare con Moody. Non so se mi conosci o ti ricordi di me, sono Gloria Weston, una tua compagna di scuola.»
    «Si, mi tornavi familiare in effetti… che… cioè tutto bene?» Harry le stava chiedendo che cosa ci faceva a casa Weasley, ma si trattenne appena in tempo, non voleva sembrare maleducato e presuntuoso, poi quella non era mica casa sua.
    «Si grazie» rispose affabile, aveva intuito la gaf che stava per fare Harry ma non lo diede a vedere. «E il viaggio?» chiese in generale.
    «Tutto a posto, per fortuna non è successo nulla.» intervenne Lupin.
    Intanto la signora Weasley serviva dei dolci e del the. «Meno male!» disse con un sospiro e porse una fetta di torta al cioccolato ad Harry che le era passato accanto per raggiungere gli amici.
    «Grazie!» disse e si posiziono tra Ron e Ginny. «Allora, come va?»
    «Uno schifo!» sentenziò la rossa senza tanti giri di parole. Harry la guardo, appoggiata al muro con le braccia conserte, guardava in cagnesco dall’atra parte della stanza, proprio in direzione della ragazza chiamata Gloria. Hermione, seduta vicino a loro, sbuffò sonoramente volgendo gli occhi al cielo.
    «Ginny…» fece scocciata «non ricominciare con la solita storia per favore.» cantilenò, e Harry ebbe come l’impressione che quella non fosse la prima volta che Hermione pronunciasse quella frase. Ginny si imbronciò ancora di più e corrucciò ancora di più la fronte. Harry cercò lo sguardo dell’amico, ma quello si voltò come a dire “la questione non è mia, non voglio impicciarmi”.
    «Noi andiamo!» dissero i due auror alzandosi «Arthur, Molly grazie per l’ospitalità e mi raccomando…» Moddy si sporse sulla tavola e col dito si indicò la palpebra «Occhio! Capito ragazzi?»
    Fecero un cenno di saluto con la mano e uscirono dalla casa per sparire nell’oscurità della sera.
    Harry finì la torta mentre la signora Weasley sistemava le ultime cose e il marito si congedava per andare a dormire.
    «A te invece, come… come va Harry?» Hermione titubante lo guardava come chi guarda una cosa che sta per esplodere. Poteva essere la ragazza più sensibile di questo mondo, però certe volte riusciva a farti sentire come un povero mazzo con i suoi modi premurosi e gentili, e a Harry davano sui nervi, anche se non voleva perché sapeva che l’amica lo faceva perché gli voleva bene.
    «Tutto bene.» rispose non riuscendo a trattenere un po’ di irritazione nella voce.
    «Ragazzi, io vado a dormire; mi raccomando, non fate tardi. Buona notte!» disse la signora Weasley, e sparì su per le scale mentre le ricambiavano il saluto.
    Erano rimasti loro quattro e la ragazza che intanto si era accomodata e sorseggiava una tazza di the. Harry si voltò verso Hermione e si accorse che continuava a guardarlo in quella maniera tanto irritante di chi cerca la piaga ad ogni costo per poterla guardare con occhi pietosi; distolse lo sguardo come a non volerle dare spunto di discussione e vide Ron, seduto a tavola, che si pappava una grossa fetta di torta e Ginny dal suo angolo guardare minacciosa la ragazza che, a quanto pareva, non ci faceva poi tanto caso.
    Lo sguardo di Harry ricadde di nuovo su Hermione che proprio in quel momento stava per aprire bocca e, preso alla sprovvista, decise che doveva dirigere lui la conversazione.
    «Allora, Gloria… scusa se non mi ricordo, tu sei… » Harry provò a ricordarsi a quale casa apparteneva la bruna di fronte a lui, ma non, non riuscendoci decise di andare ad intuito e improvvisare. «… tassorosso, se non mi sbaglio…»
    Gloria appoggiò la tazza sul tavolo delicatamente e fece un mezzo sorriso.
    «Si, ti sbagli»
    «Allora corvonero.» ritentò questa volta più sicuro, non poteva essere altro. Ginny sbuffò così forte da fare concorrenza al lupo cattivo dei tre porcellini.
    Gloria bevve un altro sorso e posò nuovamente la tazza.
    «Ti sbagli ancora.»
    Harry rimase interdetto, poteva essere mica…
    «Serpeverde, sesto anno.»
    «No dai, non ci credo!» disse lui ad un certo punto pensando fosse uno scherzo. «Troppo gentile, troppo… normale. Non lo sembri, e poi che cosa ci fa qui una serpeverde?»
    «Hai un’idea un po’ distorta dei serpeverde allora…» e lanciò uno sguardo eloquente verso Ginny.
    «un po’ come tutti.» e prese un altro sorso di the.
    «Non è che vi impegnate molto voi a recuperare una buona immagine!» ribatté Harry.
    «Con tutti mi riferisco anche a coloro che si intendono serpeverde.» rispose secca guardando severa il contenuto della tazza.
    «Ma se preferisci posso anche accontentarti… Potter!» cambiò il tono proprio sul suo cognome, pronunciandolo con il disprezzo e la superbia tipica di Malfoy e di altri serpeverde. Alzò occhi castani su di lui come a volerne vedere la reazione.
    «No grazie, preferisco di no.» rispose serio Harry reggendo il suo sguardo e sentì la tensione crescere senza riuscire a spiegarsi il motivo.
    «Sei solo una falsa!» Ginny era intervenuta come una furia facendo un passo avanti. «Con quattro moine e la faccia da brava ragazza ti rigiri chi vuoi secondo te? Sei una serpe bastarda! Non vedo l’ora di tornare ad Hogwarts per non doverti più avere in mezzo ai piedi!»
    «Ginny!» Hermione scandalizzata scattò su dalla sedia come una molla. Harry si voltò incredulo verso la rossa dietro di lui. Era l’assurdo.
    «Mmmmhh… Ma tu lo sai Ginny che puoi pensare e dire di me quello che vuoi, tanto non mi cambia niente? Sono qui e ci dovrò restare, mi può semplicemente dispiacere di non esserti simpatica» rispose con tranquillità la ragazza. Da quello Harry capì che la storia doveva andare avanti già dall’inizio dell’estate.
    «Ti può dispiacere solo perché non hai una persona in più da poter soggiogare a tuo piacimento!»
    «Merlino! Nono sono mica così meschina!» rispose con noncuranza.
    «Ginny, basta adesso!» Hermione era così irrigidita ed indispettita che sembrava la McGrannitt.
    «Dai basta ragazzi, è tardi!» intervenne Ron alzando la testa dal piatto, e avrebbe fatto meglio a continuare a mangiare perché Hermione si girò verso di lui ancora più inviperita.
    «Ron, tu invece non dici niente a tua sorella?» disse puntandogli contro un dito accusatore. «certo perché non sei certo meglio di lei. Quando è arrivata non la hai nemmeno salutata!»
    In quel momento sembravano marito e moglie che litigavano per l’educazione della figlia.
    «E io che cosa c’entro?» saltò Ron sulla difensiva.
    «Che sei un cafone. Te l’ho già detto l’altra volta, ti senti tanto bravo e tanto onesto e alla fine ti comporti come Malfoy!» e dicendo questo la ragazza incrociò le braccia al petto sentenziando così che per lei la discussione era finita. Invece Ron era di tutt’altro parere. Si alzò dalla sedia e, questa volta, toccò a lui puntare il dito.
    «E no! A Malfoy no!»
    «Oh si! A Malfoy si!» gli rispose a tono lei.
    Harry roteò gli occhi e notò che anche Gloria aveva un’aria rassegnata. Forse, era meglio intervenire, pensò, altrimenti avrebbero svegliato anche il paesino più giù, nella valle.
    «Scusate! La potreste smettere? Questo non mi sembra orario.» i due gli serbarono uno sguardo truce e si sedettero ai rispettivi posti evitando di guardarsi.
    «Ehm… scusa se te lo chiedo allora, ma…» disse Harry , questa volta alla ragazza sedutagli di fronte cercando il modo più educato per chiedere. «come mai sei qui dai Weasley?»
    Lei si strinse nelle spalle con semplicità «Perché lo ha voluto Silente.»
    «Silente?» cercò di incalzarla.
    «Si, quel Silente là! Il preside.»
    Harry la fisso e la scrutò intensamente in attesa di altre spiegazioni, mica poteva chiederle perché Silente la aveva voluta dai Weasley.
    «Potresti smettere di fissarmi in quel modo, è… oh cielo, certo che sei proprio curioso! » disse lei muovendosi a disaggio sulla sedia.
    «Harry! Ha ragione, smettila! Ci vorrebbe un corso di buone maniere per tutti qui.» bofonchiò Hermione a messa bocca.
    Harry si ritirò farfugliando uno “scusa”, non si era accorto che si era praticamente steso sul tavolo per avvicinarsi e sapere qualcosa in più.
    «Non fa niente!» disse Gloria alzandosi «Io vado a dormire. Buona notte!» e se ne andò.
    «Ginny» Harry si voltò verso la ragazza in questione. «Si può sapere perché ce l’hai tanto con lei?»
    «Mi sta sulle palle!» si voltò e se ne andò anche lei al piano di sopra ancora più imbronciata e scorbutica di prima. A lui arrivò la mascella a terra per la risposta inaspettata, Ron continuò come se non avesse sentito niente e Hermione si mosse a disagio sulla sedia.
    «Ma che succede?»
    «Io sono qui da una settimana, lei è venuta direttamente qui. Ginny non la sopporta perché sua madre fa sempre il paragone dicendo che è brava, ubbidiente, educata e cose di questo tipo… poi è di serpeverde e già per questo non la può vedere.» spiego l’amica.
    «Figurati che non l’ha voluta neanche in camera sua!» intervenne Ron.«infatti sta nella camera di Fred e Gorge, con Hermione.»
    «Perché, dove sono loro?» chiese Harry sorpreso.
    «A Diagon Alley. Hanno aperto il negozio di scherzi e abitano al piano di sopra… ancora ci chiediamo dove abbiano preso tutti quei soldi. Mamma è preoccupatissima, pensa che li abbiano rubati da qualche parte, ma non ha il coraggio neanche di chiedere da dove vengono!» termino l’amico grattandosi il mento con fare pensieroso. “Ma che rubati” pensò Harry “quella è la vincita del torneo Tremaghi”.
    «Tutto questo odio è infondato e inopportuno. Proprio lei è una ragazza a posto.» continuò Hermione ignorando l’intervento di Ron.
    «Tu la conoscevi?» chiese Harry.
    «Certo, frequentiamo anche antiche rune e aritmanzia insieme, oltre i corsi in comune con serpeverde. Non ha niente a che vedere con la Parkinson o con Malfoy. Io ho cercato di farglielo capire, ma è stato inutile.»
    «Appena l’ha vista ha dato subito in escandescenza» sottolineò il rosso.
    «Ma come mai è qui?»
    «Silente non ce l’ha detto. Però abbiamo capito qualcosa ascoltando quello che si dicevano quelli dell’ordine» continuò l’amico con entusiasmo.
    «E cosa scusa? Non abbiamo capito né più né meno di quello che avevamo già intuito!» intervenne Hermione acida.
    «E cosa avete intuito?»
    «Che sta qui per essere protetta. Tu-sai-chi non deve trovarla. Non so perché ma è così.» disse in un tono che non ammetteva repliche. «E adesso, a dormire!»



    Era una persona tranquilla, certo aveva quei picchi pungenti tipici di un serpeverde, ma nei momenti più opportuni, che la rendevano simpatica, una virgola che serviva a variare il ritmo.
    Poi era molto diversa dagli altri maghi in genere, il secondo giorno dopo il suo arrivo, Harry era sceso a fare colazione e l’aveva trovata sul divano a giocare con un vecchio gameboy un po’ rovinato.
    Ora, bisogna notare come fosse strano intanto vedere una strega o un mago con un gioco babbano in mano, Harry stesso giurò di non averne mai visto nessuno (neanche Hermione che era cresciuta nel mondo dei non maghi o il signor Weasley che aveva la passione per i loro oggetti!); per di più una serpeverde, che di solito queste cose le snobbano, sempre che sappiano della loro esistenza.
    Harry quella mattina era sceso tardi a fare colazione, potevano essere le nove, e, finito di mangiare, le si accostò. Inizialmente non ci aveva fatto molto caso, per lui era normale, aveva visto milioni di volte suo cugino giocare con uno di quei cosi, e, mentre guardava da sopra la spalla di lei come procedeva il gioco, quella scena gli risultò stranamente “babbana” per il contesto in cui si trovava. Volete sapere cosa fece lei quando Harry provò a chiederle quello che non sapeva neanche lui?
    «Vuoi giocare?»
    Serpeverde, gentile, con quel tocco in più da babbana e che prestava le cose a Harry Potter? “Troppo lusso” pensò lui.
    Per non parlare che si mise di santa pazienza ad insegnare a Ron cosa era, a che serviva, perché e come si usava quello che alla fine lui sentenziò essere un “infernale aggeggio babbano”.
    Infatti il rosso, incuriosito dagli strani rumorini e dalla vicinanza tra l’amico e la serpeverde, si era affacciato da dietro le spalle dei due curioso.
    Gli ci vollero due settimane buone per capire a che serviva e arrivò alla conclusione che era comunque inutile come gioco ma, intanto, nonostante il suo continuo scetticismo, tornava sempre a sbatterci la testa.
    E lei? Sempre lì a spiegargli, quasi le facesse piacere, e Harry ebbe non poche volte questa impressione, la sorprendeva a fissarlo come incantata mentre lui provava a giocare.
    Una volta lo aveva paragonato ad un cagnolino che non si fidava a mangiare dalla mano dello sconosciuto, perché Ron comunque rimaneva sospettoso nei suoi confronti e guardingo.
    Poi cercava sempre qualcosa da fare per dare una mano alla signora Weasley, e Ginny ogni volta a mormorare qualcosa del genere “falsa serpe” o “lecchina e tirapiedi”, “buffona” ed altri epiteti simili, finché un giorno, mentre stendeva i panni in giardino, Gloria decise che era giunto il momento di risponderle a modo:
    «Cerco di aiutare in casa per ricambiare la cordialità di tua madre che, molto gentilmente, mi sta ospitando in casa vostra, perché credo che sia giusto e da persone perbene.
    Se trovi in questo qualcosa di meschino è perché lo sei tu per prima. Ricordati, vediamo negli altri quello che non vogliamo vedere in noi!»
    Da quel momento in poi Ginny si limitò ad ignorarla.
    L’estate era cominciata così, ogni tanto si veniva a sapere di qualche sparizione o morte, notizie che facevano prevalere sulla casa l’aria della guerra in corso.
    Spesso venivano a trovarli quelli dell’ordine, quasi ogni settimana, per fare qualche riunione. Harry provava sempre ad avere qualche informazione in più su quello che accadeva lì fuori e sulla presenza di Gloria, sia origliando o chiedendo direttamente, ma mai era riuscito a sapere qualcosa in più. Lupin glielo ribadiva ogni volta, “non sappiamo niente che tu già non sappia!”, ma lui comunque non ci credeva, altrimenti come si spiegavano le ore chiusi in cucina a parlare.
    L’unica cosa che era riuscito a scoprire era che Voldemort stava organizzando le sue schiere reclutando anche alcune creature oscure, tempo addietro esiliate dall’ordine magico dei maghi, e questo aveva causato non pochi danni all’equilibrio presente tra queste.

    Era agosto quando, una mattina Harry, svegliandosi, si ritrovò seduta sul proprio letto Hermione che sembrava in preda ad una scarica elettrica, anche i suoi capelli erano più gonfi e crespi che mai.
    «Harry! Dai, alzati!»
    Lui non ebbe neanche il tempo di allungare la mano per prendere gli occhiali sul comodino che se li ritrovò sul naso inforcati in malo modo dalla ragazza che gli stava seduta accanto.
    «Ma che succede?» chiese un po’ disorientato guardandosi attorno e puntandosi sui gomiti. Ron era già sveglio e, ancora con il pigiama addosso, si stava sistemando con molta calma e non pochi sforzi il letto.
    «Buon giorno Harry.» lo salutò senza voltarsi. Hermione lo guardo in tralice per qualche secondo, poi, come presa dalla stessa scossa di prima, si alzò dal letto e si avvicinò a Ron cercando di spostarlo di peso.
    «Dai, lascia stare, levati di qui. Faccio io! Quanto sei lumaco.»
    Ron si scostò e la fece fare mentre lei, facendo il letto con movimenti isterici, continuava a borbottare e commentare fra sé quanto il rosso fosse lento e cose del genere.
    «Magari arrivassero tutti i giorni i risultati dei G.U.F.O.!» disse lui tutto soddisfatto per essersi scansato la “fatica”.
    «Ah! Tutto qui? Ancora pensavo…» disse Harry ristendendosi pesantemente sul letto.
    «Tutto qui?» Hermione si voltò con uno scatto fulmineo verso i due ragazzi. «Questi risultati vi cambieranno la vita. Siete degli incoscienti!» gli sbraitò addosso. Aprì indignata la porta e prima di chiudersela dietro la sentirono ancora urlare al nulla. «Sono le sette e un quarto e quelli se ne stanno ancora nel letto a poltrire belli tranquilli!»
    «Oh cielo! Sono solo le sette!» fece tragico Harry allargando le braccia rassegnato.
    «Almeno mi ha rifatto il letto!» disse Ron gonfio di soddisfazione.

    Scesero a fare colazione dopo essersi vestiti e, arrivati in cucina, trovarono Ginny assonnata ancora in pigiama, raccolta su una sedia, con la testa appoggiata sulle ginocchia e Harry, non poté evitare di pensare quanto fosse dolce così, ma scacciò subito questo pensiero dalla testa; Hermione, già vestita e sistemata, non toccò niente del mangiare che c’era sulla tavola per il troppo nervosismo mentre Gloria era impegnata a spalmare alla perfezione la marmellata sui toast. Quest’ultima fu l’unica a salutare con un semplice “ciao”, visto che le altre li ignorarono.
    Ron si sedette a tavola con pesantezza e iniziò a scandagliare il tavolo, alla ricerca di quello che poteva interessargli.
    «Vuoi?» disse Gloria porgendogli il toast appena fatto. Lui lo fissò un po’ guardingo e a Harry venne in mente quello che aveva detto la ragazza, e effettivamente aveva ragione. Il fatto stava che Ron non si fidava ancora di Gloria e forse non lo avrebbe mai fatto, ma intanto accettò la fetta ed accennò un mezzo “grazie”.
    «Harry tu?» chiese questa volta all’altro che gli si stava sedendo di fronte.
    «Mmm…» lui preso, ancora dal sonno, si guardò intorno alla ricerca di qualcosa e si passò una mano fra i capelli scompigliandoli ancora di più. Chiuse gli occhi e farfugliò qualcosa del tipo “torta”.
    Aprì gli occhi e si trovò davanti una generosa fetta di torta che solo alla vista riuscì a rianimarlo.
    «Grazie!»
    «Prego.» rispose. Prese un altro toast e ricominciò a spalmare la marmellata con così tanta attenzione che Harry, osservandola, ebbe l’impressione che fosse l’unico scopo della sua vita. E così fu per altri quattro o cinque toast che mise in un piattino e avvicinò a Ron. Lui il primo lo prese dopo un attimo di incertezza, dal secondo in poi si prese di coraggio e se li mangiò tutti senza fare troppi complimenti. Harry osservava sia l’uno che l’altro, Gloria se la rideva sotto i baffi, a quanto pareva lo considerava veramente come un cagnolino.
    Finita l’ultima fetta di pane tostato, Ron si appoggiò alla sedia soddisfatto più che mai passandosi le mani sull’addome e leccandosi le labbra.
    Harry dopo questa scena idilliaca incrociò lo sguardo di Gloria e scoppiarono a ridere insieme, per un motivo chiaro solo a loro. Ron si destò dal suo momento di gloria guardando sospettoso i due credendo che l’improvviso scoppio di ilarità fosse stato a causa sua, e non si sbagliava per niente.
    «Che c’è? Che ridete?» chiese male.
    Hermione, che aveva osservato tutta la scena sempre dalla sua posizione nevrotica, si apprestò a chiarirgli le idee in modo molto asciutto.
    «Ridono perché hanno notato che è molto semplice farti contento!»
    «Non è vero!» cercò di controbattere lui inutilmente.
    «A no?» lo sfidò lei. Il rosso a quel punto non osò più ribattere, si limitò a guardare male Harry e a dirgli acido.
    «Non ci trovo niente di divertente!»
    «Dai, scusa! Se vuoi te ne faccio un alto.» cercò di recuperare Gloria, ma lui si girò offeso più di prima.

    Potevano essere le otto e un quarto quando Hermione saltò improvvisamente sulla sedia e indicò col braccio teso un punto indefinito del cielo fuori dalla finestra della cucina. Tutti si voltarono, compresa Ginny che aveva appena iniziato a fare colazione, inizialmente non scorsero niente, ma a mano a mano si delinearono i profili di quattro gufi.
    «AAAhhhhhh… Hermione! CAVOLO LASCIAMI! MI FAI MALE!»
    Tutti si voltarono verso Ron che aveva incominciato ad ululare per il dolore. Hermione si era appropriata della sua mano e la stava stritolando per bene a causa della tensione.
    «Dai Herm, lascialo gli fai male!» intervenne Harry ma senza esiti.
    «Non capisco perché ti agiti tanto.» disse Gloria.
    «Fai presto a parlare tu che sei brava!» la zittì Hermione.
    «Ma Hermione, tu non sei brava, sei bravissima!» la incoraggiò Harry.
    «LASCIAMITIPREGO!» urlò Ron in preda al dolore. Solo allora la ragazza lo considerò, gli mollò la mano e lo liquidò con un flebile “oh! Scusa…”. Lui, riottenuta la sua mano, la massaggiò con cura. Nel trambusto non si erano accorti che oramai i gufi erano vicini, e quando planarono attraverso la finestra atterrando sulla tavola qualcuno saltò sul posto, qualcun altro cacciò un urletto.
    Ognuno prese la propria busta e a mano a mano i gufi volarono via dalla finestra.
    «No, non voglio vedere!» fece Hermione ritirando le mani.
    «Allora, se non ti spiace, apro io la tua busta!» e così dicendo Ron prese quello che gli stava porgendo il gufo. Non ebbe neanche il tempo di aprire la lettera che la ragazza gliela strappò dalle mani. Con velocità la aprì e lesse il contenuto, e più leggeva e più si faceva pallida in viso e delle lacrime si formavano agli angoli degli occhi.
    «No Hermione, non è…» cercò di fermarla il rosso senza riuscire.
    Harry guardò la strana reazione che stava avendo l’amica e capì che c’era qualcosa che non andava. Si voltò verso Ron che lo ignoro deliberatamente, troppo impegnato a boccheggiare in direzione di Hermione, poi Ginny e Gloria che gli ricambiarono lo sguardo interrogativo.
    Oramai lei era scoppiata in lacrime, scossa da forti singhiozzi appoggiò la lettera sul tavolo sconvolta.
    Harry si allungò per prenderla e verificare di persona che cosa c’era di tanto terribile scritto su quel foglio.
    «Ma…» fece lui leggendo. Ginny si era appoggiata alla sua spalla per leggere anche lei e Gloria si era allungata dall’altra parte del tavolo. Dopo qualche minuto di silenzio quest’ultima decise di intervenire dicendo:
    «Ma non è proprio male come risultato.»
    A questa affermazione Hermione scattò su dalla sedia piangendo ancora più forte e, come presa da un attacco isterico, iniziò ad urlare.
    «NON è TANTO MALE?! NEANCHE UN ECCELLENTE! HO FATTO SCHIFO!»
    «ORA BASTA! SONO I MIEI RISULTATI, E SE NON VI DISPIACE, IO ANCORA NON LI AVREI LETTI!» Ron si era alzato imbufalito come non mai, si avventò su Harry (che in quel momento pensò seriamente fosse arrivata la propria fine) e gli strappò il foglio dalle mani.
    Hermione smise improvvisamente di piangere e rimase come pietrificata in piedi in mezzo la stanza.
    «So… sono i tuoi risultati?» chiese incredula in un filo di voce.
    «SI!» rispose e se ne andò salendo le scale a quattro a quattro.
    Sarebbe regnato il silenzio se non fosse stato per le chiassose risate di Ginny che, piegata in due era finita a terra e non riusciva più a rialzarsi.
    Harry guardò Hermione sedersi zitta zitta, imbarazzata come non mai, asciugarsi le lacrime che poco prima le erano scese per la disperazione. Non lo sfiorò neanche il pensiero di andare dall’amico a consolarlo, solo per prendergli la lettera dalle mani gli era parso che volesse ucciderlo!
    «Ehm… che ne dite se vediamo i nostri risultati?» intervenne Gloria. Era evidente che cercava di tenere a bada le risate che ogni tanto le sfuggivano e che mascherava con una finta tosse.
    «Si, è una buona idea.» rispose Harry che si stava facendo contagiare anche lui dalle risate di Ginny.
    Harry lesse la sua. “Non è andata tanto male” pensò scorrendo la lista, tutti “O”, gli pianse il cuore, purtroppo anche pozioni, ma non si aspettava altro; un Eccellente in difesa contro le arti oscure, mentre in Storia della Magia non era riuscito ad ottenere il G.U.F.O., “tanto meglio” penso, ma un dolore gli attanagliò improvvisamente lo stomaco. Avrebbe preferito farlo quel compito!
    «Com’è andata allora?» chiese Ginny che era un po’ riuscita a riprendersi dalle risa.
    «Tutto a posto.» rispose in tono asciutto Hermione ancora presa da quello che era successo prima.
    «Anche a me.» disse Gloria.


     
    Top
    .
  2. Luisina
     
    .

    User deleted


    bellissima questa ff complimenti continua comunque non mi convince molto Gloria però troppo forte la sena di Hermione che crede che i risultati di ron siano i suoi

    ma a quando il prossimo capitolo?
     
    Top
    .
  3. ioida
     
    .

    User deleted


    anche adesso! grazie, sono felicissima già solo perchè mi hai scritto e poi anche perchè ti è piaciuta.


    3°: Scale

    Erano passate due settimane da quando erano arrivati i risultati dei G.U.F.O., e da allora i rapporti tra Ron ed Hermione erano a dir poco peggiorati. Il rosso non le rivolgeva più la parola, mentre lei per orgoglio, dopo la seconda volta che provò a chiedergli scusa inutilmente, prese le distanze definendolo infantile e sciocco.
    Stranamente notò che senza Ron, Hermione era diventata più petulante nei confronti di Harry e, cosa ben peggiore, così aveva più possibilità di informarsi, in maniera alquanto inopportuna e imbarazzante, sui suoi sentimenti e stati d’animo.
    Per fortuna riusciva ad evadere dalle sue domande agganciandosi a Ginny dicendo che voleva parlare con lei di quidditch o a Gloria perché gli interessava sapere come se la passava o scuse simili, che lei comprendeva e lo aiutava a svignarsela, una volta anche il signor Weasley lo aveva aiutato inconsapevolmente chiedendogli a cosa serviva un walkman e come funzionava.

    Mancava una settimana dall’inizio delle lezioni e la fine delle vacanze e a Harry effettivamente dispiaceva, aveva come trovato un equilibrio in quel posto. Nessuno gli ricordava quale era il suo destino, nessuno lo disprezzava o lo lodava come salvatore del mondo e, anche se ancora persisteva il dolore per la morte di Sirius, era diminuito leggermente grazie alle persone che gli stavano vicino.
    E fu in una di queste sere che, sistemando i vestiti nel baule dopo cena, sentì bussare alla porta della sua stanza.
    «Posso?» Era la voce di Hermione. Rivolse uno sguardo incerto verso Ron che, continuando quello che stava facendo, fece finta di niente.
    «Certo.» Disse Harry.
    La ragazza entro un po’ timorosa e si guardò intorno in un attimo di imbarazzo.
    «Ehm … Harry ti spiacerebbe lasciarci soli?»
    Il ragazzo alzò lo sguardo sull’amica. Forse voleva provare a sistemare le cose con Ron, pensò. Fece un cenno ed uscì.
    Hermione era ferma con le mani in tasca a guardare Ron, intento a cercare qualcosa nell’armadio, ignorandola. Dopo qualche minuto Hermione si decise a parlare.
    «Ron… io…» lui non si era neanche girato, continuava imperterrito a cercare in mezzo ai calzini spaiati.
    «Ron, per favore ti potresti girare?» niente, continuava la sua ricerca, e più lui cercava e più l’intolleranza della ragazza cresceva.
    «Le persone educate di solito rispondono!»
    Ron si voltò con tutti i vestiti in braccio che appoggiò su letto di Harry, e iniziò a sistemare il proprio.
    «Ron!.... Ron, insomma, quante volte ancora ti dovrò chiedere scusa? Non puoi essere così infantile!»
    Hermione stava incominciando a perdere la pazienza, era stanca di essere ignorata, stanca di quella stupida situazione, voleva risolverla una volta per tutte prima che iniziasse la scuola, non voleva avere seccature quell’anno.
    «Ti avviso, questa è l’ultima volta che ti chiedo scusa, se ti va bene le accetti, altrimenti… QUANDO TI PARLO SEI PREGATO DI GIRARTI!»
    Ron, che era chinato ancora intento a sistemarsi il letto, si mise dritto e strinse i pugni, tremava visibilmente.
    Anche da lì Hermione riusciva a vedere che era diventato rosso fuoco, ma non se ne preoccupò, anche se comparata a lui fisicamente non era niente, non le faceva la minima paura, lui poteva diventare una belva, lei sarebbe rimasta lì imperterrita con le braccia incrociate ad aspettare che finisse la sua scenata teatrale.
    «Mi scusi sua maestà, non succederà mai più! Con il mio cervello piccolo e insulso in confronto al suo non è facile ricordare le cose! Ma ovviamente sua maestà non può sapere cosa significa essere stupidi, giusto? Perché lei è l’unica intelligente, e io sono solo uno stupido idiota, incapace di prendere almeno un eccellente!» disse Ron velenoso con voce crescente e tremante per la rabbia.
    «Ti ho già detto che mi dispiace! E poi lo hai preso un’eccellente, non lo avevo visto…»
    «Non lo avevi considerato!»
    «No, non lo avevo considerato, ora va bene?» anche lei era arrabbiata, non lo sopportava quando faceva in quel modo.
    «Ora ti facciamo una statua d’oro perché hai preso E in pozioni!»
    Ron si voltò e, piazzandosi proprio davanti a lei, fissò i propri occhi nei suoi.
    «ECCO! TI SEMBRA TROPPO STANO CHE IO SIA RIUSCITO IN POZIONI! PER TUA INFORMAZIONE IO NON SONO STUPIDO! MA NO! SECONDO TE IO SONO SOLO UN IGNORANTE! NOSTRA REGALITÀ SOLTANTO SI MERITAVA ECCELLENTE, VERO?»
    «Smettila di fare l’idiota Ron, io non ho mai detto questo!» ora la sovrastava e lei continuava a guardarlo negli occhi senza timore.
    «OH, NO DI CERTO! IO NON SONO ALLA TUA ALTEZZA! COME HAI DETTO…. AH GIÀ “FA SCHIFO”!»
    Hermione non ce la fece più, era stufa di sentirlo lamentare sempre per le stesse cose, per le sue paranoie, quindi prese ad urlare pure lei.
    La sua pazienza aveva un limite, un limite che era stato appena superato.
    «TU SEI COMPLETAMENTE OSSESSIONATO! NON TI SI SOPPORA! SMETTILA DI FARE LA POVERA VITTIMA!»
    «NON FACCIO LA POVERA VITTIMA!»
    «MA NON DIRE SCIOCCHEZZE! SEI COSÌ PAZZO CHE SEI GELOSO ANCHE DI HARRY!»
    «MA CHE CAZZO STAI DICENDO!?»
    «L’HO NOTATO CHE TI DÀ FASTIDIO LA CONFIDENZA CHE HA CON GLORIA! È LA STESSA COSA CHE È SUCCESSA CON ME E VICTOR. HAI CONTINUAMENTE PAURA CHE GLI ALTRI TI POSSANO TOGLIERE QUELLO CHE HAI!
    «SEI UN INSICURO DEL CAVOLO. E ORA PERCHÈ NON TI HO RICONOSCUTO DEL PIDOCCHIOSO ECCELLENTE CE L’HAI CON ME A MORTE!
    SAI CHE TI DICO RON?
    SE HAI I COMPLESSI DI INFERIORITÀ, VAI E FATTI CURARE!»
    Nella stanza cadde un silenzio pesante, insopportabile. Ron non aveva risposto urlando, non aveva risposto affatto, lei avrebbe preferito che lo facesse.
    La guardava in un modo che la faceva stare male, era disgustato, incredulo, deluso…cattivo. Non capiva perché quello sguardo, così truce, così forte, la turbasse, la facesse vergognare, sentire una canaglia, ma allo stesso tempo quel mare in tempesta di un blu scuro e vorticoso la attirava.
    Desiderava distogliere lo sguardo e affogare in quel mare allo stesso tempo.
    -Vattene via.- sibilò. Lei non si mosse, era pietrificata. Molto probabilmente non lo aveva neanche sentito.
    -Fuori.- Lei non accennava a muoversi. Allora la prese per un braccio stingendolo forte, sollevandola quasi da terra, le stava facendo male e non gli importava.
    Adesso aveva veramente paura, quello che aveva davanti non era il suo amico Ron, Ron non era così difficile, Ron non la avrebbe mai toccata , non le avrebbe mai fatto del male. La sua mano aveva stretto il suo braccio, gli faceva male, troppo male, non sapeva più che pensare, era confusa; piangere, gridare, reagire, era di fronte all’ignoto, la ragione aveva lasciato il posto alla paura, chi era quello? Che fine aveva fatto il suo Ron?
    La trascinò fino alla porta, la aprì, e, quasi facendola volare, la spinse fuori. Le sputò un ultimo sguardo di puro disprezzo e le sbattè la porta in faccia.
    Si accorse che piangeva. Calde lacrime gli rigavano il viso senza avergli chiesto neanche il permesso, e un sapore amaro gli attanagliava l’interno del cuore che pulsava forte, senza controllo, e tutto il petto fino alla bocca.
    Si accorse che piangeva . Calde lacrime le rigavano il volto e i singhiozzi prepotenti la soffocavano. Scappare, scappare le diceva una vocina dentro, la mente annebbiata, la vista annebbiata, si voltò. Via, via! E le sue gambe si mossero da sole cieche e impetuose, forse troppo quando improvvisamente trovarono il vuoto sotto di loro.




    Harry scese. Quella sera a casa era rimasto solo Piton dell’ordine. Il signor Weasley doveva lavorare fino a tardi, mentre la signora Weasley era andata a trovare i gemelli a Diagon Alley.
    Arrivò all’ultima rampa di scale quando senti parlare e si blocco. Si accovacciò sul penultimo gradino del pianerottolo cercando di distinguere le voci. Erano Gloria e Piton, quest'ultimo sembra alquanto innervosito dalla discussione.
    «Non posso farci niente lo sai»
    «Non potete escludermi dalle riunioni, non sono mica Potter!»
    «Questo lo so benissimo.» disse Piton tirando un sospiro di pazienza.
    «Silente su questo non si fida e mi affida il suo pupillo? È assurdo!»
    «Mi dispiace ma è così. Le ragioni potrai chiedere a lui direttamente una volta tornati a Hogwarts.»
    «Spiegazioni!» disse sprezzante lei.
    «Lei lo sa quanto sia insistente. Lo sa che sta chiamando me. Io lo so! Voglio sapere il perché, lo pretendo. Se lei non lo sa non ho intenzione di aspettare che Silente mi riceva, voglio parlargli subito, o andrò a cercare spiegazioni altrove o direttamente alla fonte. Dovreste saperlo, non ne ho problemi, non temo la… »
    Un rumore improvvisò, un tonfo forte proveniente dalle scale catturò l’attenzione dei due nella stanza, che smisero subito di parlare, e di Harry che si apprestò a salire il più velocemente possibile senza farsi notare. Qualcuno all’ultimo piano era caduto per le scale.
    Incrociò Ginny che si era affacciata dalla sua camera attirata anche lei dal forte rumore.
    «Che cosa è successo?» gli chiese.
    «Non lo so!» rispose, e corse su ancora più velocemente, preso da uno strano presentimento ed agitazione.
    Arrivato all’ultima rampa scorse la sagoma di Ron per terra. Si avvicinò pensando che fosse stato lui a cadere ed a fare quel gran botto e, per un attimo, si tranquillizzò pure. L’amico era grande e robusto, difficile per lui farsi male cadendo da una rampa di sei gradini. Ma, avvicinandosi, si accorse che si sbagliava, l’amico era chinato a terra e stringeva tra le braccia una figura molto più esile e minuta. Gli si gelò il sangue nelle vene.
    «Hermione!» Harry salì gli ultimi quattro gradini con una falcata e si avvicinò all’amica. Le lacrime le scendevano copiose e si guardava stralunata attorno in un modo che Harry non le aveva mai visto fare e che gli fece accapponare la pelle. Un rivolo di sangue le scorreva da un taglio sulla tempia e si teneva stretta la spalla destra piegata in avanti come un’ala rotta.
    Cosa cavolo era successo mentre mancava? Ebbe una tale confusione in quel momento che non seppe cosa fare. Avvertì la presenza di una persona appena arrivata.
    Guardò stranito la scena: “scusa”, “mi dispiace, è colpa mia”, “perdonami” diceva l’amico scosso tra le lacrime stringendola in maniera convulsa.
    «Portatela sotto, muovetevi! C’è Piton, potrà aiutarla!»
    La voce di Ginny lo riportò alla realtà come uno schiaffo.
    «Ron…» riuscì a dire con una voce che non gli sembrò neanche la propria, prima di scostarsi per lasciarlo passare.
    Il rosso si alzò con la ragazza tra le braccia tenendola stretta al petto come se fosse una bambina da fare addormentare.
    Scesero le scale di fretta. A metà strada incrociarono Gloria andare nella direzione opposta, anche lei probabilmente attirata dal forte rumore, che si appiattì contro il muro per lasciare passare e osservò preoccupata un Ron disperato che camminava a testa bassa con in braccio Hermione.
    Appena Arrivati al piano terra, Piton, si trovò di faccia la scena e seguì allarmato il ragazzo che appoggiò l’amica sul divano, con tanta di quella delicatezza che non ci si poteva neanche aspettare da lui, e si allontanò per stringersi in un angolo.
    «Che cosa è successo?» chiese l’uomo preoccupato avvicinandosi e facendosi spazio per osservare meglio le condizioni della ragazza.
    «È caduta per le scale…» rispose Ginny prontamente.
    Piton le prese delicatamente il braccio, lei gemette e grosse lacrime le rigarono il viso che si contorse in una smorfia di dolore.
    «Si è rotto… Weasley, avete la pozione per aggiustare le ossa in casa?»
    «Credo di no… credo sia finita.» rispose incerta.
    «Professore, dovrei averla io.»Gloria era appena comparsa alle spalle di Harry, lo superò e si avvicinò all’uomo appoggiando sul bracciolo del divano un involucro nero.
    Lo slacciò con fare esperto e lo svolse rivelando una fascia (che ricordava molto quelle usate nelle gioiellerie per custodire i braccialetti d’oro) contenete piccole fialette di diversi colori.
    Passò il dito in rassegna sulle fialette e fermandosi a metà ne estrasse una che conteneva un liquido verdognolo, la guardò in controluce per verificarne il contenuto e la passò al professore.
    «Metà, è concentrata.» Disse e lui annuì. Stappò la fiala e la avvicinò alla bocca di Hermione, che bevve sotto lo sguardo sospettoso di Ginny e un silenzioso Harry.
    «Hermione tutto bene?» la rossa premurosa si avvicinò e le prese la mano osservandola attentamente per verificare che non le fosse stato rifilato un veleno. Lei accennò di si col capo mentre calde lacrime continuavano a scenderle e ad imperlarle il viso.
    «È tutto a posto, su! È stata di più la paura. Ora ti guariamo il taglio che hai sulla tempia e tornerai come prima, va bene?»disse Gloria con fare quasi amorevole, le accarezzò una guancia e le rivolse un sorriso rassicurante. Ginny la guardò malissimo, c’era puro odio nei sui occhi.
    «Che dici ce lo fai un sorriso?» continuò la bruna.
    Hermione la guardò ancora un po’ confusa ma stiracchiò le labbra in quello che doveva essere un sorriso sincero. Ginny non resse più a quella confidenza che si stava prendendo Gloria e esordì scortese:
    «Non c’è più bisogno del tuo aiuto, puoi anche andare!»
    Lo sguardo che le rivolse Gloria era indecifrabile, ma si scostò dal divano prendendo la fascia con le fialette e andò a sistemarle sul tavolo dando le spalle ai presenti.
    «Signorina Weasley, il rispetto nei confronti degli altri, forse i suoi genitori non gliel’hanno insegnato, ma io lo esigo, almeno in mia presenza.» Disse con tono trascinato Piton.
    Ginny lo ignorò bellamente continuando ad occuparsi di Hermione. L’uomo si indispettì ancora di più e continuò.
    «Sono stato chiaro?»
    «Lei, come ha appena detto, non è mio padre, e per ora neanche il mio professore, quindi non può esigere niente da me!»
    Harry strabuzzò gli occhi incredulo. Piton tremò di rabbia per poi rivolgerle un ghigno maligno.
    «Come ha appena detto, per ora…» disse lui mellifluo.
    Puntò la bacchetta sulla tempia di Hermione e le fece sparire il profondo taglio con un gesto così fulmineo che i due amici sussultarono pensando che non avesse buone intenzioni.
    Si voltò fulmineo e andò verso la porta seguito dal familiare frusciare della veste, mise la mano sulla maniglia e la aprì.
    «Potter!» disse prima di uscire. «Ha ammirato? Quello è il kit base di ogni auror. Ora capisci perché tu non lo potrai mai diventare?» e se ne andò soddisfatto chiudendosi la porta alle spalle.
    Harry si sentì ribollire il sangue nelle vene e si ritrovò a guardare il punto là dove era scomparso l’avverso professore, con puro odio.
    Gloria intanto gli si era avvicinata e gli aveva appoggiato una mano sulla spalla per rasserenarlo, poi lo superò e puntò verso l’angolo in cui si era rifugiato Ron.
    Gli si avvicinò impudente e gli porse un fazzolettino con fare gentile.
    «Ron, non preoccuparti. Hermione sta bene, non si è fatta niente! Hai visto?»
    Lui non rispose, continuò ad ignorarla. Lei non si fece intimidire da quel silenzio e gli prese la mano per stringerla.
    «Ti sei spaventato, lo capisco ma…» disse, ma a quel tocco il rosso la scacciò malamente, si staccò da muro e andò via furibondo, dandole una spallata che la fece barcollare.
    Harry le si avvicinò e questa volta toccò a lui metterle un mano sulla spalla.
    «Non prendertela, è fatto così! Quando è arrabbiato è meglio lasciarlo stare.»
    Lei fece un cenno di assenso, si avvicinò alla tavola per prendere l’involucro nero.
    Intanto Ginny accarezzava amorevolmente i capelli dell’amica coricata sul divano, ancora sconvolta dalla caduta e Harry si avvicinò per chiederle come si sentiva.
    «Harry!» Gloria lo chiamò.
    Con un cenno del capo gli indicò di seguirlo su per le scale. Lui la seguì incuriosito mentre si avviava al piano si sopra. Ginny gli mandò una occhiata e Harry la tranquillizzò con un sorriso. A volte, pensò lui, esagerava veramente nei confronti di Gloria.
    Salì la prima rampa raggiungendo la ragazza, la seguì fino alla stanza di Fred e George.
    «Devo parlarti.» Disse indicandogli di entrare nella stanza.
    Entrarono; a Harry gli si contorse lo stomaco a quella affermazione, lei era seria, voleva forse rivelargli qualcosa di importante o che avesse a che vedere con il discorso che stava facendo poco prima con Piton. Si sedette sul letto e gli indicò quello di fronte al suo in segno di accomodarsi.
    Harry si sedette. Aveva le mani puntate dietro e lo scrutava attenta come a voler studiare ogni suo lineamento e ponderare ogni suo pensiero. Gli venne un dubbio. Non stava mica controllando nella sua mente come aveva fatto l’unticcio per tutto l’anno passato?
    A questo pensiero si ritrasse istintivamente.
    «Che fai?» chiese allarmato.
    Un momento di silenzio in cui la ragazza continuò imperterrita a fissarlo, poi si rilassò.
    «Stavo valutando la situazione…» disse vaga.
    «In che senso?»
    Non gli piaceva, quella situazione lo stava innervosendo.
    «Se vuoi qualcosa da me farai meglio a chiedermelo!» disse scontroso.
    «Potrei dirti altrettanto!» rispose pungente.
    Harry abbassò lo sguardo. Che avesse capito che li stava ascoltando?
    «Dimmi.»
    «Silente mi ha voluto parlare.» Harry alzò subito lo sguardo incuriosito. Dal discorso di poco prima si era inteso il contrario.
    «Ha voluto darti una seconda possibilità in pozioni…» disse lasciando la frase a metà per osservare la reazione del ragazzo. Lui la guardò incredulo.
    «Ma…» cercò di dire. Che cosa voleva dire? Che avrebbe potuto continuare il corso nonostante l’“O” preso ai G.U.F.O.?
    «Dovrai sostenere un esame a metà anno per accedere alle lezioni di Piton. Se lo superi è bene, altrimenti niente M.A.G.O. in pozioni e niente corso per auror. Silente ha dovuto usare tutte le sue carte migliori per convincere il professore.»
    «Un esame?»
    «Preparato da Piton, quindi non ti aspettare niente di semplice. Dovrai preparare tre pozioni di tre livelli di difficoltà diversi.»
    «Ma… Come posso farcela? È impossibile, quello mi odia!» Harry sentì improvvisamente anche quella unica, piccola possibilità sfumargli via dalle mani.
    «Silente è previdente Harry, ha parlato con me non per niente.»
    «Con te? Che c’entri?»
    «Dovrò farti recuperare sei anni in cinque mesi.»
    Se a Harry non arrivò la mascella per terra era proprio perché non era un cartone animato, ma se lo fosse stato gli sarebbe arrivata dall’altra parte del mondo.
    «Non fare quella faccia! Dovrei farla io!» disse scocciata. Puntò i gomiti sulle ginocchia e si sporse in avanti per avvicinarsi a lui.
    «Sia chiaro Harry, non ho intenzione di perdere tempo. Piton mi ha detto che non c’è niente da prendere da te, ma spero che non sia così. Se non hai voglia, fattela venire, se non capisci qualcosa dimmelo, non farmi andare avanti inutilmente. E mettiti l’anima in pace, dovremmo passare tutti i pomeriggi insieme una volta tornati a Hogwarts. Non per mia volontà, avrei ben altre cose da fare, ma Silente è stato chiaro, devi superare questo esame!»
    «Ma… perché proprio tu? Cioè,non per te.» si apprestò a dire Harry. «Lo sai, non ho niente contro di te, però, poteva chiederlo ad Hermione.»
    «Semplice, Hermione è la tua migliore amica e, per quanto possa essere seria e severa, sarà sempre troppo amorevole nei tuoi confronti; poi con me non dovrai fare solo pozioni.» Gli spiegò.
    «E cos’altro dovremo fare?» chiese ancora più sconcertato.
    «Difesa contro le arti oscure.»
    Harry si sentì offeso, Silente voleva fargli fare un corso di difesa contro le arti oscure dopo che aveva dimostrato si essere uno dei migliori (se non Il Migliore) e poi, poteva capire da un auror come Moody, che aveva veramente tanto da insegnare, ma non da una ragazza che aveva la sua stessa età e neanche la metà della sua esperienza.
    «Che cos’è quella faccia offesa? Lo fa per te!» disse lei.
    Si alzò, prese un foglio dalla scrivania, glielo porse e gli si risedette di fronte.
    «Oltre quelli di testo, devi farti prendere anche questi libri quando andranno a Diagon Alley. Dovrebbero andarci domani…»
    Harry lesse, “Pozioni che spasso!” di Vimilda Kant, “L’arte della magia nera” di Benjamin Becarski e “Dalla parte mia. Seguendo la purità” di Enne Elisabeth Lestrange.
    Strinse il foglio tra le mani. Rilesse incredulo. Aveva capito bene, gli ultimi due titoli erano abbastanza espliciti e quel cognome… un groviglio di dolore e odio gli salì dallo stomaco alla gola. Guardò la ragazza sedutagli davanti che lo fissava tranquilla. Quanto odio potessero sprigionare i suoi occhi non lo poteva immaginare ma la ragazza li ammarava affascinata per l’improvviso cambiamento.
    «Che cos’è? Uno scherzo? Se lo è, sappi che è di cattivo gusto!» disse cercando di trattenere la rabbia.
    «Che problema c’è?» chiese incuriosita dall’improvviso cambiamento. Harry si alzò pronto ad andarsene ed ad abbandonare la conversazione per sempre.
    «Non ho intenzione di studiare magia nera ne di unirmi ai tuoi amichetti mangiamorte!» Appallottolò il foglio e lo gettò a terra con disprezzo, strinse forte i pugni, non sapeva perché ma gli venne voglia di piangere, delusione forse? Non lo sapeva neanche lui, sapeva solo che voleva allontanarsi il più possibile da lei e da quel posto. Si alzò dirigendosi verso la porta per uscire dalla stanza, ma una mano lo afferrò e con forza lo strattonò facendolo voltare, ritrovandosi ad un centimetro dal naso di Gloria, immerso negli suoi occhi infuocati.
    Si staccò da lui con disprezzo e indietreggiò di un passo.
    «Non ne ho amici, Potter!» disse fredda e dura guardandolo arcigna.
    «Prendi quei libri, sono stata chiara, non voglio discussioni. Silente ti ha affidato a me ed io ho intenzione di lavorare seriamente.» Prese il foglio da terra e glielo mise in mano con forza.
    Harry la guardava con sfida, sarebbe andato a parlare direttamente col preside una volta ad Hogwarts, non lo avrebbe accettato, era inammissibile.
    «Fuori da questa stanza!» gli ordinò con un tono che non ammetteva repliche, guardandolo dritto negli occhi. Gli diede le spalle e si posizionò di fronte alla finestra guardando fuori come se la cosa non la riguardasse più.
    Harry non si mosse, non se ne sarebbe andato sotto suo ordine, non avrebbe accettato le sue condizioni.
    Qualche attimo, poi lei voltò il capo incrociando gli occhi del ragazzo. Il profilo delicato e i suoi occhi infuocati erano un contrasto quasi accecante.
    «Che cosa vuoi? Che ci fai ancora qui, ti avevo detto di andartene!»
    «Non eseguo i tuoi ordini. Se queste..» disse alzando la mano con dentro il pezzo di carta. «sono le tue intenzioni, allora non ti aspettare niente da me.»
    Lo guardò truce poi tornò a voltarsi e a guardare fuori dalla finestra.
    «Non puoi difenderti da ciò che non conosci. Non puoi confrontarti senza capire l’altro, partendo dal presupposto di stare dalla parte giusta!»
    «Uccidere maghi nati da babbani, maghinò e babbani è giusto allora?»
    Gloria si voltò di scatto verso di lui e gli si avvicinò di qualche passo.
    «Non esiste giusto o sbagliato Harry! Non esiste il bene e il male, è tutto falso! È questo che devi capire! Esci dal tuo stupido mondo fatto di ideali!»
    «Hanno cominciato loro!»
    «Non rispondere come un bambino!» gli disse puntandogli un dito contro come una maestria.
    «Non mi interessa chi ha incominciato! È da presuntuosi dire “Io ho ragione”, qua non ha ragione nessuno perché non esiste nessuna verità. Siamo qui e basta, non l’abbiamo scelto noi, altrimenti non ci sarebbe anima viva su questa terra!»
    «Allora se non abbiamo una ragione che cavolo ci stiamo a fare qui? Perché allora la gente si ammazza?» chiese lui alzando sempre più la voce.
    «E che ne so io? Qualcosa la devono pur fare per passarsi il tempo!» disse alzando anche lei la voce.
    Passarono attimi, occhi negli occhi, lanciandosi lampi di rancore e cercando di decifrare i pensieri dell’atro, fino a che Gloria non distolse lo sguardo. Un sottile lamento le sfuggì dalle labbra e premette la mano sinistra contro il braccio destro. Harry notò questo movimento e il pallore improvviso sul suo volto. Come un lampo gli passò in mente l’immagine del marchio nero, ma la eliminò subito, era impossibile che avesse il marchio, i mangiamorte lo avevano sull’avambraccio sinistro e non sul braccio destro.
    Gli diede le spalle e si sedette sul proprio letto.
    «Tutto a posto?» chiese premuroso.
    «Vai, per favore.» Disse senza guardarlo.
    Harry la guardò, guardò per l’ultima volta la lista di libri che aveva ancora appallottolata in mano ed uscì dalla stanza senza più discutere.


    ciao e grazie!
     
    Top
    .
  4. Luisina
     
    .

    User deleted


    povera hermione ha fatto una brutta caduta però quella gloria non mi convince chissà cosa nasconde? bel capitolo
     
    Top
    .
  5. ioida
     
    .

    User deleted


    dai che può nascondere? :) ora posto il 4°, fammi sapere.
    ciao!

    4°. A Hogwarts.

    Lastre di pietre e acqua, i suoi passi riecheggiavano nell’immenso spazio silenzioso e buio che lo avvolgeva.
    Una forte inquietudine gli attanagliò il petto.
    Il suo scheletro giacerà nella Camera, per sempre
    Iniziò a correre, l’aria umida si infiltrava prepotente nei polmoni tanto che si sembrava di stare sott’acqua, e in effetti lo era, era sotto il lago Nero.
    Ginny…
    L’acqua schizzava a ogni suo passo, un martellio continuo che gli faceva salire sempre più la tensione.
    Harry… Harry… l’erede…sono io….
    Un sibilo. Il sibilo!
    Il basilisco, lo chiamava, lo annunciava all’essere ancora più mostruoso che si trovava alla fine di quel tunnel, dove risplendeva una luce verdognola che attraversava lo spazio come una foschia di morte.
    Avvertì il mostro leggendario strisciargli accanto, quasi ad accompagnarlo.
    Aumentò il passo.
    È troppo tardi Potter…
    Una voce sibillina, non era stato il basilisco questa volta. Harry sentì il cuore salirgli in gola.
    È morta e il suo scheletro giacerà nella Camera, per sempre
    No! Urlò con tutta la forza che aveva dentro.
    Corse a più non posso verso il centro della stanza, fino a quando lo vide.
    Era lì, fermo ad aspettarlo, più si avvicinava e più distingueva la sagoma del corpo e i lineamenti del volto. Quel viso, bellissimo, dai tratti garbati e nobili, quasi angelici, era rilassato, quasi inespressivo.
    Era più che spettro, era consistente, tangibile, era carne.
    A pochi passi da lui.
    Gli sorrise come un vecchio amico senza proferir parola, poi abbassò lo sguardo a terra vicino i piedi di Harry.
    Istintivamente fece lo stesso.
    Per terra, ai suoi piedi c’era Ginny.
    Un morso allo stomaco e un rigurgito di vomito gli salì fino in gola.
    I capelli zuppi, la pelle grigia, il viso incavato e le palpebre spalancate rivelavano il pallore degli occhi rivoltati.
    Era oramai in avanzato stato di decomposizione quel corpo ai suoi piedi.
    No! Non è possibile! Ginny…
    Disperazione, era l’unica cosa che il giovane Riddle leggeva negli occhi del ragazzo che gli stava di fronte.
    Troppo tardi Potter…
    Continuava a parlargli in serpentese e a ogni parola gli si avvicinava, fino a fronteggiarlo.
    A ogni passo il suoi occhi si infiammavano famelici. E di nuovo quel contrasto abbagliante, che turbava Harry fino nel più profondo abisso della sua anima.
    Lo scintillio rossastro, che si accese in un bagliore quasi impercettibile, negli occhi del giovane, preannunciò ciò che era la sua essenza demoniaca che, con una velocità assurda, a macchia d’olio, si espanse sul viso deformandolo e abbrutendolo.
    Perché ti ostini? Vieni a me, tu che sei mio eguale.
    Non esistono giusto o sbagliato Harry, non esistono il bene e il male, è tutto falso! È questo che devi capire! Esiste solo il potere.Il potere Harry!
    Esci dal tuo stupido mondo fatto di ideali!
    Harry!
    Riddle strinse forte le mani sulle braccia del ragazzo scuotendolo con vigore. Preso come da un impeto di pazzia iniziò ad urlare.
    Harry! Svegliati, Harry!
    Il viso sempre più scosso da brividi di follia iniziò a confondersi e a sbiadire.
    Harry!

    Avvertì l’aria uscirgli dalla bocca, incontrollata e le sue labbra muoversi.
    Gloria!
    Spalancò gli occhi, scattando a sedere sul letto. No, non era un sogno! La figura di Riddle stava ancora davanti al lui confusa e indefinita che gli stringeva forte le braccia.
    A tentoni prese gli occhiali e li inforcò. Il cuore gli batteva forte nel petto, sentiva il sudore scendergli sulla fronte e lungo la schiena.
    «Harry! Sono qui, sono qui. Non preoccuparti, era un incubo!» avvertiva le sue mani ancora strette alle braccia.
    Mise a fuoco.
    «Gloria…» disse con un filo di voce. Tremava e si sentiva scombussolato.
    «Non preoccuparti, era solo un brutto sogno!»
    La ragazza era seduta accanto a lui e gli accarezzava il volto pallido per rassicurarlo.
    La fissò intensamente. C’era qualcosa che non andava. Un incubo, era solo un incubo! Cercò di convincersi Harry, e più ci pensava e più gli sembrava assurdo. Era solo una rimembranza di quello che era successo durante il secondo anno, un sogno. Eppure gli balenavano prepotentemente davanti gli occhi il viso di Ton Riddle; Ginny, Ginny morta e quelle parole “Non esistono giusto o sbagliato Harry, non esistono il bene e il male”; gli pulsavano in testa assillandolo.
    Si guardò intorno confuso e ancora spaventato. Ron era seduto sul suo letto, in pigiama e visibilmente assonnato, che lo fissava timoroso. Fuori non era ancora pieno giorno, potevano essere le sette del mattino. Gloria era seduta sul suo letto proprio accanto a lui, già vestita che lo guardava dolce. Eppure quei lineamenti, seppure belli, lo inquietavano. C’era anche lei lì, nel sogno, ne era sicuro, eppure, più si sforzava di ricordare il perché di quella sensazione e più il sogno gli sfuggiva.
    Voleva chiederglielo, era lì.
    «Gloria, che ci facevi nella…» disse ancora senza forza per parlare, ma mentre formulava la frase si rese conto che era assurdo, non poteva essere lì, in un sogno. D’improvviso si sentì vuoto da una parte e pieno di agitazione dall’altra.
    «Nella?» chiese lei incuriosita.
    «Niente.» disse rassegnato.
    «Allora alzati, fatti una bella doccia e scendi a fare colazione, che oggi si torna a casa!» fece alzandosi.
    «Casa?» chiese Harry confuso. Intendeva dire…
    «Hogwarts, no!?» gli sorrise. «Su Ron! Sbrigati, Hermione è già abbastanza nervosa perché non trova il libro di trasfigurazione. Mi ha raccomandato di farti alzare dal letto per farti svegliare.»
    Gli prese le mani e, con forza, lo tirò su. Lui mugugnò contrariato, ancora rintontito dal sonno, e fu trascinato fuori dalla stanza dalla ragazza che lo spinse fino al bagno.
    Harry osservò la scena ancora stranito. Sospirò per calmarsi. I sogni sparivano e lasciavano solo l’anima scombussolata.
    Si alzò risoluto. Gloria tornò nella stanza in quel momento.
    «E una è fatta!» disse soddisfatta rifacendo il letto di Ron.
    Harry si chinò sul baule e prese tutto ciò che gli serviva sistemandolo sul suo letto. Ogni tanto le lanciava occhiate sospettose. Lei finì il letto e si voltò per fare quello di Harry.
    «Posso spostare i vestiti? Così ti rifaccio il letto.»
    Lui la guardò un attimo. Sempre quel sorriso, come faceva ad essere così affabile non riusciva a capirlo, non era ciò che si poteva aspettare da una ragazza di serpeverde.
    «Ehm… certo!» le rispose alzando le spalle. Si diresse verso la finestra e la spalancò. L’aria frizzantina della campagna che gli si distendeva davanti gli pizzicava il volto, lavando via le brutte sensazioni accumulate durante il sogno.
    Chiuse gli occhi e ispirò quanta più aria poté. Si voltò e osservò la ragazza lavorare con cura.
    Indossava dei jeans e una maglietta a maniche corte un po’ vecchiotta e slabbrata, notò con sorpresa che aveva ancora la fasciatura al braccio destro. Ora che ci pensava era tutta l’estate che la portava. Una volta le aveva chiesto che cosa si era fatta e gli aveva detto che scavalcando un cancello di ferro era scivolata e si era fatta un grosso taglio; poi pensandoci bene Harry non capì perché prendersi la briga di disinfettare e fasciare se in un attimo con la magia poteva fare sparire tutto senza lasciare cicatrici e niente. Gli era pure vento il sospetto che fosse babbana, per questo i suoi non avevano usato nessuna pozione o magia, e anche per i modi di fare e il video gioco che ogni tanto usciva. Ma questo non toglieva il fatto che poteva anche occuparsene la signora Weasley o poteva usare una di quelle pozioni che aveva.
    «Come mai hai ancora il braccio fasciato? Non è ancora guarito?»
    Lei alzò lo sguardo perplessa su Harry, aveva appena finito di fargli il letto. Poi sembrò ricordarsi e rispose grata per l’attenzione.
    «No, non del tutto. Grazie.»
    «Doveva essere profondo. Come mai non ti sei fatta guarire con la magia?»
    «Non importa, tanto oramai è quasi passato.»
    Harry si avvicinò e le prese il braccio.
    «Fai vedere?» disse allungando una mano verso la fasciatura. Gloria ritrasse il bracci guardandolo male.
    «No. Non è un bello spettacolo e poi dovrei risistemarmi la garza.»
    «Scusa. Ti avrei aiutato comunque.» fece un po’ offeso, si sedette sul letto e la fissò per qualche attimo, lei gli rimandò uno sguardo sospettoso e perplesso.
    «Perché mi fissi?»
    «Lo sai che non ti conosco per niente?»
    «Neanche io ti conosco. Sei in vena di confidenze?» chiese piegando alcuni vestiti di Ron che si trovavano sulla sedia della scrivania.
    «I tuoi genitori devono essere veramente brave persone, forse non sono neanche maghi. Eppure… chiami casa Hogwarts!» disse Harry mentre gli tornava in mente quel particolare di “casa”.
    Lei lo osservo un attimo esitante, poi si decise a parlare.
    «Io… non ne ho genitori ne famiglia, vivo in orfanotrofio.» rispose piegando un vecchio pantalone.
    Harry rimase un po’ sconcertato. Tutto si aspettava ma non questo. Gli venne un dubbio impertinente, che non si diede a serbare, ultimamente era diventato incredibilmente sfacciato.
    «E cosa vorrebbe Voldemort da una ragazza orfana?»
    «Pure tu sei orfano. Da te che cosa vuole?»
    Non si aspettava neanche una risposta simile. Come un lampo gli tornò in mente la profezia e gli si contorse lo stomaco. Ogni volta che ci pensava ogni cosa perdeva di significato, anche la sua stessa vita. Che cavolo era nato a fare? Per doversi fronteggiare con quel mostro? Era predestinato, che senso aveva quindi affannarsi per il resto?
    Gloria notò il cambiamento sul suo viso e il fatto che era diventato improvvisamente silenzioso. Era teso e guardava il pavimento con sguardo vuoto.
    «La profezia è vera allora.»
    Appoggiò la maglia senza piegarla, gli si avvicinò e inginocchiandosi davanti a lui gli strinse le mani, senza guardarlo negli occhi, solo a volte gli lanciava sguardi preoccupati.
    «Harry, una volta tornati ad Hogwarts, ho intenzione di aiutarti in tutti i modi a me possibili. Mi dispiace per tutto ciò che ti è successo, ma… prima ti liberi di Voldemort, prima sarai libero di scegliere il tuo destino.»
    Harry la guardò perplesso.
    «Non sono un assassino.»
    Lei alzò lo sguardo incrociando il suo.
    «Lo so. Ma troveremo una soluzione.» disse sorridendo rassicurante. Harry rise, nonostante tutto lo aveva rassicurato veramente, anche se gli ara chiaro che, neanche lei, sapeva veramente come aiutarlo.
    Ora che ci pensava era la prima volta che ne discuteva con qualcuno e, effettivamente, si sentiva meglio. Gloria si alzò e rispese quello che aveva lasciato.
    «Sei tutta strana!»
    «Perché?» chiese incuriosita.
    «Non lo so! Come hai fatto a finire a serpeverde?» era ancora scettico a riguardo.
    «Come? Con lo smistamento, no!» fece sarcastica ghignando.
    «Ma no! Dai, seriamente, non hai niente in comune con gli altri.»
    «Te l’ho già detto, abbiamo una diversa concezione di cosa vuol dire essere serpeverde.»
    Harry la osservò qualche secondo in silenzio.
    «Come…» non sapeva se era il caso di fare una domanda così intima, ma la fece lo stesso. «Insomma, cosa è successo ai tuoi genitori?»
    «Non lo so. Non so chi erano ne se erano maghi o babbani.»
    «Ah! Mi dispiace.» Harry pensò che almeno aveva la consolazione di sapere chi erano e da dove veniva, di poter sentire ogni tanto qualcuno raccontargli di loro.
    La porta del bagno in fondo al corridoio si aprì e Ron li raggiunse zuppo gocciolando tutto per terra, con una asciugamano in vita e una in testa. Guardò il letto tutto contento e disse:
    «Grande!»
    Per un attimo Harry l’impressione che la stesse per ringraziare, ma, come al solito, l’amico non si smentiva mai.
    «Si dice grazie, Ron.» gli ricordò rassegnato.
    «Prego!» fece il rosso spiritoso. Poi si rivolse verso la ragazza e le disse: «Dovrei spogliarmi, ti spiace…»
    «Oh! Certo!» disse, ma non si mosse, anzi iniziò a fissarlo intensamente, squadrandolo da capo a piedi abbastanza sfacciatamente. Ron se ne accorse e iniziò a innervosirsi e a muoversi a disagio per la stanza, in attesa che Gloria uscisse e che gli staccasse gli occhi di dosso. Harry la guardò perplesso, e capì che qualcosa aveva in mente. Quando il rosso, dopo un po’ iniziò a spazientirsi, le ricordò dove si trovava la porta e la invitò poco cortesemente ad uscire, ma lei niente, continuava a fissarlo come se non lo avesse sentito. Ron stava iniziando a diventare rosso in zona orecchie.
    «Ehi! Allora? Che fai, vuoi uscire!»
    Gloria improvvisamente fece finta di destarsi.
    «Scusa! Non avevo capito, sono rimasta incantata. Sei veramente bello nudo e tutto bagnato!» disse sfacciata.
    Ron divenne rosso, non solo in zona orecchie, ma anche su tutto il viso, il collo e il petto a chiazze.
    Gloria mandò uno sguardo complice a Harry, prima di uscire dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
    Harry rise, si era presa la sua piccola vendetta.
    Ron se ne accorse e lo guardò truce, si voltò e si vestì. Harry prese ciò che gli serviva e andò in bagno.


    Fece capolino in cucina, trovando tutti sommariamente pronti, nonostante fossero le otto e gli parve strano. Forse sarebbero riusciti ad arrivare con un’ora di anticipo alla stazione quell’anno, pensò sedendosi alla tavola per fare colazione.
    Ron mangiava le sue fette tostate alquanto contento, il che nutriva il suo presentimento che “qualcuno” gliele avesse già preparate, e immaginava pure chi.
    «Sai.» esordì il rosso, rivolto a Gloria seduta dall’atra parte della tavola, continuando in tono provocatorio «Mi mancheranno, la mattina, le fette biscottate preparate, una volta tornati ad Hogwarts. Il letto già me lo fanno gli elfi domestici!»
    E così dicendo ricevette una mala sberla dietro la testa da parte di Hermione che lo guardò torva.
    «Ron, le parli come se fosse la tua cameriera!» gli disse Harry.
    «E a me mancherà la mattina il vederti nudo e grondante!» rispose tagliente alla provocazione di lui Gloria, sapendo di provocargli un palese e luminescente imbarazzo in zona orecchie.
    Harry rise sotto i baffi, poteva essere pure buona e gentile, ma contro una serpeverde non la si spunta facilmente, mentre Hermione quasi si strozzò con un sorso di Tè e si ricompose immediatamente, cosa che non sfuggì all’amico sedutogli di fronte.
    Dopo quella sera la situazione si era riappacificata tra i due, portando il loro rapporto ad un livello più sentito, stretto e inconsapevolmente amorevole.
    «’Giorno!» Ginny entrò in cucina trotterellando.
    Harry si voltò per ricambiare il saluto, ma non gli riuscì.
    I capelli della rossa erano tirati su, scoprendole il collo e le spalle lattee, lasciate nude da un vestitino rosso e oro senza maniche, taglio imperale che le scendeva, svolazzante ad ogni suo più minimo movimento, fino a metà coscia, che lo lasciò, appunto, parole senza.
    «Come diamine ti sei conciata?» aveva inveito Ron a quella vista.
    «Come mi vedi, no?!»
    «Vatti subito a cambiare!» gli ordinò il fratello ricevendo in risposta una risata beffarda.
    «Smettila Ron!» lo rimproverò la madre lanciandogli un’occhiataccia e rivolgendo tutte le attenzione sulla figlia. «Tesoro della mamma, sei bellissima!» disse quasi in lacrime.
    «Con cosa? Un fazzoletto addosso?» insistette Ron immediatamente fulminato dalle due donne di casa.
    «Suvvia Ron, calmati! Non ha niente che non vada.» intervenne il padre, orgoglioso di avere una figlia così bella.
    «Appunto, non ha proprio niente! Ti ci metti pure tu adesso, non c’è più religione!»
    «Oggi è un giorno di festa!» disse Ginny tutta contenta accomodandosi accanto a Harry che si impose di non fissarla, senza però farsi sfuggire l’accavallamento di cosce che si verificò proprio sotto il suo naso.
    Notò che Hermione lo fissava divertita, il che lo irritò molto.
    «Perché rivedrai Dean?» chiese la mora attenta alle reazioni di Harry.
    «No. Dean l’ho lasciato ieri, gli ho inviato una lettera!» disse noncurante servendosi. Harry cercò di apparire impassibile a quella affermazione, ma non poté negare a se stesso che la cosa gli sollevava molto di morale. Improvvisamente però, un’immagine incontrollata gli tornò alla mente. Il corvo della ragazza esanime, il suo viso grigio, incavato e le orbite bianche. Una nuova ondata di inquietudine lo pervase, ma cercò di contenerla.
    «È per questo che è festa?» chiese Hermione, dando un calcio sugli stinchi a Ron che stava per urlare dalla gioia.
    «No!» rispose con gioia «Perché torno ad Hogwarts e non dovrò più vedere “quella” ogni giorno!» disse riferendosi palesemente alla nuova ospite di casa Weasley.
    «Ginny! Sono stato chiaro a riguardo!» questa volta intervenne il padre, con un fare molto autoritario che Harry non riteneva possibile da lui, se lo aspettava più dalla signora Weasley.
    Ma c’era da aspettarselo, Piton gli aveva raccontato tutto di quella sera, soprattutto della discussione avuta con la giovane, e il padre il giorno dopo la aveva rimproverata come mai aveva fatto in vita sua. A Harry gli sembrava ancora di sentire le urla del signor Weasley riecheggiare per tutta casa.
    Ginny non ci fece caso e continuò la sua colazione.

    Erano le dieci quando tutti si ritrovarono nella cucina dopo aver sistemato le ultime cose (o più correttamente, dopo che Hermione ebbe ritrovato il suo libro!).
    Il signor Weasley spiegò ai ragazzi che questa volta si sarebbero smaterializzati in una stradina laterale alla stazione di King’s Cross, dove li attendevano due auror del ministero, fra i quali, puntualizzò lui, c’era anche Tonks, e una decina di membri dell’ordine posizionati un po’ qua e un po’ là.
    Ridussero i bauli per comodità, inserendo ognuno il proprio nella propria tasca, ed uscirono in cortile.
    I primi ad andare furono Ron e Ginny con il padre, quando tornò rassicurò la moglie che andò con Hermione, poi il signor Weasley porse le braccia agli ultimi rimasti.
    «Mi raccomando ragazzi, tenetevi stretti a me e state sempre pronti con le bacchette, non si sa mai!»
    Un crak, e Harry si sentì come stretto in un tubo che lo comprimeva fino a perdere quasi tutta l’aria dai polmoni. All’improvviso il tubo si disciolse e prese un gran respiro.
    Si guardò intorno. Gli sembrava tutto a posto, Ron saltellava tutto eccitato perché voleva ripetere l’esperienza, mentre Ginny e Hermione salutavano affettuosamente Tonks.
    «Muoviamoci!» ordinò l’auror sconosciuto, dalla lunga barba bionda e lo sguardo torvo, dirigendosi verso l’uscita della stradina facendo un cenno ad Harry di seguirlo.
    Il gruppo si mosse veloce verso la stazione. Attraversarono il binario 9¾ e si trovarono finalmente di fronte al treno scarlatto che mandava vapore su tutta la banchina e sulle persone che la percorrevano.
    Si voltò, c’erano tutti.
    Un’ora in anticipo, pensò emozionato Harry, avrebbe potuto prendersi lo scompartimento che più gli piaceva con tutta calma.
    Si avviò verso il treno, e si accorse mentre camminava che tutti lo fissavano anche più del solito. Maledetta Gazzetta! Si ritrovò a pensare, se ne era quasi scordato che quell’estate non avevano fatto altro che chiamarlo il prescelto e robe simili. Da quando era dai Weasley il giornale lo vedeva solo ogni tanto, quando entrava nella camera di Hermione, dato il fatto che l’amica ci teneva sempre e comunque a restare informata su ciò che accadeva, mentre per Harry quelle erano solo frottole del ministero.
    «Sistemate i bauli negli scompartimenti, che li faccio tornare in dimensioni normali.» disse la signora Weasley sospingendo i ragazzi sul treno.
    Harry percorse il corridoio stretto seguito a ruota dagli altri, fino ad uno scompartimento che gli sembrava abbastanza isolato.
    «Che ne dite di questo?» chiese rivolgendosi agli altri.
    Hermione gli rispose che non aveva importanza, che tanto lei e Ron avrebbero sostato poco per svolgere le loro funzioni da prefetti.
    «Per me va bene!» disse Gloria entrando.
    Harry allora guardò Ginny facendogli spazio per entrare, ma lei non si mosse.
    «Preferisco andare a cerca Luna e le altre. Ci vediamo dopo.» disse e se ne andò sempre sgambettando. Lui la guardò un po’ dispiaciuto, poi entrò e sistemò il baule in miniatura sulla reticella porta bagagli come fecero gli altri.
    Improvvisamente tutti i bauli iniziarono a crescere, guardò fuori dal finestrino e vide il viso tondo e gentile della mamma di Ron, che con la bacchetta toglieva l’incanto dai bagagli.
    «Ragazzi ma ci pensate? I primi giorni di scuola sono sabato e domenica, è magnifico! Vacanze prolungate!» disse Ron straordinariamente contento, sistemano meglio il suo baule che si era allargato mentre lo stava ancora sollevando per metterlo sul portabagagli.
    «Io, fossi in te, inizierei a studiare!» gli consigliò Hermione.
    Ron sbuffò vistosamente cercando con lo sguardo l’approvazione di Harry.
    «Sei sempre la solita…»
    «In effetti, non è male iniziare la scuola di sabato e domenica, Hermione.» disse in aiuto dell’amico.
    «È perfetto! Così in questi due giorni potremo approfittarne per fare pozioni!» intervenne Gloria contenta quasi quanto Ron.
    «Che?» chiese Harry incredulo, mentre Ron se la rideva sotto i baffi.
    «Gloria ha ragione.» la approvò Hermione. Il moro la guardò offeso.
    «Ti ci metti pure tu?»
    «Prima iniziamo, meglio è! Adesso scendiamo, così salutiamo i signori Weasley.» disse Gloria e sparì nel corridoio.
    La seguirono e scesero dal treno.
    «Ragazzi, noi andiamo!» disse il padre di Ron raggiungendoli insieme alla moglie.
    «Mi raccomando, face i bravi e non cacciatevi nei guai!» fece la signora abbracciandoli tutti.
    «Harry non preoccuparti, quando hai bisogno, chiedi senza problemi, va bene?» il signor Weasley gli sorrise e gli mise una mano sulla spalla.
    «Grazie signore!» rispose ricambiando il sorriso. I tre ragazzi che erano stati ospitati ringraziarono cordialmente prima che i signori si congedassero.


    Erano quasi le undici, la stazione era gremita di studenti, genitori premurosi e le banchine erano ostruite da bauli e gabbie con animali di ogni tipo (anche un gigantesco iguana). Girando un po’ avevano incontrato Neville e Dean (quest’ultimo visibilmente irritato).
    Finalmente il capo stazione fischiò e il treno dopo pochi minuti partì rombando verso Hogwarts.
    Harry si trovò nello scompartimento solo con Gloria, perché Ron ed Hermione dovevano andare con gli altri prefetti, ed ebbe paura, per un momento, che ne volesse approfittare per iniziare il ripasso, quando tirò fuori dallo zainetto un vecchio libro liso e consunto.
    Harry aveva appena iniziato a fantasticare quando, la porta dello scompartimento si aprì, ed entrò una ragazzina del primo anno, molto minuta e chiara, che si portava a seguito un pesante baule.
    «Scusate, posso stare qui?» chiese educatamente.
    «Certo!» disse lui alzandosi per aiutarla a sistemare il bagaglio. Lei si accomodò molto contenta.
    Era così piccina, notò Harry, che le gambe, da seduta, non sfioravano terra e le teneva ciondoloni facendole dondolare avanti e indietro, il che le donava un aspetto ancora più infantile. Gli sorrideva con gli occhi azzurrissimi.
    «Io mi chiamo Cordelia!» disse tutta allegra.
    «Io Harry e lei Gloria.» si presentò e indicò la ragazza che spunto da dietro il libro un po’ interrogativa, sentendosi nominare. Lei rivolse uno sguardo a Harry, uno alla bambina e silenziosa se ne tornò nel suo libro.
    «Che leggi di bello?» chiese la piccola passandosi i capelli corvini e lisci dietro l’orecchio, rivolgendosi alla ragazza chiamata Gloria.
    «Di bello poco e niente!» la liquidò senza staccare lo sguardo dal libro.
    Harry osservò attentamente il libro che aveva in mano, e gli venne un sospetto che però eliminò subito.
    «Allora perché lo leggi? Non ci sono le figure?» insistette Cordelia ingenuamente.
    Gloria chiuse con uno scatto il libro, rivolse uno sguardo di sopportazione al ragazzo sedutole di fronte e poi guardò decisa la bambina, che giocava allegramente con una ciocca di lunghi capelli neri.
    «Non sto leggendo un libro di favole. Sto studiando! Adesso, da brava, perché non guardi fuori dal finestrino quanto è bello il mondo?»
    Harry rimase sorpreso, era veramente strano vederla perdere la pazienza, soprattutto con una bambina di undici anni. Le lezioni si presentavano veramente dure se Gloria diventava così quando c’erano di mezzo i libri e lo studio.
    Cordelia rimase un po’ interdetta, però riprese il suo sorriso che riservò al ragazzo.
    «Com’è Hogwarts? Mio fratello mi ha detto che finirò certamente a tassorosso, io non vedo l’ora!»
    «Ah si? E perché no a grifondoro?!» disse lui speranzoso, provando un’innata simpatia per la piccola. «Ci vanno i più forti e coraggiosi!»
    Gloria che si era appena rimessa a leggere, alzò lo sguardo scettica su di lui.
    «Non ti preoccupare comunque, ti troverai benissimo! Deciderà il cappello parlante. Chi è tuo fratello?» chiese poi curioso. Cordelia strabuzzò gli occhi e scosse la testa grave.
    «Non posso dirtelo!» disse seria.
    «Ah!» si meravigliò. «E come mai?»
    «Perché mi ha detto di non dirlo a nessuno!» fece mettendosi un dito sulla bacca, per far capire che si trattava di un grande segreto.
    «Perché? Tuo fratello ha qualcosa che non va?» chiese stupito Harry.
    «No!» disse lei quasi offesa, gonfiando il petto orgogliosa. «Il mio, è il migliore fratello del mondo! Mi ha fatto promettere di non dirlo a nessuno, ed io, mantengo le promesse!»
    «Capisco…» anche se in verità trovava la cosa non poco strana.

    Passò qualche ora dormicchiando un po’. Poi si alzò, deciso a farsi una camminata. Gloria non c’era, sicuramente era già uscita, mentre Cordelia dormiva placida rannicchiata sul sedile.
    Uscì nel corridoio e lo percorse, gettando gli occhi all’interno dei diversi scompartimenti per vedere se riconosceva qualcuno. Passò nell’altro vagone e ma metà trovò lo scomparto di Ginny.
    Si mise sulla porta e salutò tutti. C’erano Neville, Luna (che aveva qualcosa di strano ma che non riuscì ad individuare), una ragazzina del quarto di corvonero e un ragazzo più grande che, a quanto pareva faceva una gran corte a Ginny.
    «Harry!» lo salutò contenta Luna, si alzò e gli mise in mano uno strano anello con tanti ciondoli agganciati dalle varie forme e colori. «Questo è per te!» disse spensierata risedendosi.
    Harry osservò meglio lo strano oggetto che aveva in mano, lo trovava veramente particolare e bello.
    «Grazie!» disse mettendolo in tasca.
    «Ne ho regalato uno anche a Neville ed a Ginny. Poi ne ho altri due per Hermione e Ron!» aggiunse lei mostrando altri due oggettini simili.
    Harry gli sorrise, gli piaceva la sua spensieratezza e spontaneità.
    «Guarda! Uno rappresenta il sole e la felicità, quest’altro a forma di crocchia la lealtà e questo…» iniziò a elencare tutte diverse funzioni e singolarità dei diversi ciondoli, e stranamente si accorse di essere seriamente interessato.
    «Mentre questo, Harry, guardalo bene, questo più grande di tutti, rappresenta l’amicizia!» disse con i grandi occhi azzurri pieni e traboccati di speranza.
    «È bellissimo Luna, grazie!»
    Ascoltava appoggiato allo stipite della porta i discorsi degli amici e ogni tanto buttava un’occhiata nel corridoio.
    «E poi ho preso la bluffa con un salto incredibile! Tutti mi guardavano e…» si pavoneggiava il ragazzo seduto accanto a Ginny che cortesemente faceva finta di ascoltare.
    Guardò fuori dallo scompartimento, poco interessato alla conversazione, e vide in fondo al vagone il gruppetto di Pansy Parkinson che gli dava le spalle, le sentì ridacchiare.
    D’improvviso dal gruppetto uscì Gloria che camminava spedita verso da sua direzione. Automaticamente le tre si voltarono e maligna la Parkinson la punzecchiò.
    «Sporca babbana! Che fai, non rispondi?»
    La ragazza la ignorò e continuò a camminare tesa e bianca come un cencio. Harry la guardò incredulo e quando fu vicina non si risparmiò.
    «Con una ragazzina di undici anni tiri fuori le unghie, e ti fai trattare così da quelle galline spennacchiate? »
    «Non speco fiato con loro!» rispose secca guardandolo male.
    Ginny si era alzata e aveva affiancato Harry incuriosita.
    «Sono tutte delle vipere, anche tra di loro!» sentenziò la rossa.
    «Potter, Weasley e… che mi venga un colpo!»
    I tre si voltarono. A grandi passi il principe delle Serpi attraversò il gruppetto di ragazze, sbruffone, raggiungendoli velocemente. Le tre streghe lo seguirono pronte ad assistere al loro più malsano divertimento: lo sfottò.
    «La tassorosso!» disse infine squadrando Gloria da capo a piedi.
    «Malfoy!» lo salutò lei in risposta. Si voltò, dandogli le spalle, e si incamminò per raggiungere il proprio scompartimento.
    «Sempre più stracciona, vedo…» insistette alzando la voce.
    «Allora sei di tassorosso!» disse Harry convinto a quel punto.
    I serpeverde scoppiarono a ridere senza controllo. Gloria si voltò, gli occhi e il viso trasfigurati dall’ira repressa.
    «Idiota! Non lo capisci che mi stanno …»
    «Anche il capo della banda “sfigati” ti piglia per il culo!» disse la Bulstrode da dietro la spalla di Draco.
    Gloria riprese ad ignorarli e si rincamminò nella direzione opposta.
    «Scusa!» farfugliò Harry in imbarazzo.
    «Eppure lo sfregiato è caritatevole con tutti! Dai mezzosangue agli straccioni!» puntualizzò il biondo ancora preso dalle risate. «Suvvia, Weston, non prendertela, non è colpa tua se sei ad un livello così basso!»
    «Basta Malfoy!» lo avvertì Harry minaccioso. il ragazzo lo guardò superbo.
    «Lascia stare Harry , dai entra!» disse Ginny che sperava di levare occasione. Draco la guardò e un ghigno ancora più maligno del solito gli increspò il viso.
    «Weasley, speri che con uno straccetto diverso riuscirai a conquistare San Potty?»
    «Non permetterti di rivolgermi la parola, indegno!» disse Ginny ancora più superba di lui.
    Malfoy per la rabbia prese un improvviso colorito roseo. Si voltò di scatto verso la figura di Gloria, arrivata alla fine del vagone, determinato a far perdere le staffe a Potter a tutti i costi.
    «Weston! Torna qui, forse la Weasley ti riterrà alla sua bassezza!»
    Ma la ragazza continuò ad ignorarlo. Il che fece infuriare ancora di più Malfoy.
    Si avviò verso di lei deciso a imporle la sua presenza.
    «Weston! Quando ti onoro della mia parola, devi ascoltarmi!»
    «Malfoy, lasciala stare!» Harry ci casco con tutte le scarpe e lo seguì.
    Il biondo la raggiunse e, per farla voltare, la afferrò brutalmente per il braccio destro, dove portava ancora la fasciatura.
    «Ah! Malfoy, non toccarmi!» si lamentò la ragazza strattonando il braccio via dalla presa del compagno di casa e massaggiandoselo.
    «Non ho voglia di giocare ora Malfoy!» lo guardò lei infervorata.
    «Non fare tanto la preziosa mezzosangue!» la minacciò lui.
    «Fai lo sbruffone nonostante tuo padre sia finito in gattabuia, Malfoy?!» intervenne Harry che stava iniziando a perdere la pazienza dopo quello che aveva visto.
    «Bellatrix Lestrange manda un saluto al tuo padrino! Osp! Forse si è sbagliata, credo sia morto, vero Potter?!»
    Harry sentì le viscere contorcersi e la rabbia esplodere. L’afferrò per il colletto della camicia e lo sbatte al muro e gli sferrò un poderoso pugno, prima nello stomaco e poi in faccia.
    Improvvisamente si sentì afferrare da dietro, ma con uno strattone riuscì a liberarsi, ricevendo una ginocchiata nell’addome che lo piegò in due, ma lo stesso, raccolse le energie e si avvento con una testata addosso al biondo che andò a segno.
    Sentì le ragazze civettare strepitanti e preoccupate.
    Poi gli girò la testa, il terreno si stava allontanando da lui e confuso rimase senza fiato. Guardò di fronte a lui. Anche Malfoy sospeso a mezz’aria, col muso insanguinato e la faccia contorta in una smorfia di dolore.
    «Mi avete seriamente scocciato voi due!»
    Gloria avanzava con la bacchetta alzata verso i due ragazzi sospesi in aria. Il viso sempre più teso e pallido e gli occhi infiammati di luce propria. Si rivolse prima al biondo e poi al moro, con un tono che non ammetteva repliche.
    «Tu, ragazzino viziato! Prova solo ad avvicinarti a me un’atra volta, durante tutto il resto del viaggio, e giuro, sul mio nome, che rimpiangerai tutti gli anni di clemenza che ho avuto nei tuoi confronti!
    E tu! Squilibrato, prova solo a rispondere ad una sola delle sue provocazioni in mia presenza, e ti faccio pentire seriamente di essere sopravvissuto!»
    Con un gesto brusco della bacchetta li fece schiantare pesantemente per terra. Harry avvertì un dolore lancinante salirgli dal sedere fino a metà schiena.
    «Su! Immediati!» alzò la voce con fare ancora più autoritario.
    Molte teste che si erano affacciate curiose per assistere alla scena, ritornarono immediatamente dentro.
    Neville lo aiutò ad alzarsi, mentre la Parkinson andava in soccorso del suo Dracuccio.
    Gloria finalmente riuscì a raggiungere l’atro vagone scontrandosi con la piccola Cordelia che guardava sconcertata.
    «Harry!» Ginny gli prese le mani e lo fece accomodare nello scompartimento. «Tutto bene?» chiese assai premurosa avvicinandosi a lui per esaminarlo meglio. Per un attimo ebbe l’impressione che lo stesse per baciare e, al solo pensiero, si sentì avvampare.


    Aprì, ed entrò come una furia nella sua cabina.
    «Si può sapere che cosa combini!?» chiese alzando la voce e sbattendosi la porta alle spalle.
    Gloria, coricata sulla fila di sedili vuoti, alzò gli occhi su di lui incurante della sua ira.
    «Non lo so Harry, dimmelo tu, che cosa combino?» disse strafottente.
    «Ma seriamente ti fai trattare i quel modo dai tuoi compagni di casa?»
    «Che cosa te ne frega?»
    «Quindi tutto questo è normale per te?! Farti trattare da schifo è…»
    «Che cosa dovrei fare, rispondere? Così finisco nei guai?!»
    Harry a quel punto, non sapendo cosa rispondere iniziò a calmarsi e si getto sui sedili liberi sbuffando. Rimase fermo per minuti ad ascoltare il silenzio sotto il rumore del motore e dello sferragliare del treno. In silenzio ad ascoltare quell’attimo di pace.
    Dopo poco però aprì nuovamente bocca.
    «Gloria.»
    Lei rispose mugugnando, rimanendo immobile col braccio schiacciato sugl’occhi.
    «Mi dispiace, scusami…»
    Lei aggrottò la fronte rimanendo in silenzi per qualche attimo.
    «Di che?»
    «Boh! Non lo so…» rispose alzando le spalle e guardando intristito fuori dal finestrino.
    «Ti ha fatto male?» chiese dopo un po’.
    «Mi faceva già male.»
    La porta fu aperta nuovamente con veemenza, ed entrò una ragazza con una montagna incolta di ricchi, uno più matto e furibondo di lei.
    «Harry! Ma chi può sapere che cosa vai combinando? Neanche sei arrivato che già ti sei pestato con Malfoy? Spiegami come cavolo hai fatto! Merlino! Neanche arrivato, non riesco a farmene una ragione….»
    Harry non fece più caso alle parole dell’amica e si scostò per fare spazio. Lo stesso fece Gloria.
    «Dai Hermione, fallo parlare! Dimmi Harry, Neville mi ha raccontato che vi siete presi a pugni e che gli hai dato una capata dritta dritta nello stomaco!» disse Ron tutto elettrizzato sedendogli di fronte.
    «Ron!» lo richiamò con una occhiataccia. «Se è come ci ha raccontato Neville, e spero vivamente che non sia così, mi dispiace Harry ma non posso accettalo. Vi siete comportati da selvaggi! Merlino, pure Malfoy ora passa alle mani, almeno contavo sul suo essere schizzinoso!»

    Dopo una buona mezz’ora Hermione si calmò. Le ore che lo separavano da Hogwarts passarono velocemente.
    Finalmente, scese dal treno e avvertì l’aria fredda della sera pizzicargli il volto. Si voltò e guardò in alto, oltre gli alberi, e la intravide, la sua cara, vecchia Hogwarts.

     
    Top
    .
  6. Luisina
     
    .

    User deleted


    bellissimo questo capitolo ma non p che per caso Gloria si è innamorata di Ron e non è che malfoy si è innamorato di Gloria ! La ragazzina piccola è simpatica ma che intenzioni aveva Ginny comunque lo so che queste sono domande stupide ma posta al più presto!!!
     
    Top
    .
  7. ioida
     
    .

    User deleted


    ciao. sono veramente contenta che continui a seguire la ff, anzi, contentissima, grazie! :occhion:
    malfoy innamorato di gloria :blink: ... ho riletto il capitolo quando ho letto una cosa del genere!
    per curiosità, ma che cosa te lo ha fatto pensare? :happy:
    gloria inizialmente avevo pensato di farla innamorare di ron, ma una cosa non corrisposta, ma poi ho attenuato l'idea ad una semplice infatuazione, e forse neanche quella. una simpatia, forse gloria vede in ron tutto ciò che lei non è e che vorrebbe essere.
    ginny cosa ha in mente... niente! piuttosto, harry che cosa ha in mente! :comeno:

    ps: rileggendo ho trovato alcuni errori di battitura e di sintassi, dopo lo sistemo...
    e mi raccomando, fammi sapere cosa ti ha fatto venire in mente "malfoy innamorato di gloria", sono curiosa! :D

    ok ora posto i 5°. fammi sapere


    5°. Un nuovo anno.

    La sala grande, il cento nevralgico di tutta Hogwarts, dopo un’estate, ritornava ad essere piena di studenti.
    La professoressa McGranitt entrò nella sala attraversando il lungo corridoio centrale, seguita dai primini pronti per lo smistamento.
    Harry allungò il collo. Là in mezzo riconobbe la piccola figura, dai capelli corvini, di Cordelia, che si guardava attorno emozionantissima. Appena lo riconobbe, lo salutò sbandierando la manina in aria, lui sorrise ricambiando il saluto.
    Era curioso di sapere in che casa sarebbe finita, non gli sarebbe dispiaciuto averla tra i grifondoro.
    La professoressa, arrivata davanti i quattro tavoli delle case, appoggiò lo sgabello il cappello parlante, srotolò la pergamena ed iniziò a leggere i nomi. Ad uno ad uno, i ragazzini intimoriti avanzavano verso lo sgabello, ci si sedevano sopra e venivano smistati.
    «Broon Jasper!»
    «TASSOROSSO!»
    «Collins Brunhild!»
    «SERPEVERDE!»
    «Cranford Elly!»
    «CORVONERO!»
    Uno a uno i nuovi alluni andavano a sedersi nei rispettivi tavoli con tanto di applausi e feste.
    «Madison Bert!»
    «GRIFONDORO!»
    «Malfoy Cordelia!»
    Nella sala scese il silenzio, seguito immediatamente da mormorii.
    La bambina si sedette sullo sgabello tutt’altro che nervosa, dondolando le gambe, con il vecchio cappello in testa in attesa del verdetto.
    «Malfoy?» Harry e Ron si guardarono stupiti.
    «Non può essere! Non sapevo che avesse una sorella! Poi non gli assomiglia nemmeno un po’!»
    Cercarono con gli occhi Draco Malfoy nel tavolo di serpeverde e lo trovarono subito. Era difficile non individuarlo con la chioma biondissima che spiccava sulle altre.
    Lui si sistemava in maniera quasi ossessiva i capelli davanti al volto, molto probabilmente nella disperata ricerca di nascondersi e di apparire disinteressato e disinvolto.
    «Quella è veramente sua sorella!» constatò Hermione osservando la reazione del biondo dall’altra parte della sala.
    «Povera bambina! Con chi è dovuta crescere!» disse Harry guardando ora lei ancora seduta sullo sgabello.
    «Povera bambina? Solo un altro Malfoy ci mancava!» sbuffò Ron.
    «Dai Ron, ma la vedi? Quando mai Malfoy ride e saltella? È diversa dal resto della sua famiglia, sarà contentissima di essere qui, così non è costretta a stare con quei mangiamorte!»
    «E poi da come si sta vergognando lui deve essere per forza diversa!» osservò Ginny.
    Dopo alcuni secondi di silenzio il cappello parlante si mosse e…
    «TASSOROSSO!»
    E anche lei fu avvolta dalle feste dei nuovi compagni lasciando un po’ tutti sbalorditi. Intanto la professoressa continuò con l’elenco.
    Ginny e Harry guardarono i due fratelli ancora un po’ curiosi.
    Cordelia lanciava spesso sguardi al fratello, che la ignorava del tutto.
    Né un sorriso né uno sguardo aveva rivolto alla bambina, ma, nonostante tutto, lei non si abbatteva e continuava a sorridere e a cercare lo sguardo di approvazione lui, speranzosa.
    «Che bastardo!» disse Ginny con odio «Poverina! Mi viene il freddo solo a guardarlo. Non la calcola minimamente!»
    «E lei lo adora.» Harry si ricordò quello che gli aveva detto la bambina sul treno. “Il mio, è il migliore fratello del mondo! Mi ha fatto promettere di non dirlo a nessuno, ed io, mantengo le promesse!”.
    Povera illusa, si trovò suo malgrado a pensare Harry, era troppo ingenua per la famiglia che gli era capitata.
    «Meno male che ho te, Ron!» disse Ginny stringendosi al fratello.
    «Rower Ketty!» finalmente la professoressa stava chiamando l’ultima ragazzina.
    «GRIFONDORO!» e la loro tavola esultò.
    Ristabilito l’ordine, il preside si alzò per fare il suo discorso di inizio anno.
    «Benvenuti e bentornati! Spero che il viaggio sia stato piacevole!
    Come tutti sapete per il mondo magico sta iniziando un brutto periodo, un periodo di guerra e odio.
    Sangue e apparenze, allontanano, ci rendono soli… Amicizia e amore li combattono.
    Spetta a voi avvicinarvi, dovete restare uniti gli uni con gli altri, senza fare differenze di casa, di sangue o di status.
    Voi non siete il futuro, siete il presente; e con le vostre mani, giorno per giorno costruirete e deciderete il vostro futuro! Fate che sia un futuro di Pace!» il preside terminò con una strana forza incoraggiante nella voce. Seguì un momento di silenzio. Poi, tornando più scherzoso, disse:
    «Ora, penso sia giunto il momento di man…»
    un gran fragore fece tremare le alte vetrate della sala. Tutti si erano voltate verso le porte dall’altra parte che erano state spalancate.
    Tutti si voltarono di scatto sorpresi e spaventati.
    Una figura, alta e snella, avanzò impetuosa lungo la sala con tutti gli occhi puntati addosso. Una donna, che si muoveva con il passo di un felino, facendo ondeggiare magistralmente la gonna, verde smeraldo, che le arrivava al ginocchio.
    Puntava dritto davanti a sé, al tavolo dei professori. Silente la guardava affabile.
    «Professoressa.» disse il preside quando questa arrivò alla fine della sala.
    «Professore, scusi il ritardo, ma sono dovuta tornare a casa, perché non trovavo i libri di testo e allora ho cercato nel baule, un disastro, quindi ho messo sotto sopra… ma non importa, alla fine li ho trovati!» disse infine con una alzata di spalle e sorridendo graziosa.
    «Mi fa piacere, signorina Devis! Prego si accomodi.»
    La donna raccolse l’offerta e si sedette alla tavola dei professori, nel posto vuoto, accanto a Piton.
    «La signorina Diana Devis, sarà la nuova professoressa di difesa contro le arti oscure. Accogliamola con un caloroso applauso di benvenuto!»
    La scolaresca rimase attonita per alcuni istanti, poi si levò non solo un applauso ma un ululato che invase tutta la sala.
    «Ron, chiudi la bocca, stai sbavando!» disse Ginny guardando il fratello disgustata.
    «Cosa?» Ron si scosse dal momentaneo intontimento e rivolse uno sguardo truce alla rossa «Non sto sbavando.»
    «Si, come no!» rimbeccò lei. «Potresti fare come Harry, almeno lui non sbava!»
    «Come scusa, stavi dicendo?» Harry, sentendosi nominare, si guardò intorno stralunato.
    «Niente Harry, continua pure a guardarle le tette!» lo punzecchiò Ginny.
    «Non stavo guardando le tette a nessuno!» disse offeso e rosso per l’imbarazzo.
    «Certo!» fece lei scettica.
    «Harry!» Hermione intervenne notando che il ragazzo la stava predendo a male.
    «Si?»
    «Allora come sei rimasto con Gloria? Iniziate domani, vero?»
    «Oh! Ti prego, non me lo ricordare, voleva iniziare alle sette del mattino. Sono riuscito a convincerla per le otto e mezzo.»
    «Miseriaccia!» esclamò Ron incredulo.
    «Avrei preferito che mi preparassi tu!» continuò Harry seccato rivolto a Hermione.
    «Non credo proprio. Silente ha avuto una buona idea. Gloria avrà certamente la mano più ferma e decisa. Ed è proprio quello che ci vuole con un testone come te.»
    Harry non la ascoltò più, riprese a guardare il tavolo dei professori incuriosito. La nuova arrivata aveva poco di una professoressa, a partire dall’aspetto, notò Harry, osservando come la McGranitt si lamentava direttamente col preside guardando con disapprovazione la Devis.
    Aveva una chioma color mogano che le incorniciava il viso ben truccato, una camicetta attillata verde dai merletti argentati, sbottonata in modo provocante, e delle scarpe col tacco alto e molto fino. Inoltre parlava in modo molto confidenziale con Piton, ma lui la snobbava palesemente.
    Per difesa contro le arti oscure, si prospettava un anno veramente interessante!


     
    Top
    .
  8. Luisina
     
    .

    User deleted


    cavolo subito colpi di scena continua così mi è venuto un colpo quando ho letto
    "Malfoy Cordelia" comunque si vede che Malfoy si vergogna di sua sorella ma adesso torno a leggere il capitolo
     
    Top
    .
  9. Luisina
     
    .

    User deleted


    m'incuriosisce questa nuova prof bè staremo a vedere comunque bel capitolo ma per quell'impressione che Malfoy sia innamorato di lei non lo so ci ho pensato ma credo sia stato per il fatto che a quanto pare riesce a tenergli testa in qualche modo
     
    Top
    .
  10. ioida
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE
    credo sia stato per il fatto che a quanto pare riesce a tenergli testa in qualche modo

    aaaaaaaaaaaaaaa!!!
    la prof è un pò pazza, credo proprio che fonderà un laboratorio di teatro molto eccentrico!
    cordelia invece, hihi.... ho grandi progetti per lei!
     
    Top
    .
  11. Luisina
     
    .

    User deleted


    allora non vedo l'ora che posti !!! questa ff mi piace tanto
     
    Top
    .
  12. ioida
     
    .

    User deleted


    scusate il ritardo.
    ecco il nuovo capitolo
    lu sono contenta che ti piaccia!

    6°. Difesa…

    Due giorni di inferno!
    Era lunedì, il primo giorno di scuola ma era stanco come se avesse iniziato da mesi.
    Si sedette pesantemente sulla panca, al tavolo di grifodoro, per fare colazione, gettando a terra la borsa dei libri. Gli occhi ancora chiusi, quella notte era andato a dormire alle due e quando, poche ore dopo, era stato svegliato, si era alzato ancora più stanco di prima.
    «Noto con piacere che Gloria si è messa a lavoro seriamente!»
    Harry guardò male Hermione sedutagli di forte.
    «Buon giorno anche a te…» le rispose con una punta di acidità.
    «Amico, non hai un bell’aspetto!» gli disse Ron e gli riempì il piatto di uova strapazzate e salsicce, spinto dalla volontà di rianimarlo.
    Mangiò tutto senza fiatare per risparmiare le forze.
    Non solo era stanco, pensò, gli bruciavano anche tremendamente gli occhi per colpa dello forzo che aveva fatto per leggere per cinque ore di fila, e dei vapori della pozione, che aveva dovuto rifare per almeno sei volte di fila, per farla venire perfetta.
    Alla fine, quando, appunto, alle due di notte la pozione si presentò come doveva essere, Gloria si era alzata ancora ben sveglia e pimpante e gli aveva detto:«No, così non va!».
    Harry in quel momento non ebbe né la forza per mandarla a quel paese, né per alzarsi e andarsene, era rimasto a fissarla attonito, con la bocca spalancata, sembrando tanto un babbeo.
    Lei aveva proseguito tranquilla: «Il tuo problema è la testa, non presti attenzione, Harry! Fare una pozione è molto semplice, se ti applichi. D’ora in poi lavorerò su di te. È inutile aggiustare la strada se è la macchina che ha le ruote a terra!».
    Poi se ne usciva sempre con queste frasi da svitata, che lo lasciavano sbigottito.
    Lasciò andare questi pensieri, la prima ora era di Difesa, con la nuova professoressa. Si ritrovò senza accorgersene di fronte l’aula, molto probabilmente trascinato dagli amici.
    Si sedette sulla prima sedia che trovò, quella dell’ultimo banco, con tutt’altre intenzioni che seguire la lezione. Ron lo guardò con tanto d’occhi.
    «Harry, che fai? Andiamo, muoviti.» gli disse con tono grave dirigendosi verso i primi banchi seguito da Hermione.
    «Mi dispiace, ma io da qui mi rialzo solo fra tre o quattro ore!» rispose accasciandosi sul banco. Se lo era dimenticato, Ron, da quando aveva visto la Devis, quelle poche volte che si erano incontrati in quei due giorni, gli aveva ripetuto continuamente che, la prima lezione, voleva seguirsela in prima fila per, come diceva lui, “godersi il panorama migliore…”.
    Cosa che non mancò ad arrivare all’orecchio vigile di Hermione che lo rimproverò, e che lui, con una straordinaria abilità, riuscì a zittire ricordandole un certo professor Allock.
    A mano a mano l’aula si riempì. Sentì qualcuno sedersi accanto a lui, ma non alzò neanche gli occhi per verificare chi era. Rimase coricato sul banco.
    «’Giorno Harry, dormito bene?»
    Harry scattò su. La professoressa lo guardava con un dolcissimo sorriso, seduta nel posto accanto al suo.
    «Ehm… io…» si sentì avvampare, che bella figura aveva fatto, pensò. Il resto della classe rideva sommessamente. «Mi scusi, non volevo, io… mi scusi.» farfugliò sprofondando nella sedia.
    «Non importa.» disse sempre con un sorriso incoraggiante, mettendogli una mano sulla spalla. «È capitato anche a me, parecchie volte! Però adesso ci diamo una bella svegliata!» si alzò con grazia e fece un cenno ad una persona dietro di lui e si avviò alla cattedra, facendo svolazzare la gonna e incollandosi addosso tutti gli occhi della parte maschile della classe.
    Un’altra persona gli si sedette accanto.
    «Ciao! Allora, dormito bene?» lo sfotté Gloria ghignando.
    «Ah Ah! Divertente, veramente divertente!» disse lui sarcastico strofinandosi gli occhi con le mani per darsi una svegliata. «Piuttosto tu? Come mai così, non ne hai sonno?»
    Gloria scosse la testa.
    La professoressa si sedette sulla cattedra, accavallando le gambe con eleganza e scrutò la classe da un capo all’atro con gli occhi furbi da cerbiatta. Tutti gli studenti (maschi) osservarono rapiti la scena.
    «Allora, oggi ci conosceremo! Certo, avremo un anno per farlo più approfonditamente, ma ci vuole un primo approccio. Inizierò io presentandomi e poi ad uno ad uno, tutti.»
    da quel poco che aveva sentito tra un sonnellino e l’altro, la professoressa faceva parte di un’organizzazione internazionale che si prefiggeva di mantenere la pace tra le nazioni magiche.
    «Una specie di ONU della magia…» aveva sussurrato Gloria. Harry si sorprese, era incredibile come riuscisse a mantenere un contatto con il mondo babbano, nonostante fosse così lontano da Hogwarts.
    Poi aveva detto che, quando Silente le aveva proposto quel posto, ne era stata felicissima, perché amava Hogwarts, che era stato il periodo più bello e che era appartenuta alla casa di serpeverde.
    Il primo a cui tocco presentarsi fu Goyle, che si alzò goffo e si presentò, con non poche difficoltà davanti a tutta la classe.
    Harry a quel punto si addormentò definitivamente.
    Era quasi nel meglio del sonno quando si sentì scuotere. Lo ignorò. Dei sussurri e poi dei calcetti sugli stinchi. Mugugnò qualcosa di ignoto pure a lui stesso e spintonò via Gloria con il braccio che aveva liberato da sotto la testa. Magnifico, si ritrovò a pensare, adesso aveva perso la posizione ideale che si era trovato con tanta fatica!
    «Harry!»
    No! Di nuovo!
    Quella non era la voce di Gloria ma…
    Alzò la testa dal banco e guardò timoroso la professoressa che torreggiava davanti a lui.
    «Si professoressa?» Come poteva scamparsela ora?
    «Credi di conoscere così bene i tuoi compagni di scuola da poterti prendere il lusso di non ascoltarli?»
    «No professoressa. Ma non posso certamente conoscere tutti gli studenti di questa scuola!»
    «Quindi, secondo te, non vale neanche la pena fare lo sforzo di prestare loro un attimo di attenzione?»
    Lo guardava severa dall’alto con le braccia incrociate al petto. Harry si sentì mortificare, guadò il resto della classe con quel poco di coraggio che gli rimaneva. Pansy se la rideva soddisfatta e guadava maligna Gloria, bisbigliando qualcosa di apparentemente molto cattivo alla compagna.
    Un nuovo sentimento lo vinse. Con tutti i pensieri che aveva per la testa, si doveva mettere pure a fare l’amicone con tutti!
    La professoressa lo guardò ancora per qualche attimo, poi disse:
    «Dimmi Harry, sai quale è il sogno di Dean Thomas?»
    Tacque. Che cavolo ne poteva sapere lui!
    «O se Ernie Macmillan ha fratelli?»
    Ancora silenzio.
    «A quanto pare no!» disse asciutta la Devis. Si avviò verso la cattedra e si sedette come fece prima.
    «Ci parli di lei, signor Potter. Dica, come mai così assonnato?»
    Era passata alla terza persona e questo, intuì Harry, non era un bel segno. Pareva parecchio offesa!
    Si guardò intorno un po’ spaesato, ma ripetendosi continuamente che non era nel torto. Cercò Ron e Hermione in fondo all’aula, ma l’uno lo guardava incredulo, l’altra con un’espressione del tipo “io ti avrei messo in punizione, per un mese, a scrostare caccabombe con Gazza!”. Guardò Gloria accanto a lui che aveva un’aria innocente.
    «Che fai quella faccia, è tutta colpa tua!» di ringhiò rabbioso in tono sommesso, per non farsi sentire dal resto della classe.
    «Non è vero!»
    «Allora? Si vuole alzare?» lo richiamò la professoressa.
    Si fece forza, convinto della sua ragione, e si alzò.
    Non si era mai sentito le gambe così molli e pericolanti. La sua sicurezza era alquanto vacillante, ma la presunzione, ahimè, è l’ultima a morire!
    «Sono stanco, perché ieri ho dovuto studiare fino a tardi.»
    Le ragazze di serpeverde risero perfide.
    «Studiare? Che cosa, se le lezioni non erano ancora iniziate?»
    La guardò torvo, “quella” si stava rivelando più puntigliosa di Piton. Che intenzioni aveva? Respirò profondamente per mantenere il controllo. Decise di dire la verità.
    «Pozioni.»
    Tutti i serpeverde scoppiarono a ridere fragorosamente, tranne Gloria che pareva disinteressata al tutto.
    La professoressa lo fisso in silenzio per qualche attimo.
    «Va bene.» disse infine «Parlaci un po’ di te.»
    Harry rimase un attimo interdetto.
    «E cosa dovrei dire?»
    La Devis sospirò.
    «Il tuo nome è venuto prima di te, non sei bravo a presentarti…
    Dicci cosa fai, cosa facevi prima di arrivare ad Hogwarts, cosa ti piace… In poche parole chi sei!» disse in tono più confidenziale.
    «Io…» cosa faceva prima di Hogwarts? Scappava dalla gang di suo cugino, dormiva in un sottoscala e nessuno lo calcolava. Improvvisamente lo vinse una grande tristezza. Che bella vita faceva!
    «Tu?» lo incalzò la donna.
    Harry la guardò, ma in verità non vedeva niente, non sentiva niente. Era come sospeso. Non sapeva chi era. Era un ragazzo e… e cosa?
    Voldemort. La profezia. Lui era Harry Potter.
    Solo. Era circondato da tante anime, ma non le avvertiva minimamente. Il cervello spento e di fronte a lui il vuoto. Il silenzio penetrante e schiacciante.
    Un forte moto, improvviso quanto brutale, nacque nelle sue viscere. Una rabbia bruciante che non lo rianimò da quello stallo, ma che gli impose una reazione.
    Doveva andare via, non sopportava più quel posto, la presenza di quelle persone, di tante persone. Ne era infastidito altamente.
    «Sono Harry Potter, solo Harry Potter!»
    Afferrò le sue robe con impeto e se ne andò sbattendo la porta.
    Era furioso. Con tutto, con il mondo! Che cosa c’entro io? Chi sono io? Che cosa sono tutte queste cose intorno a me? Che vogliono?
    Si sarebbe buttato volontariamente dalla finestra più vicina, ma l’impeto si stava a mano a mano assopendo e l’istinto di sopravvivenza prevalse.
    Si passò un mano tra i capelli, scompigliandoli ancora di più.
    Era meglio passare quell’ora che gli rimaneva in sala comune e, per di più, gli era passato anche il sonno per l’agitazione che ancora gli contorceva lo stomaco.


    Era meglio chiedere scusa alla professoressa. Non si era comportato un granché, solo ora se ne rendeva conto.
    L’ora di difesa sarebbe finita a momenti e mancava poco all’aula. Si accostò alla porta ed attese la fine della lezione e, dopo poco, la campana suonò ed il corridoio si popolò.
    Entrò scansando le persone che uscivano. Incrociò Hermione, che lo guardò storto, e Ron che gli diede una pacca sulla spalla dicendogli:
    «Ti aspettiamo fuori!»
    Si trovava nell’aula quasi vuota. La professoressa alzò gli occhi da dei fogli e la vide sobbalzare.

    La campanella era suonata, quelle due ore erano volate.
    «Potete andare ragazzi! Per la prossima volta fate una ricerca a piacere, sull’argomento di difesa che più vi incuriosisce e poi ne parliamo in classe.»
    Li congedò e si sedette dietro la scrivania per leggere ancora una volta i nomi della classe che sarebbe arrivata a momenti.
    Il pensiero le tornò ad Harry. Le dispiaceva averlo trattato in quel modo, aveva pensato a lui per tutta la lezione. Quel povero ragazzo, che colpe aveva?
    Alla fine della giornata sarebbe andata a cercarlo per parlargli e magari rendersi disponibile.
    Alzò gli occhi stanca dal foglio. Tutti quei nomi, era impossibile impararli senza sapere a chi appartenessero.
    Quasi le venne un colpo quando guardò in fondo all’aula.
    «Professoressa…»
    Potter si avvicinava incerto verso di lei.
    Per un attimo aveva creduto che fosse James, di essere tornata indietro ai tempi della scuola.
    «Harry, santo cielo! Mi è preso un colpo! Vieni, accomodati. Proprio a te stavo pensando, volevo parlarti.»
    Lui sembrò animarsi si coraggio e si fermò in piedi di fronte alla cattedra.
    «Io volevo chiederle scusa professoressa, non mi sono comportato…»
    «Oh no, Harry! Non è stata colpa tua, mi sono comportata in maniera a dir poco orrenda, e mi di spiace. Potrai mai perdonarmi?» chiese speranzosa.
    Harry rimase un attimo interdetto. Provò a replicare, ma lo interruppe nuovamente.
    «Sai che facciamo? Mi metto a tua disposizione. Se avrai bisogno di aiuto, sarò sempre disponibile.» gli sorrise.
    Nonostante somigliasse a James nell’aspetto, quel ragazzo gli faceva tenerezza, aveva un modo di fare molto… diverso dal padre.
    «La ringrazio professoressa.» rispose imbarazzato.
    «Un'unica cosa però…» disse guardandolo bonariamente.
    «La prossima volta non devo dormire durante la lezione?» chiese lui accennando un sorriso.
    «No, non questo!» fece scostando la mano davanti al viso come se Harry avesse detto una sciocchezza.
    «Lo avevo detto mentre dormivi. Non chiamarmi più “professoressa”, mi fa sentire vecchia. Per me la professoressa è la Mcgranitt. Le assomiglio per caso?» chiese seria.
    «No, per niente.»
    «Appunto! Chiamami Diana.»
    «Come vuole lei.»
    «E dammi del tu.»
    «Ehm… va bene…» disse infine guardandola come se fosse una strampalata.
    «I-io adesso vado. Ehm… mi scusi ancora e… grazie!» disse un po’ balbettando e indietreggiando.
    «Certo, grazie a te Harry. Ciao!»

    Uscì dall’aula. Quella professoressa era proprio particolare.
    «Allora che cosa ti ha detto?» chiese Hermione ancora contrariata per l’atteggiamento che aveva avuto Harry.
    «Niente di che. Mi ha chiesto scusa…»
    Hermione rimase scioccata.
    «Te l’avevo detto. Diana è grandiosa.»
    La ragazza guardò male anche lui. A quanto pareva non era d’accordo con il modo di fare della nuova insegnate.
    «Adesso abbiamo incantesimi?» chiese Harry mentre attraversavano i corridoi pieni.
    «Si.» rispose Ron controllando l’orario.
    Salirono al piano superiore.
    Nel corridoio, i ragazzi del settimo anno stavano in attesa che la professoressa aprisse la porta dell’aula.
    Si sentirono le urla indistinte della Mcgranitt.
    «A quanto pare l’anno fatta arrabbiare. Speriamo che Ginny non abbia combinato niente!» disse Hermione guardando impaurita la porta.
    «Accidenti, ora tocca a noi. Io non entro!» esclamò Ron intimorito passandosi il dito sulla collottola della camicia per allargarsela.
    «E Ginny che c’entra?» chiese Harry.
    «Le prime due ore aveva incantesimi.»
    Le urla proseguirono. Si appoggiò al muro e si guardò intorno.
    Erano tutti in attesa, chi in silenzio, chi parlava e chi confabulava.
    Già aveva notato come Pansy, quella mattina, fosse più vivace del solito, ma non se ne diede pensiero.
    Ora stava parlando direttamente col “capo”, Malfoy, che sembrava alquanto interessato dalla discussine della ragazza e guardava fisso in una direzione, in fondo al corridoio, come se ci fosse qualcosa.
    Harry seguì il suo sguardo, e si accorse che, effettivamente, c’era qualcosa, o meglio, qualcuno.
    Non la aveva notata neanche laggiù, da sola in un angolino.
    Gloria era appoggiata al muro a guardare le volte del soffitto indifferente a tutto.
    Si voltò nuovamente verso Malfoy e si accorse che lo stava fissando intensamente. Iniziò a dargli fastidio quella situazione, preferì non badarci.
    Un altro urlo uscì dall’aula.
    «Accidenti sembra proprio infuriata!» disse Ron sempre più scoraggiato.

    Malfoy si mosse sicuro verso la fine del corridoio, con al seguito Pansy e Daphne.
    Non che gli interessasse più di tanto cosa combinava quella mezzosangue, ma era meglio chiarire. Quello che gli aveva riferito Pansy era abbastanza pesante.
    Certamente non si aspettava certe cose da quel topo di biblioteca , per questo la aveva lasciata sempre in pace, non dava nessun fastidio ed era un ottimo passatempo quando non c’era niente da fare, a volte si dimenticava pure della sua esistenza.
    Ma, le accuse mosse, erano alquanto pesanti. Se doveva proprio stare tra i serpeverde, doveva sapersi comportare.
    E quella storia non gli quadrava, quella confidenza con Potter e tutto il resto… Quella tassorosso mancata! Si trovò a pensare con disprezzo.
    «Weston, dovrei parlarti un momento!» le disse quando fu abbastanza vicino.
    «Dimmi.» gli rispose cordiale.
    Quanto gli dava fastidio farsi vedere mentre parlava con quella.
    «È vero quello che dice Pansy?» e indicò la ragazza dietro di lui che la osservava con odio e disgusto.
    «Non lo so. Che cosa dice Pansy?» si strinse nelle spalle restando comunque poco interessata alla faccenda.
    Quel suo modo di snobbarli gli dava letteralmente sui nervi. Si trattenne e continuò col suo tipico tono trascinato, ovvio stampo Malfoy.
    «Mi ha riferito che, ieri notte, sei rientrata verso le tre.»
    «E con questo? Da quando ti interessa a che ora torno?»
    «E la notte precedente hai fatto altrettanto. Pansy mi ha fatto notare alcune cose, cose che non vanno affatto bene se vuoi rimanere tra i serpeverde.»
    Gloria lo squadrò da capo a piedi.
    «E chi lo decide, tu? Se è così non mi interessa!» si staccò dal muro e fece per andarsene, ma Malfoy la aveva afferrata per il braccio e sbattuta con violenza al muro, facendosi più vicino e minaccioso, mentre anche le atre due si stringevano attorno ancora di più.
    «Quando parlo non ti devi permettere di andartene!» gli sibilò in faccia con tutto il veleno che aveva in corpo.
    «Ma non avete nient’altro da fare che venire a rompere le scatole a me?» disse per niente intimorita.
    «Sei stata tu a cercartele! Ti hanno vista con Potter in biblioteca in questi due giorni e, a quanto riferitomi eravate alquanto affiatati!»
    «Che sei, geloso?»

    Aveva notato che Malfoy, la Parkinson e la Greengrass si erano avvicinati a Gloria, come del resto lo notarono Ron ed Hermione; ma non potevano il resto degli alunni non notare il gran rumore che si sentì quando Gloria fu sbattuta al muro, nonostante il chiacchierio e le urla della professoressa che continuavano imperterrite.
    «Harry!»
    Harry era partito in quarta con a seguito Hermione che cercava di tenergli il passo.
    Era mai possibile che si lasciasse trattare così da quegl’idioti? Lo sapeva che era capacissima di tenere testa a tutti e tre, ma perché non lo faceva? La cosa gli dava sui nervi più del fatto che la maltrattassero.

    «Smettila! Hai tutta questa confidenza con Potter, studi con lui, torni a notte fonda e la mattina dopo, lui stesso dice di essere stanco perché ha dovuto “studiare”. Dimmi Weston, di che studio si tratta?»
    «Non sono cose che ti riguardano!»
    Draco a quel punto perse la pazienza e allungò la mano per afferrarle il viso, ma Gloria lo fermò a metà strada trattenendogli il polso. Lui lo strattonò via dalla sua presa.
    «Mi riguardano e come! Riguarda tutti i serpeverde, sei l’onta della casa. Dicci la verità, te la spassi con Potter!»
    Harry travolse la Parkinson e l’altra, scansò Malfoy e prese Gloria per il polso e la tirò fuori dalla mischia facendole quasi perdere l’equilibrio.
    «Visto Draco? Ne abbiamo la conferma! Potty e venuto a salvarla!» esclamò ad alta voce Pansy ghignando maligna.
    Harry lasciò Gloria guardandola male. Gliele avrebbe dette di tutte i colori, al diavolo Malfoy e la Parkinson.
    «Questa sgualdrinella se la fa con Potter!»
    Le parole di Pansy gli arrivarono come uno schiaffo in pieno volto. La guardò stranito. E lo stesso fecero il resto delle persone presenti. Il silenzio calò nel corridoio, anche la Mcgranitt sembrò acquietarsi per lo shock.
    «Che?» fece Harry ancora stranito.
    «Tutta invidia Pansy!» Gloria la guardò strafottente e si voltò per allontanarsi.
    «Si può sapere che cosa succede?» chiese Harry che, di questa faccenda, stava iniziando seriamente a scocciarsi.
    «Niente, non sono affari che ti riguardano! Voglio semplicemente essere lasciata in pace!» gli aveva risposto pacata lei senza fermarsi, dirigendosi verso la porta dell’aula che era appena stata aperta e a cui nessuno fece caso.
    Harry si arrabbiò ancora di più, era scema o cosa, con quelli si faceva mettere sotto, e quando era lui usciva gli artigli.
    Pansy lo superò, diretta verso Gloria, più agguerrita che mai.
    «Con chi credi di avere a che fare, mezzosangue?»
    Gloria oramai davanti la porta dell’aula si voltò guardandola con superbia, mentre i ragazzi del quinto anno uscivano e si fermavano ad osservare la scena. La Parkinson rallentò il passo che restò comunque deciso, diminuendo le distanze tra se e la sua avversaria.
    «Una volta fuori di qua sarà la tua fine, te lo assicuro. Sarai il mio primo pensiero…» la aveva raggiunta e le stava di fronte, guardandola con puro odio, mentre il viso di Gloria si faceva sempre più serio.
    «Sei la vergogna di serpeverde! Non meriti di indossare la nostra divisa!»
    Allungò la mano fulminea e le strappò lo stemma che aveva cucito sulla camicia.
    «Signorina Parkinson, la smetta immediatamente! Tutti in classe!» la professoressa Mcgranitt era uscita proprio in quel mentre, ma nessuno la ascoltò.
    Il tempo parve fermarsi, immerso nella tensione di quell’attimo, in attesa di una reazione che, non parve arrivare.
    Gloria rimase immobile, in piedi nel corridoio, come di ghiaccio per un tempo che sembrò indeterminato, con gli occhi fissi e inespressivi.
    Ma i cambiamenti del suo viso erano così impercettibili, che parve improvviso il cambiamento.
    I tratti garbati divennero rozzi, deformati da un’ira che sembrava essere divampata dagli occhi e, poté giurare Harry, per un attimo parvero lampeggiare di rosso.
    La Mcgranitt, che stava di spalle alla ragazza, non capì perché nessuno si era mosso e le aveva prestato ascolto.
    «Che fate? Ho detto in classe!»
    «Zitta!» Gloria aveva alzato il braccio mettendola a tacere. Le sue attenzioni erano tutte sulla Parkinson, che si pentì improvvisamente di averla stuzzicata un po’ troppo.
    A Harry vennero i brividi lungo la schiena. Gloria era raccapricciante, sembrava che fosse animata da qualche demone, lo stesso demone che aveva visto negli occhi di Tom Riddle nella camera dei segreti anni prima. Ebbe come l’impressione che più cresceva la sua ira e più una strana aura le si espandeva intorno, pronta ad esplodere. Ne era certo.
    La avrebbe uccisa!
    La Parkinson indietreggiò terrorizzata.
    Quando parlò non sembrò neanche vero.
    «Questa me la paghi Parkinson, cara, molto cara!» sibilò con uno strano controllo della voce che, era ripulita dalla rabbia, ma filtrata di odio e di male, che terrorizzava maggiormente. Guadò Malfoy che era poco distante da Harry, che in quel momento si sentì morire, e continuo allo stesso modo.
    «Io ripulirò la casa di Serpeverde dalla feccia come voi. Iniziate a tremate.
    La vostra fine coinciderà con il mio inizio, e vi rivelerete per quello che siete.»
    Momenti di silenzio, forse ore seguirono. Pansy era rimasta immobile.
    La professoressa stessa restò a guardare atterrita Gloria reggendosi allo stipite della porta, ma fu proprio lei la prima a rompere il silenzio.
    «Basta!» sembrava in preda dal panico, non trovando cosa dire, fissava Gloria come se fosse un mostro. «Via! Dal preside! Dal preside immediatamente!»
    Gloria si mosse lentamente, scrutando intensamente i tre che la avevano sfidata. In fine di voltò e se ne andò, sorpassando la Mcgranitt e i ragazzi del quinto anno, che si scostarono al suo passaggio.
    «Non si preoccupi, non ho intenzione di uccidere nessuno!» disse quando passo accanto alla professoressa pallida come un cencio.
    Gloria era scomparsa oramai dietro l’angolo da un bel po’.
    «Bene ragazzi, entrate in aula. Parkinson lei è in punizione e 50 punti in meno per serpeverde! Voi altri andate, avete lezione!» nessuno osò protestare.
    Harry stava per entrare finalmente in aula quando, tra i ragazzi del quinto distinse una capigliatura rossa. Le si avvicinò.
    «Ginny, che hai?»
    La ragazza era appoggiata al muro, sembrava sconvolta e si premeva una mano sulla bocca con gli occhi sbarrati. Scosse la testa e lo abbracciò forte. Ricambiò stringendola a sua volta.
    «Non è niente Ginny!» disse accarezzandole amorevolmente i capelli.
    «Che c’è Ginny?» Ron si era avvicinato preoccupato, e Harry per impulso cercò di scostarla via..
    Ginny scosse nuovamente la testa, riemerse dal petto di Harry e fece un sorriso assai tirato e foco convincente.
    «Tutto bene, non vi preoccupate!»
    «Sicura?» chiese Hermione guardinga.
    «Si, sicura. Ora è meglio che vada, ho pozioni.» e così dicendo corse via raggiungendo i suoi compagni.
    «Entriamo?» chiese Ron guardandola sparire dietro l’angolo
    «Si, è meglio…»


     
    Top
    .
  13. Luisina
     
    .

    User deleted


    che capitolo avvincente , forte la prof comunque io sostengo sempre la mia tesi sul presunto interessamento di Malfoy per Gloria
     
    Top
    .
  14. ioida
     
    .

    User deleted


    lo so, questo capitolo lo fa pensare...
    cmq
    posto in anticipo il 7°
    speriamo bene...

    7°. Sailor Moon

    La osservava impassibile con le braccia incrociate al petto, consapevole del fatto che quei quattro libri che gli aveva messo davanti non li avrebbe mai letti.
    Lei si muoveva agile tra gli scaffali della grande biblioteca di Hogwarts, cercando chi sa quale altro libro ancora. Convinta lei, d'altronde…
    I grandi occhi scuri scrutavano incessantemente i titoli dei libri, passandosi il dito indice lungo tutto il profilo delicato del naso e della bocca, pensierosa.
    Erano le quattro passate del pomeriggio. Inizialmente non sapeva se andarci dopo quello che era successo quella mattina nel corridoio, ma si era presentato lo stesso nel luogo di studio che si erano prestabiliti.
    Lo aveva semplicemente salutato e si era messa a spulciare tra gli scaffali.
    Harry capì che quei libri erano per lui quando, aggiunto il terzo, glieli spinse proprio sotto il naso. Non aveva alcuna intenzione di studiare pozioni fino a tardi, aveva un sacco di compiti da fare, e non voleva neanche discuterne.
    Fattesi le sei si sarebbe alzato e se ne sarebbe andato.
    Si accorse che, pochi tavoli più in là, delle ragazzine del quinto anno di corvonero, li fissavano alla ricerca di chissà quale conferma.
    La voce si era diffusa in niente! Pensò Harry.
    Quante assurdità, ma oramai ci era abituato e, per fortuna, Gloria sembrava imperturbabile alle chiacchiere di corridoio.
    Prese un grosso libro e si sedette al tavolo, poggiandolo delicatamente. Aprì la borsa e estrasse un vecchio quaderno dalla copertina sbiadita di Sailor Moon.
    «Sai cucinare?»
    «Come scusa? Mi hai chiesto se so cucinare?»
    «Si.» disse lei, guadandolo come se fosse stato lui a chiedere una cosa fuori da ogni logica.
    «Si, ma questo che c’entra?»
    «C’entra! A che livello? Sai far bollire l’acqua per preparare il tè, fare le uova strapazzate o preparare un buon pranzo… dimmi!»
    Questa volta Harry non seppe cosa pensare, boccheggiò un attimo, non c’era altra soluzione:
    «Mi stai prendendo in giro?» chiese incredulo.
    «Mi rispondi?» gli disse spazientita iniziando a sfogliare il libro
    «So cucinare, colazione, pranzo, cena… sopravvivo insomma. Perché?»
    «Voglio sapere se sai cucinare perché, quando ci sposeremo, non ho intenzione di farlo io!» disse seria.
    Harry la guardò incredulo. Lei, ancora intenta a leggere le varie pagine che le sembravano le più interessanti, si accorse del malinteso.
    «Scherzavo! Comunque tieni, questo sarà il tuo quaderno di cucina.» e gli porse il vecchio quaderno.
    Harry la scrutò non capendo ancora dove voleva andare a parare.
    «Visto che la parola “pozioni” non ti piace…»
    «Ma è stupido!» disse afferrando il quaderno. «E poi è per femmine!»
    «Me lo hanno regalato quando ero alle elementari, e la stessa cosa me l’hanno detta i miei compagni di classe! Avevano sette anni Harry…»
    «E che ci dovrei scrivere?»
    «I vari ingredienti, le loro funzioni, i loro opposti per annullarli…»
    «Da che mondo e mondo, ho sempre sentito che gli opposti si attraggono!» disse Harry scettico che stava prendendo la cosa sottogamba, svogliato e stanco per com’era.
    «Non sto parlando di cariche positive e negative, ma di elementi. Gli opposti si annullano, è fisica, non puoi restare al “sentito dire”!»
    «Adesso ti intendi pure di fisica!» continuò lui ricevendo un’occhiataccia.
    «No, non l’ho mai studiata, ho visto i documentari!»
    Harry sbuffò.
    «Allora che dobbiamo fare oggi?» chiese infine.
    «Quindi, fino alle sei e mezza pozioni.
    Dalle sei e mezza alle sette e mezza i compiti, se vuoi cenare fai pure….
    Poi, continuiamo con pozioni, sempre se non preferisci iniziare difesa? Ma sinceramente, questa è meglio iniziala nel fine settimana, sabato e domenica mattina.»
    Harry era scatto in piedi e aveva cominciato ad urlare.
    «Cosa? Ma tu sei pazza! Ho un sacco di compiti da fare e tu parli di pozioni e… sabato e domenica mattina? E ora una tirata, fino a che ora? Di nuova alle due? Sei fuori!»
    «Zitto, abbassa la voce! Ci vuoi far buttare fuori dalla Pince?»
    Neanche finito di dirlo la bibliotecaria spunto da dietro uno scaffale infuriata.
    «Fuori dalla mia biblioteca!»

    La porta di pesante legno scuro della biblioteca si era chiusa con un tonfo assordante a pochi centimetri dai loro nasi.
    «Complimenti Harry!»
    Lui per tutta risposta sbuffò e si incamminò lungo il corridoio e Gloria lo seguì. Entrarono in un’aula vuota e si sistemarono per studiare.
    «Facciamo così: ci togliamo subito subito i compiti e poi ci dedichiamo a pozioni, ok?»
    «Va bene. Ma io ho un sacco di compiti, finire proprio subito mi sembra difficile.» disse rassegnato.
    «Non ti preoccupare. In due il lavoro si dimezza. Tu occupati di incantesimi e io di trasfigurazione, poi ce li scambiamo.»
    Iniziarono immediatamente, e dopo una buona mezzora Harry aveva già finito la ricerca sull’incantesimo oppugno.
    «E adesso?» chiese notando che anche lei aveva terminato.
    «Adesso me lo leggi e io ti leggo il mio, così li correggiamo a vicenda e scriviamo la ricerca senza copiarla. Poi passiamo a difesa contro le arti oscure e erbologia mentre io faccio antiche rune.»
    Dopo un’ora e mezza avevano finito tutti i compiti. Harry si sentì rincuorato, quasi non ci credeva! Si era liberato di quell’enorme carico di compiti in poco meno di due ore!
    «Accidenti come si è fatto tardi!» disse Gloria guardando fuori dalla finestra il parco immenso.
    «Andiamo a cenare e poi pozioni, che ne dici?»
    «Ma a quest’ora non ci sarà nessuno! Saranno si e no le sei e mezza.»
    «Meglio così!»

    Entrarono nella sala Grande e, effettivamente, solo pochi alunni avevano iniziato a sedersi, e nessuno di loro mangiava, ma aspettavano i compagni di casa.
    Harry si diresse verso il tavolo di grifondoro e si accorse che Gloria lo stava seguendo.
    «Che fai?»
    «Mangio con te, è stupido dividerci per un tavolo!» e così dicendo si sedette al centro della tavolata oro e rossa. Harry la imitò.
    «In effetti… però non li puoi biasimare se si sentono un po’ traditi, non ti pare?»
    «Non mi interessa, sono superiore a queste cose!»
    «Sei un po’ superba!»
    «Lo so, è normale diventarlo per non soffrire la solitudine.» disse placida servendosi.
    Harry la guadò, non sapeva se si vedesse che provava compassione, in fondo lui era stato fortunato a finire tra i grifondoro, ed ad avere dei veri amici come Ron ed Hermione accanto.
    «Ti mancano i tuoi amici all’orfanotrofio?»
    «Non mi parlare di quegli idioti ti prego! Non li reggo.»
    Harry rise servendosi a sua volta.
    «E come mai?»
    «I bambini, sono gli esseri più pestiferi della terra, sarà perché sono disinibiti e spontanei, ma quando si mettono sono perfidi.» disse alterandosi.
    «Che esagerata!»
    «Esagerata il corno! Prima lezione di difesa generale, mai sottovalutare l’altro! Conoscilo, ritienilo pure stupido, ma tieni sempre conto delle sue potenzialità!» disse con tono molto saggio.
    «Dai, che ti avranno mai potuto fare?»
    «Quanto basta per farmi arrabbiare…» insinuò iniziando a mangiare.
    A Harry tornò in mente la scena di quella mattina, e si trovò suo malgrado a pensare: “poveri bambini!”.
    «Una volta, la bambina più perfida e odiosa che io abbia mai conosciuto, mi aveva bruciato il libro di Jiules Verne che ero riuscita a comprarmi mettendomi da parte i risparmi con tanta farica.»
    «E tu che le hai fatto?» chiese preoccupato ascoltando con interesse.
    «Io niente, ma le andò misteriosamente a fuoco ciò che ave di più caro e di cui andava tanto fiera, i suoi amati capelli biondi!» una luce sadica le si accese negli occhi e un ghigno le increspò le labbra.
    «Da allora ha iniziato a chiamarmi strega, e di fatto, non si sbagliava….»
    Pure a lui era successo spesso una cosa simile con Dudley. Si accorse che anche lui stava ghignando all’idea di quel fuoco “misterioso”.
    «Capitava anche a me di perdere il controllo. Una volta ho fatto finire mio cugino dentro la gabbia di un serpente… e una volta gli ho fatto sparire i compiti appena finiti. Quella volta però non usai la magia, e…. mi misero in punizione per due mesi.
    Potevo uscire dal sottoscala solo per mangiare, andare in bagno e a scuola…» gli venne una profonda malinconia ripensando a quel posto che era stata la sua stanza per undici anni.
    «Sottoscala?»
    Harry annuì. «Diciamo che era la mia camera…» disse senza riuscire a nascondere la tristezza.
    «Almeno non dovevi dividertelo con nessuno!» disse sorridendo.
    Harry sorrise, in effetti immaginò che era un po’ il sogno di tutti quelli cresciuti in orfanotrofio avere qualcosa tutta per se, e anche un po’ il suo forse, a partire da dei genitori.
    Quando uscirono dalla sala Grande questa iniziò a popolarsi ed ad amimansi.
    «La prossima volta, alla stessa ora, da me!» disse Gloria dirigendosi verso l’aula di prima per continuare a studiare.
    «Ok!»


     
    Top
    .
  15. Luisina
     
    .

    User deleted


    ahahah troppo forte il quaderno di sailor moon comunque posta presto
     
    Top
    .
100 replies since 21/7/2008, 16:41   1205 views
  Share  
.